Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
onti si è dimesso da “Scelta civica” da lui stesso fondata, Grillo i suoi se lo filano sempre di meno, nel Pdl la scissione è imminente, nel Pd sono botte da orbi quotidiane. Non sarà che tutto il sistema dei partiti avrebbe bisogno di essere ripensato? Non sarà che siamo dinnanzi ad un collasso generale e che di qui alle prossime elezioni abbiamo una diversa offerta politica?
Mi pare sia legittimo chiedersi, non solo con quale legge elettorale andremo a votare (anche se la relazione tra modello e proposta è diretta ), ma anche con che rappresentanza politica, con quali formazioni e quali alleanze.
Ora, per esempio, forse prigioniero delle mie opinioni (o magari ancora legato ad una logica politica inadeguata a leggere l’attualità), non credo che Matteo Renzi riuscirà a diventare segretario del Partito democratico. Anche se non pare, sono troppe le variabili e le spinte contrarie alla realizzazione del suo progetto. Stante che la segreteria del Pd sia davvero il suo reale obiettivo politico, naturalmente.
In politica non si gioca da soli. Non basta la buona volontà, né il talento personale è poi tanto risolutivo. Contano il contesto, le alleanze, le sponde. E a ben guardare il sindaco di Firenze ha per ora sodalizi spuri (infittitisi di amici dell’ultima ora), sponde ondivaghe e - soprattutto - un ambiente politico, al di là delle apparenze, per nulla vantaggioso. Senza pensare alla forza ancora notevole dei suoi avversari. Napolitano compreso.
Il Partito democratico, frantumato in diverse anime e correnti, ha un problema strutturale essenziale che lo divide in due grandi famiglie: quella di provenienza democristiana e quella post-comunista. E questo stato di fatto obbliga a diverse riflessioni a mio giudizio contrarie al disegno del sindaco di Firenze.
La più scontata è che mai nella storia di quel Partito (pur nelle sue trasformazioni) alla segreteria sia andato qualche esponente (tranne per la parentesi Franceschini, in un momento assai emergenziale) che non abbia avuto una storia coerente con le sue origini. Tanto che per gli eredi di Togliatti (e all’elettorato tradizionale) una tale soluzione costituirebbe la fine del partito stesso. Con conseguenti ed ineluttabili pulsioni scissioniste, difficilmente arginabili. Renzi - in sintesi - se diventasse segretario del Pd, finirebbe con divenirne il liquidatore. E mi sembra ancora impossibile. Non ora, non per mano di un ragazzotto di neanche quarant’anni!
Per Renzi - lo consigliava anche D’Alema - la corsa più ipotizzabile, con meno ostacoli e politicamente più coerente, sarebbe stata quella per Palazzo Chigi. Ma la tenuta di Enrico Letta al governo (per ora al meno pare tenere) e le sue ipotizzabili aspirazioni (mica penserete che il giovane Enrico, dopo aver fatto il presidente del consiglio, si accontenti a neanche cinquant’anni di trastullarsi in parlamento come un peones qualsiasi!) rendono l’aspirazione di Renzi di difficile portata. Visto che i due dal punto di vista della provenienza sono identici e non complementari come invece auspicabile. A meno che Letta si stesse preparando - per il prossimo ottobre - ad una poltrona dell’Unione europea. Ma pur facendosi da parte Letta, Renzi dovrebbe utilizzare la carica di segretario solo in ottica aspirante presidente del Consiglio lasciando la poltrona al partito per un ex-comunista. E se perdesse?
Nel centro destra la scissione annunciata - alla quale stanno lavorando alacremente Cicchitto e Formigoni - è tutta ancora nel mondo delle ipotesi. E nelle mani (notoriamente non proprio ardite) di Alfano. Certo, al centro Mario Mauro e Pier Casini (liberatisi di Monti) stanno tessendo l’ordito del Ppe italiano: una costituente centrista alla quale in molti nel Pdl (Quaglieriello, Sacconi, Lupi, Lorenzin, ecc.) già da qualche tempo guardavano. Ma separarsi da Berlusconi senza la volontà dello stesso è a dir poco traumatico. Soprattutto se non ci sono né soldi, né certezze di riuscita elettorale. Un congresso, poi, come chiesto dal lealista Fitto, per i seguaci di Alfano sarebbe complicato. Anzi, rischioso. Verdini, infatti, è ancora il dominus incontrastato del territorio. E la possibilità di perdere il congresso e la faccia è dietro l’angolo.
Alla fine, ovvero, non appena Berlusconi deciderà cosa fare di sé stesso (o le contingenze lo obbligheranno a prendere una decisione), nel Pdl la scissione avverrà quasi scontata. C’è ancora da capire, però, non solo quanti seguiranno Alfano (sempre che Alfano alla fine non rimanga fedele a Berlusconi “bruciando” tutti gli altri), ma anche chi la truppa degli scissionisti troverà al Centro. Solo i centristi doc, oppure una rappresentanza di fuoriusciti dal Pd?
Immaginate il ritorno di un Centro composito (con tanto di elementi di destra, di sinistra e di centro), un Pd riformista senza indugi e alla sua sinistra Vendola che raccoglie le istanze movimentiste. Dall’altra parte una nuova Forza Italia e alla sua destra I fratelli d’Italia.
Fanfani, Berlinguer, Craxi, Almirante… niente illusioni: non resusciteranno, e pure se fosse, ad attenderli ci sarebbe Grillo.
Inserito da saldigua il 19/10/2013 10:15:22
Ben poca cosa il quadro che ci si presenta. Senza una concreta speranza polita e sociale per il ns. futuro. Allora: Non è il momento per incominciare a dare un ns. progetto ideale (non solo politico)di come dev'essere questa società ? Non è il momento di indicare i vecchi valori persi su cos'è la famiglia, la società, lo stato: punti di riferimento per rifondare la ns. nazione ? Non è ora il momento di "ricordare" all'opinione pubblica che è possibile un progetto di vita che non sia solo quello che c'impone l'economia globale ? Non è il momento di ricordare a tutti che la ns. nazione, con la sua cultura, può governare se stessa senza bisogno di altri ? Non è ora di ritornare alla luce del giorno e non vergognarci di esistere a costo ... anche di noi stessi e per amore dei ns. figli ?
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