Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Il Maestro Massimiliano Caldi
Ci sono figure e personaggi che ancora oggi tengono alto il nome del nostro paese. Se la politica si rivela sempre più una selva oscura, il colle della salvezza può essere ancora essere rappresentato dall’ arte e dalla musica. Massimiliano Caldi (nato nel 1967) è un direttore orchestra che a una profonda esperienza e cultura unisce un curriculum brillante, un entusiasmo che contagia e una straordinaria affabilità, oltre a un curriculum di tutto rispetto specie in tempi come questi, in cui quello del direttore d’orchestra non è certo un “mestiere” facile . Formatosi alla scuola di grandi maestri come Piero Bellugi, Donato Renzetti, Yuri Termikanov e Myung-Whun Chung , è stato per dieci anni direttore principale dell’Orchestra da Camera Milano Classica; nell’ aprile 2012 è stato nominato Direttore principale della Filarmonica Polacca Baltica “F. Chopin” di Danzica,mantenendo anche il ruolo di direttore principale dell’Orchestra da Camera Slesiana (Katowice). Vincitore, nel 1999 del Concorso Internazionale di Direzione d’Orchestra“Grzegorz Fitelberg a Katowice, ha diretto fino ad oggi più di 800 concerti, collaborando con alcune tra le principali istituzioni musicali italiane ed europee. Ma la cosa più interessante è il suo repertorio: in campo operistico spazia dal Settecento al Novecento sino al … 2000, data la sua grande attenzione ad autori contemporanei: ha diretto, tra l’altro, le prime esecuzioni assolute di Peter Uncino di Marco Tutino (2001) e della Zingara Guerriera di Luigi Nicolini su libretto di Paolo Limiti. Ma il lato artistico più interessante di Caldi è forse l’aver eseguito alcune opere totalmente dimenticate di autori (ridotti ormai solo a …note a piè di pagina) dell’Ottocento Italiano: nel Festival di Valle d’Itria del 2008 2009 ha infatti diretto il Don Bucefalo e il Re Lear ( quest’ultimo addirittura una prima esecuzione assoluta)di Antonio Cagnoni (1828-1896), compositore ai suoi tempi assai popolare e una vera e propria chicca “fiorentina”: ili Pierre De Medicis (Parigi 1860) di Jozef Poniatowski (1814-1874), principe e compositore polacco strettamente legato a Firenze; un lavoro mai più eseguito dalla seconda metà dell’800 e riproposto due anni fa a Cracovia in forma di concerto.
A questo brillante musicista, che ha già collaborato con il Maggio Musicale e ha già diretto nel capoluogo toscano proprio la Serva Padrona nell’edizione del 2011 è stata di nuovo affidata la direzione del capolavoro di Pergolesi. Ed ecco una conversazione a tutto tondo con … variazioni sul tema.
Maestro Caldi, Lei si è avventurato nell’esplorazione di alcuni titoli –e di alcuni autori – dell’Ottocento musicale totalmente dimenticati. C’è dunque qualcosa di valido caduto nel dimenticatoio, un vero e proprio “repertorio da riscoprire” o sono solo curiosità erudite?
“Credo che tutto quello che ho fatto al riguardo sia degno di rientrare in repertorio. Piero de Medici, un dramma ambientato a Firenze scritto da un compositore che ebbe profondi legami con la città – si può definirlo un fiorentino d’adozione - è già straordinario e sarebbe bello poterlo riproporre nel capoluogo toscano. Ma una vera rivelazione sono i due lavori di Cagnoni, due opere meravigliose cadute nel dimenticatoio perché Cagnoni non era abbastanza abile nel promuovere se stesso ; Verdi e Puccini invece sono stati due geni anche in quel senso! Re Lear poi non era mai stato rappresentato a causa della morte dell’autore: il libretto, di Antonio Ghislanzoni, avrebbe dovuto essere destinato a Verdi. Invece Don Bucefalo era un’opera buffa popolarissima al suo tempo, straordinariamente moderna anche nell’impianto: una sorta di “teatro nel teatro”, con un compositore scalcagnato che cerca di rappresentare una sua opera e deve fare i conti non solo con i capricci delle cantanti ma anche di uno … sponsor dalle disastrate velleità canore. Del resto le due opere sono state incise e basta ascoltarle per rendersi conto del loro valore. In generale poi bisogna ricordare che la produzione operistica nell’800 era ricchissima, l’opera era la forma di teatro più popolare in assoluto, molto più della prosa. E’ normale dunque che ci siano tante cose da riscoprire, anche per il ‘900 del resto che non è solo Puccini: ci sono ad esempio Pizzetti, Respighi, e anche alcune opere di Mascagni che non è solo Cavalleria Rusticana. Ma il problema è che, soprattutto in tempi di crisi, è difficile trovare qualcuno disponibile a “investirci”.
