Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Poggio Catino (Rieti)
A Poggio Catino, in provincia di Rieti, un’antica leggenda racconta che dopo la conversione dell’imperatore Costantino al cristianesimo alcuni sacerdoti pagani, che volevano metterlo alla prova, si recarono da lui chiedendogli di salvare la popolazione da un terribile drago che viveva in una profonda grotta sotterranea: il mostro, col suo soffio di fuoco, faceva morire più di trecento persone alla volta.
Costantino ne parlò a Papa Silvestro che, a sua volta, chiese consiglio in sogno a san Pietro il quale gli suggerì di prendere il drago legandolo con un filo al collo. Il futuro san Silvestro scese nella grotta attraverso l’unica via possibile, e cioè lungo una scala di 365 gradini scolpita nella roccia, e fece quel che Pietro gli aveva ordinato. Uscendo trovò a terra, quasi tramortiti, due maghi pagani che lo avevano seguito per vedere se era stato capace di affrontare l’orribile creatura. Il Papa ordinò loro di mettersi in piedi e li condusse tra la folla insieme con il drago, ormai docile come un cagnolino: i due, e l’intera popolazione sabina, si convertirono.
Ebbene, quel drago addomesticato simboleggia il paganesimo vinto grazie alla conversione di Costantino: totalmente leggendaria perché in realtà l’imperatore fu battezzato poco prima di morire. Mentre i 365 scalini alludono ai giorni dell’anno del calendario romano che san Silvestro consacrò da quel momento al cristianesimo.
E perciò a Poggio Catino, nel Lazio sabino, si festeggia con particolare solennità la cosiddetta “Notte di San Silvestro”, l’ultima dell’anno, che la Chiesa ha voluto chiamare così per festeggiarvi il Papa sotto il quale l’Impero Romano, da pagano, divenne cristiano.
Una notte ritenuta magica durante la quale, come in tutte le feste che cadono nel periodo solstiziale, si traggono predizioni per l’imminente anno. In Friuli e in Veneto si dice che si può conoscere la propria sorte gettando le scarpe dalla cima di una scala: se tutte e due cadono in uno stesso punto l’anno sarà favorevole e viceversa. In altri luoghi dell’Italia quella notte si fanno presagi d’amore.
Nel Veneto si fa colare del piombo fuso in una padella e si lascia poi solidificare durante la notte: gli auspici si traggono osservando le forme che il materiale ha creato indurendosi.
In Abruzzo, per avere notizie sulla propria salute, si fanno cadere, una alla volta, sul piano rovente del camino, alcune foglie di olivo: se si agitano e volteggiano, quella persona vivrà e avrà tanta salute quanti più movimenti faranno le foglie; ma se rimangono immobili e si bruciano, la persona è condannata a morire presto.
Secondo una credenza friulana se il nuovo anno comincia di domenica, come il 2012, sarà un anno all’insegna del benessere; inoltre essendo l’anno venturo un numero pari porterà anche un raccolto abbondante. Mentre annunciano carestia quelli dove compare il 7 o un suo multiplo, oppure il tredici, sicché converrà fare delle provviste quando si avvicinerà il 2013, anche perché, cominciando di martedì, potrebbero arrivare “guerre e altri malanni”.
Converrà allora, come si fa soprattutto al nord, accendere dei falò la notte di Capodanno. Fuochi che hanno una doppia funzione: quella di aiutare a crescere il sole ancora bambino, per vincere l’ostilità delle tenebre invernali; e quella di bruciare simbolicamente le disgrazie, i fallimenti e le tragedie dell’anno che finisce. Sono insomma fuochi di purificazione e nello stesso tempo propiziatore di fecondità.
Una volta d’altronde, i contadini credevano che questi festeggiamenti che hanno il fuoco come protagonista, e cioè i falò, i fuochi d’artificio e le fiaccolate, permettessero anche di godere di tutte le virtù del sole, e fossero perciò benefici ai campi, agli animali, agli uomini grazie a una specie di operazione magica: insomma, per una sorta di “magia simpatica”, i nostri antenati credevano che i fuochi accesi in terra proiettavano nel fuoco del sole la loro energia dandogli vigoria.
