Editoriale

Reinventare la speranza (malgrado la crisi), si può se...

I numeri sono disperanti, ma ritrovando valori condivisi, identità comuni, valorizzando le eccellenze e tornando a fare sistema potremmo farcela

Mario  Bozzi Sentieri

di Mario  Bozzi Sentieri

ompito per le (brevi) vacanze estive 2013:  quando ricominceremo ad investire in speranza ?

Il tema è tutt’altro che facile, anche perché i cosiddetti “fondamentali” continuano a  dare segnali negativi. L’ultimo  bollettino della Bce dà cauti segni di …stabilizzazione,  con un  piccolo dettaglio:  a stabilizzarsi è lo spread, mentre l’economia reale langue  ed i tassi di disoccupazione si impennano.

Lo stesso  Presidente del Consiglio, Enrico Letta, pur dispensando ottimismo sull’immancabile,  prossima ripresa,  non ha potuto fare a meno  di sottolineare le difficoltà che ci sono  e che continueranno ad esserci (“questa ripresa – ha detto – rischia di essere una ripresa di crescita senza lavoro”),  paventando, per l’autunno,   tensioni di piazza.

Basta, del resto,  leggere quanto scrive l’ultimo rapporto Svimez, presentato a fine luglio, per avere un quadro disarmante sull’impatto della crisi economica, in particolare  al Sud.

Tra il 2001 e il 2011 oltre 1,3 milioni di persone, di cui 172 mila laureati, ha lasciato le Regioni del Mezzogiorno diretto al Centro-Nord. 180mila persone, di cui 20mila laureati, sono emigrate all'estero. Dal 2012 al 2065 e' previsto un calo di 4,2 milioni di persone nel Sud, a fronte di un aumento di 4,5 nel Centro Nord. La popolazione del Mezzogiorno sul totale crollerà dal 34% di oggi al 27,3%. Di questi, il 53% di quelli che 'spariranno', oltre 2 milioni, avrà  meno di 44 anni, ''decimando '' le Regioni del Sud ''della componente più  vitale, prolifica e produttiva ''.

L’andamento è di un azzeramento delle politiche industriali. Crollano consumi , investimenti e  risale la disoccupazione ufficiale.

Fin qui la fotografia, oggettivamente fosca anche  per chi voglia intravvedere un barlume di speranza.

Che fare, allora? Facciamo, per questo,  gli struzzi e nascondiamo la testa nella sabbia balneare? Non è proprio possibile dire  qualcosa di più e di meglio rispetto alla prospettiva di qualche taglio di bilancio, della sfibrante querelle sull’IMU, dell’ineluttabilità di un governo che se non ci fosse - parole della sempre presente  Cgia di Mestre – costerebbe agli italiani circa 7 miliardi di nuove tasse ?

Siamo consapevoli che certe “aspettative” non si creano dall’oggi al domani. Insieme alle casse e alle tasche vuote,  la crisi ha  ridotto ogni aspettativa a sterile polemica. Manca l’idea del “fare sistema”. Ed è  questa – in fondo – l’essenza della crisi, che è crisi anche culturale, in questa difficoltà a riconoscerci in comuni riferimenti spirituali, di identità, di appartenenza.

Insieme, magari prima, rispetto alle attese riforme “strutturali” vogliamo cominciare a lavorarci ? Vogliamo iniziare, sotto la dura scorza dei parametri e del Pil, a scavare per ritrovare valori condivisi, identità reali, eccellenze dimenticate, esempi nei quali riconoscersi e da trasmettere specie alle giovani generazioni ?

Chiamiamola mobilitazione culturale, nuova nazionalizzazione, etica collettiva.  Ma iniziamo a cercarla e a lavorarci, a partire dalla Scuola, dalle forme di comunicazione sociale, dai “messaggi” con i quali investire l’opinione pubblica, dalle strutture-partito da rivitalizzare, dall’associazionismo da valorizzare, da una ritrovata volontà di “ricostruzione”, anche politica,  che, in altre epoche, seppe sconfiggere le macerie materiali e spirituali  della guerra mondiale e della guerra civile.

Non è un compito facile – ne siamo consapevoli. Non è neppure un compito da esaurire con le vacanze. L’invito è  di cominciare almeno a “prendere appunti”. Sulla speranza si gioca il futuro, di questa e delle prossime generazioni. Pensiamoci.

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