Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
’accelerazione data da Matteo Renzi al Pd (“Sono pronto a guidarlo” – ha annunciato, perentorio, dalla Festa Democratica di Genova) non può essere considerato un passaggio di routine, tutto interno alla vita e alle scelte di un partito. Renzi, a leggere nell’immaginario collettivo, rappresenta un’aspettativa reale per molti elettori e ben al di là delle tradizionali appartenenze di schieramento.
Ha ragione Renato Brunetta, quando dice che il centrosinistra rappresenta un terzo dell’elettorato, non possono però essere sottovalutati gli orientamenti politicamente “trasversali” degli italiani, che hanno inciso in molte elezioni amministrative, dove le figure dei candidati-sindaco hanno scompaginato le scelte di partito e di schieramento.
L’opzione Renzi va perciò considerata con attenzione anche sul versante del centrodestra, un centrodestra, che ha passato l’ultimo mese avvitato intorno alla sentenza che ha condannato Berlusconi e che ora rischia di logorarsi ulteriormente in una lunga guerra di posizione, tra arresti domiciliari ed improbabili iniziative del Colle.
Di fronte al giovane leone del Pd, pronto a sbranare avversari interni ed esterni, l’attendismo, che è stato pagante di fronte alla sbiadita immagine di Bersani, appare controproducente. Ancor più se giocato intorno alle sorti politico-giudiziarie di un Cavaliere incapace di rappresentare per l’opinione pubblica quella risposta di novità che era riuscito ad incarnare nel 1994.
Tramontata l’ipotesi “dinastica”, giocata intorno a Marina Berlusconi, al centrodestra non rimane che la strada del confronto competitivo interno, nel quale le primarie possono giocare un ruolo decisivo.
Evocate nel passato, ma mai sperimentate sul versante del centrodestra, le primarie possono rappresentare l’auspicato momento di discontinuità rispetto ad una condizione di stallo politico, aggravata dalla condanna di Berlusconi e dalla sostanziale debolezza del gruppo dirigente del PdL, cooptato, complice la legge elettorale, e troppo spesso autoreferenziale, proprio per la mancanza di seri strumenti di selezione della leadership e di confronto interno.
Rispetto a questa scelta “di metodo” un ruolo importante di apripista può essere rappresentato per la leadership del centrodestra dal ticket Tosi-Meloni, idea che è circolata, nelle ultime settimane, in rete, suscitando non pochi consensi.
La “strana coppia” Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona, e Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, rappresenta qualcosa di più di un’utile provocazione per dare la sveglia al centrodestra. Essa può costituire il coagulo di idee e volontà riformatrici, in grado di riattivare un centrodestra sonnacchioso e perduto ancor prima che perdente. Può dare nuovo slancio ad un’azione politica sul territorio, mobilitando energie presenti, ma sopite. Può rappresentare quello scarto generazionale, spesso auspicato, ma mai realizzato, capace di contrastare la proposta renziana, creando soprattutto una muova, realistica aspettativa politica.
“L’avvenire – scriveva – Georges Sorel – è di coloro che non solo disillusi”.
Altro all’orizzonte non si vede, in grado di scuotere e riaggregare un mondo percorso da un attendismo sempre più simile alla disillusione.
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