E perciò nella lunga “notte di San Silvestro” si moltiplicano le fiaccolate sulla neve, tipiche soprattutto del Piemonte e della Val d’Aosta; ma anche i fuochi d’artificio che illuminano la notte di passaggio fra un anno e l’altro e che, con i loro suoni tuonanti, “spaventano” i cattivi spiriti. D’altronde il “rumore”, anche dei botti e persino dei tappi di spumante, che ritmeranno quelle ore di passaggio, di simbolica morte e rinascita, segneranno un rinnovamento ciclico del tempo.
E la musica? Anche la musica popolare occupa un luogo importante in molte feste tradizionali celebrate fra la Notte di San Silvestro e il primo di gennaio. Ad esempio a Gaeta, a cavallo fra il Lazio e la Campania ci saranno per strada delle orchestrine, chiamate “sciosce”, formate da suonatori di strumenti tipici poveri, fatti di tappi, stecche di legno, martelletti e altro, come il “putipù” o il “triccabalacca”.
Invece in molti paesi dell’Abruzzo e del Molise, come ad esempio a Ferrazzano oppure ad Isernia, i “musicanti” con i loro “martellucci” e “tricche”, attendono il primo dell’anno cantando per le vie le cosiddette “Maitunate”, che letteralmente significa “'mattonate” nel senso di frecciate satiriche, perché infatti sono canti che prendono in giro personaggi o fatti del luogo: come fosse una sorta di carnevale a confermare che nei periodi di passaggio ogni regola è annullata nel generale sconvolgimento rituale. Quei musicanti burleschi vengono poi ristorati in molte case con vino e dolciumi.
In alcune località, infatti, si usa ancora a Capodanno la questua casa per casa, accompagnata da canti: ad esempio in Val Meduna- Friuli - al mattino del primo gennaio, gruppi di fanciulli girano per il paese gridando per dare la sveglia e cantando davanti alla porta una strofetta di buon augurio per avere in cambio qualche dono, detto “buna man”: “Bon dì, bon an;/déimi la buna man/ancia chest’an!”.
Ebbene, questa usanza di andare di casa in casa cantando, mangiando e bevendo, verrà poi riproposta in tantissimi altri luoghi dell’Italia durante i giorni precedenti all’Epifania del 6 gennaio: sono le cosiddette “questue della Befana” che in alcune località vengono dette anche “questue della Pasquella” oppure “Befanate”. Ma questa è un’altra storia.
Insomma, la varietà di usanze e credenze del Capodanno è tale da rendere quasi impossibile un inventario regione per regione. In ogni modo, per avere buona fortuna si dovrebbe indossare un indumento nuovo, possibilmente rosso come il fuoco, che simbolicamente è il colore del sole nel solstizio invernale. E si dovrà mangiare qualcosa, come lenticchie, riso o fagioli, che cresca in pentola in modo da propiziare il benessere; oppure chicchi, noci o semi che simboleggino l’abbondanza.
Per questo motivo in tutta la Spagna s’ingoiano dodici acini d’uva poco prima della mezzanotte, seguendo alla radio o in televisione, i rintocchi del grande orologio della Puerta del Sol di Madrid: un acino per ogni rintocco. A meno che non si finisca strozzati, la “buena suerte” è assicurata.
Buon Anno a tutti i lettori!
Inserito da David il 30/12/2011 11:10:58
Buon anno a tutti voi!!!
Violetta Valéry ritorna nel suo tempo: una Traviata ottocentesca per il Maggio Musicale
Firenze: una Butterfly d'eccezione per il centenario pucciniano
Madama Butterfly tra Oriente e Occidente: Daniele Gatti legge il capolavoro di Puccini
Una favola che seduce e incanta: Cenerentola di Rossini trionfa al Maggio
Un lampo, un sogno, un gioco: Gioacchino Rossini, Manu Lalli e l'incanto di Cenerentola