Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
nche nel pensiero c’è un tempo per arare e un tempo per mietere”, avvertiva con la sua solita acutezza Wittgenstein, e questo che oggi stiamo vivendo per il pensiero in genere, e soprattutto quello politico, sarebbe senz’altro il momento dell’aratura, della semina…
Da troppi anni, invece, i politici - per rimanere in metafora - non curano più il giardino delle idee. Ed esse sono da decenni sempre le stesse e - inevitabilmente - sono sempre più logore e sbiadite.
Gli intellettuali da tempo sono stati messi al margine dal potere (non all’indice, che già sarebbe un riconoscimento!), in alcuni casi sono stati rabboniti con qualche prebenda, comunque i più, sono rimasti quasi sempre inascoltati. Alla fine è rimasto in piedi il circolo dei soliti noti (ma che dico circolo: è rimasto il circo delle fiere ammaestrate), la solita rete di mutuo soccorso, tanto a destra che a sinistra. Anche se quest’ultimi sono in numero assai soverchio e ancor più tra loro auto-referenziali. Da sempre la loro forza, la loro auto-condanna.
E’ oramai accettato, come fosse un dogma, il concetto che siamo tutti uguali e che chiunque possa discutere con chiunque, così la politica - non appena diviene apparato - guarda molto spesso la cultura dall’alto in basso, come dalle vette di una sapienza collettiva che la rende superiore. Intossicata dal consenso, la politica si lascia sempre più sfuggire l’uomo, o forse lo evita. Se si occupa dell’individuo, del singolo dico, si piega a questo con un gesto paternalistico, pietistico - come con una caramella in mano - e con un atteggiamento per lo più ideologico.
Alla politica il singolo sembra far schifo perché, in fin dei conti, non gli è utile se non come sommatoria. Una testa un voto dicono, questi falsi adulatori del popolo, ma con la sola logica del pallottoliere.
La politica, quella di sinistra in particolar modo, guarda alle masse, alle associazioni, alle categorie. Le coccola e le lusinga. Cerca di liberare l’uomo dalla radice del suo io (tu non esisti, il tuo io produce cattiva coscienza, intossica l’ego ipertrofizzandolo) con la promessa di un eden cooperativo. Propone un noi messianico che naufraga - come sappiamo - nella pozza fangosa dell’indefinito collettivo, dell’ideologia e del totalitarismo. L’ideologia, è noto, è poi ossessionata dalla forma, dalla regola che squadra ogni cosa. Ha una culto feticistico per ogni tipo di struttura, una fissazione talmente straordinaria per le proprie opinioni, che le confonde immancabilmente con i fatti.
Tanto che l’intellettuale di sinistra (che è ideologo per natura) esiste solo se è funzionale, organico (come si dice da quelle parti ) a queste opinioni, se le genera sulla base di altre opinioni e le difende anche a disprezzo, appunto, dell’evidenza. Penso - a tal punto - che se il comunismo non avesse conosciuto alcune vittorie politiche, non si sarebbe neanche affermato come pensiero filosofico. Sarebbe rimasto una teoria economica piuttosto bislacca, un simulacro teorico di una cocente frustrazione umana, tutta terrena.
Comunque sia, se per qualche motivo caratteriale o intellettuale, qualcuno di coloro che fanno professione delle loro idee si sente naturalmente soffocare nel condividere l’intelligenza degli altri, se la retorica dell’appartenenza li trascende, se - in una parola - questi seguono la propria personale ricerca in maniera individuale; nella migliore delle ipotesi la politica li giudica degli autori, dei poeti, comunque degli irregolari. In sintesi: la politica, in genere, non riconosce chi non vi si specchia.
Poco male, direte, ma è la politica che comanda, che decreta chi entra e chi esce dal proprio recinto. E sul rapporto quasi fisiologico tra intellettuali e potere s’è scritto anche troppo. Basta cercare.
