Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
utoreferenziale e irrituale. Il Presidente Napolitano ha prima di tutto messo se stesso al centro del discorso con quel ringraziamento a tutti gli italiani che lo hanno accolto con calore nel corso del suo pellegrinaggio unitario per le celebrazioni per i centocinquanta anni italiani.
Dunque fin dall’inizio il messaggio è stato chiaro: lo Stato sono io.
Quasi a sottolineare la discontinuità di ruolo con i suoi predecessori la posizione è stata irrituale: un solo braccio appoggiato sulla scrivania, l’altro sul bracciolo della poltrona e ripresa di tre quarti (alla Lilli Gruber versione Tg, tanto per intendersi) che ha dato al messaggio un fastidioso senso quasi di noncuranza, in contrasto con i toni piuttosto forti e quasi imperativi che lo hanno addirittura portato a richiamare il “suo” Monti a occuparsi adesso della crescita del Paese.
Certo, la posizione era dovuta ad esigenze televisive, o meglio alle esigenze dell’oratore interrompersi e ricominciare; un escamotage di regia per poter staccare con dei primi piani frontali che denunciavano il montaggio e dichiaravano che non c’era presa diretta.
Eppure la spia della posizione è stata significativa: Napolitano ha augurato il buon anno non ai cittadini, ma ai “suoi sudditi” che lo amano, gli scrivono lettere, gli raccontano il loro impegno per fare crescere l’Italia.
Ci ha parlato della sua formazione politica, a contatto con la realtà della fabbrica che gli permette di capire le difficoltà di chi lavora! Sospendiamo ogni commento!
Ci ha detto che dobbiamo accettare i sacrifici perché fino ad ora abbiamo fatto le cicale. Ha ripercorso la storia del disastro attuale parlandocene come se lui in quegli anni ottanta (origine del disastro economico che adesso dobbiamo ripianare) fosse stato al polo nord e avesse guardato da lontano come cresceva la spesa pubblica e di pari passo le imposte ai contribuenti.
Già, Napolitano, quando la politica foraggiava la “corruzione” e il “parassitismo”, dov’era? Quando si creava un sistema che permetteva l’”evasione fiscale generalizzata”? Quando si è accettato di usare tasse indiscriminate per far cassa invece di applicare un sistema di equità e di controllo reciproco sul tipo di quello americano dove si può scaricare ogni spesa? Cosa faceva? Non apparteneva al quel sistema che ora definisce “intollerabile”? Si dedicava forse al allevare mucche o stava in Parlamento godendo dei privilegi e agendo la politica che ora dice deve “recuperare credibilità”?
Ma caro Presidente, questa politica che ci ha portato sull’orlo dell’abisso l’abbiamo fatta noi italiani o voi politici? Certo noi italiani abbiamo la colpa irredimibile di avervi votato per troppi anni, ma ora non ci venga a dire che noi dobbiamo fare “sacrifici per i nostri figli! E quando eravamo noi figli chi ha pensato al nostro futuro?
Caro Presidente la sua generazione non si può permettere di dare lezioncine di morale, non si può ergere a padre nobile che chiama a raccolta i discoli che recalcitrano a sottomettersi all’obbligo di pagare il conto di quel che voi avete consumato con larghezza.
Ciò detto, peggiore del discorso con le sue ovvietà di buon senso, sono stati i commenti a caldo di Gasparri, Della Vedova, Bindi, Maroni, Di Pietro: tutti entusiasti e grati!
Cari lettori questo è lo stato dell’arte, gli auguri sono d’obbligo, ma con il cuore pieno di scoramento, non abbiamo speranze.
Che il 2012 produca un vero cambiamento, noi di Totalità.it saremo qui, con voi per dar voce ai vostri commenti per dirvi quello che il Presidente non ha detto: Viva l’Italia.
Inserito da gianfranco il 01/01/2012 21:38:03
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