Passando al contemporaneo, esistono un presente e un futuro per l’opera, non solo per quanto riguarda le esecuzioni ma anche nuove produzioni? Oppure si tratta di un fenomeno di nicchia, di èlite?
Dipende che cosa si intende per èlite: non certo nel senso di pochi intimi. Oggi ci sono ancora mecenati, ma è difficile che qualcuno investa in produzioni musicali contemporanee: non è …. trendy, come si suole dire. Noi non ci rendiamo conto di cosa sia stato il teatro d’opera nell’800: oggi ci si limita – quando va bene! - a una prima esecuzione assoluta che spesso rischia di rimanere anche l’ultima. Questa è una cosa che avviene soprattutto in Italia; in Polonia, ad esempio, dei compositori contemporanei se ne parla e come. A creare confusione contribuisce qui da noi poi la fusione dei generi, per cui si mescola, ad esempio, musica “da film” con musica operistica.
E come se la passa, oggi, un direttore d’orchestra?
E’ abbastanza dura. Oggi ci sono agenzie che forniscono pacchetti “tutto compreso”, è difficile avere un personal manager che ti segua individualmente. Per cui, vuoi il cantante X? Bene, ti prendi anche Y e pure il direttore Z. Io comunque sono stato abbastanza fortunato, ho avuto il piacere di lavorare in molte piazze italiane anche da quando mi sono “trasferito” in Polonia …
Come si trova a Firenze, al Maggio?
Benissimo. Quasi non si avverte la crisi, anche se si sa sin troppo bene che c’è . Io mi sento trattato …. da re,lavoro con maestri validissimi in una atmosfera eccezionale. Purtroppo però le nostre realtà sono di solito poco conosciute all’estero, oggi abbiamo difficoltà a esportare il nostro “marchio”. Forse perché ne abbiamo ceduti sin troppi: anche la Ricordi è ormai diventata tedesca.
Veniamo dunque alla Serva Padrona: si tratta veramente di un’opera eccezionale? E la sua interpretazione da cosa è caratterizzata?
Per cominciare, la totale ed assoluta “libertà di linguaggio” che viene data ai cantanti in scena. E sulla scena, tutto accade in “tempo reale”, senza dilatazioni: una sorta di “reality show”, vero e proprio fulmine a ciel sereno caratterizzato da una scrittura “espressionistica” che va aldilà di come è stata formulata. Ho cercato di far “coincidere” il più possibile canto e strumento, riportando ad esempio sugli strumenti fraseggi e sillabazioni. E se, ad esempio, una stessa frase viene ripetuta tre volte, la prima volta è forte, la seconda piano e la terza di nuovo forte, per dar vita a un gioco di luci, ombre e calore. Si tratta infatti di dare un senso a un linguaggio musicale “minimale” che però ha una forza dirompente; in fondo è un po’ quello che accade anche a Mozart e per certi aspetti persino a Verdi. Da questo punto di vista, con la concentrazione dell’azione in un “tempo reale” senza dilatazioni, la Serva Padrona concentra, nei suoi appena cinquanta minuti di durata, due secoli di storia della musica: la stessa concentrazione dell’azione la troveremo in Cavalleria Rusticana e nel primo atto di Bohème. Dopo questi cinquanta minuti si esce da teatro con la sensazione che il tutto sia durato troppo poco. Almeno lo spero …”
Inserito da Crispino il 08/11/2013 12:15:13
In tempi cupi come gli attuali è di conforto riproporre un'eccellenza italiana assoluta come la Lirica ed i suoi protagonisti attuali. Grazie a Totalità-