Ora succede che i pensatori che non si identificano con la teoria marxista, già per loro natura, sono degli individualisti, dei solitari, degli “anarcoidi”, così, ovviamente, non sono presi in alcuna considerazione dall’intellighenzia ufficiale, né dalla politica, in genere, appunto. Neanche da quella alternativa alla sinistra, spesso chiusa in un desolato fortino in difesa di niente, e molte volte allergica e infastidita dalla complessità del confronto intellettuale.
Tanto è vero che più volte abbiamo visto l’aberrante dell’intellettuale non allineato che, forse al punto più alto della sua frustrazione, finisce per simpatizzare con la sinistra pur di certificare la propria esistenza in vita. Pur di poter uscire dalla semi-clandestinità e vedere la sua firma su qualche foglio riconosciuto come importante. E c’è anche chi, per scrivere su giornali dalle grandi tirature, s’inventa pazzariello, bastian contrario per statuto ancestrale, e recitata la parte, finisce per risultare simpaticamente innocuo.
Non è detto che per un intellettuale ci sia bisogno di far politica, ma a mio avviso, ora è la politica - in particolare quella del cosiddetto centro-destra - che ha la necessità impellente di recuperare un’anima e con questa una decisa e diversa credibilità. E questa peculiarità la si può trovare - sempre a mio giudizio - aprendosi all’ascolto dei tanti, giovani o meno, che animano i blog, le università, le riviste, i circoli e tutti gli spazi più o meno pubblici.
Fin quando la politica tenterà di risolvere i suoi problemi con soluzioni ancor peggiori dei suoi stessi problemi, finché spaccerà le proprie paure per obbedienza alla cosiddetta volontà generale, sul terreno non ci sarà alcuna novità. Non ci sarà, quindi, futuro. E chi si difende è già sconfitto nel pensiero, come in politica.
Per quanto riguarda il centro-destra, a puro titolo di esempio, e a proposito di difesa, mi chiedo: perché non iniziamo ad eliminare il suffisso centro? Quel è la paura? Che cos’è questa strana pudicizia? Destra non significa post-fascismo (non per forza), non significa affatto nostalgia.
Forse è giunto il momento, invece, di riformulare in modo estensivo, inclusivo e il più possibile attraente il termine Destra. Guardando a quel che significa Destra nel mondo, in Europa e, perché no, negli Stati Uniti: non abbiano paura i cattolici, i liberali e tutti gli altri, a Destra c’è spazio, c’è fantasia e immaginazione.
Disegniamo la Destra, dunque, la nuova Destra, con sguardo moderno e prospettico, come dice qualcuno dei nostri politici: senza paura.
Per congedarmi, cito ancora Wittgenstein (s’è capito che lo sto rileggendo, eh?): “i limiti del mio mondo sono i limiti del mio linguaggio”. Ecco, personalmente ne sono tanto convinto che estenderei l’assunto del filosofo austriaco fino a supporre che i limiti di ogni mondo individuale, siano quelli della propria capacità prima immaginativa, quindi linguistica. E la politica, la buona politica, si fa con l’immaginazione e le parole degli uomini coraggiosi. E anche liberi, liberi dalla stessa politica.
Inserito da sabryda il 14/10/2013 12:43:00
Bellissimo articolo, una esplicita spiegazione di come sono le cose realmente, e cosa si potrebbe fare... grazie per aver spiegato in maniera molto giusta e con parole che si possono comprensibili al popolo che siamo noi. E' verissimo quello che gli intellettuali sono tenuti ai margini della politica, c'è troppo " ciarpame" senza tener conto di idee che potrebbero davvero risolvere qualcosa delle coalizioni dei partiti... Bellissima l'espressione di quando dice che da molti anni i politici nn coltivano il giardino delle idee... e nominando i filosofi di un tempo si hanno anche certe risposte.. come mai i nostri politici o chi per loro nn vanno a rivisitare e rispolverare discorsi dei letterati e filosofi o sociologi nei Circoli Culturali? Cerchiamo di far entrare persone con cultura e menti aperte, nelle varie stanze Dei Grandi Palazzi di Roma, e non gente di spettacolo o ..... Dice bene quando c'è il finale Uomini coraggiosi, liberi e libera dalla stessa politica.
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