Editoriale
Ci atterriscono quelle liceali prostitute e le mamme-amiche
Purtroppo non si tratta di casi isolati, ma del sistema di una società che abbiamo costruito senza più valori
di Simonetta Bartolini
a prostituzione esiste, è sempre esistita e si può ipotizzare che esisterà sempre. Niente di cui indignarsi o stupirsi. Non siamo bacchettoni né moralisti, magari vorremmo non vedere le strade popolate di lucciole e viados, preferiremmo che il mercimonio del corpo avvenisse nella intimità di luoghi protetti e magari controllati dal punto di vista sanitario, così come non saremmo contrari ad una imposizione fiscale sul commercio più antico del mondo. Per le prostitute non cambierebbe niente, invece di pagare la tangente al pappone che le sfrutta pagherebbero una percentuale sugli introiti allo Stato a fronte di una tutela personale e sanitaria.
Detto questo, la storia delle liceali romane che si vendevano (e si vendono, perché il fenomeno non è limitato alle due ragazzine scoperte) ci indigna, ci preoccupa e ci atterrisce.
In questi giorni abbiamo letto cronache sempre più dettagliate sulla vicenda, e ogni particolare in più che veniva alla luce aggiungeva orrore.
Il racconto non mediato giornalisticamente, ma raccolto dagli inquirenti ha mostrato uno spaccato di umanità devastata, priva di ogni valore, di qualunque codice morale e etico, per non parlare dell'assenza totale di affetti, rispetto, senso di responsabilità e finanche di istinti, quegli istinti che un animale ha nel proteggere la sua cucciolata e che quella madre romana ignora con terrificante disinvoltura.
Le due liceali (ma ripetiamo, non illudiamoci, non sono un caso isolato, purtroppo), minorenni, famiglie non disagiate senza il problema di arrivare alla fine del mese, ma con quello di comprare il biglietti per il teatro o capi firmati, le due ragazzine - dicevamo- hanno cercato un lavoro su internet per pagarsi quel di più che la famiglia non poteva dar loro.
Detto così ci sarebbe da ammirarle. Generazioni e generazioni di studentesse hanno cercato un lavoretto da fare nei momenti liberi dagli impegni scolastici. Così hanno fatto le baby sitter, le dog sitter, le commesse, le cameriere, e via dicendo per guadagnarsi un'indipendenza economica, o anche solo per pagarsi quelli che un tempo si chiamavano “i vizi”, ovvero il non indispensabile: sigarette, benzina per la macchina, cinema, discoteca, e via dicendo.
Le liceali balzate ai disonori della cronaca invece hanno scelto quella che per loro era la via più facile, hanno venduto il proprio corpo, e una di loro con il consenso, anzi la sollecitazione della madre.
Il dramma di questa vicenda sta tutto qui: per le ragazzine prostituirsi era la via "più facile", non una scelta di disperazione, ma di indifferente, e forse anche divertente, alternativa al lavoro.
Volevano biglietti per costosi spettacoli, abiti firmati, scarpe e borse di marca.
Volevano tutto ciò che rappresenta una vita fatta di apparenza.Indifferenti, e forse (per la colpevole responsabilità delle famiglie) incapaci di concepire la sostanza, queste ragazzine si sono vendute.
Si dirà che la prostituzione giovanile, addirittura adolescenziale è sempre esistita, è vero, la letteratura è piena di giovinette "perdute". Già ma “perdute” a causa della povertà, a causa della solitudine, o magari anche per ambizione, giungere ad un traguardo impossibile in certi casi e situazioni se non passando attraverso l'uso del corpo come merce.
Il caso delle liceali romane, che non è un caso, che è solo la punta di un iceberg di una società ormai priva di tutto ciò che la rende accettabile, ci atterrisce proprio per questo.
Inutile gridare allo scandalo, inutile indignarsi. Quelle due ragazzine e tutte le altre come loro di cui non sappiamo, sono il frutto nostro.
Sono il frutto di famiglie che non educano più i figli a nessun valore che non sia quello della furbizia, del guadagno, dell'immagine patinata che vedono in televisione o sulle riviste.
Sono il frutto di genitori superficiali, nel migliore dei casi; stupidi, egoisti, indegni, arroganti e presuntuosi. Quei genitori che consegnano i figli alle maestre quando sono piccoli, ben felici che qualcuno se ne occupi al posto loro e che delegittimano quelle stesse maestre (e poi i professori nel prosieguo) se cercano di educare i loro figli insegnando e pretendendo disciplina, rispetto, impegno, studio.
Già, perché l'educazione di un figlio richiede fatica, anche se la si demanda ad altri. Richiede impegno e un po' di sacrificio, pretende senso morale e rispetto etico. Non si può essere amici dei figli e alleati con loro contro l'autorità, bisogna essere l'autorità che con autorevolezza indirizza, insegna, guida , punisce se necessario, premia quando è il caso.
Purtroppo è più facile fare gli amici dei propri figli, per sentirsi giovani, per non caricarsi di responsabilità, per ricorrere a loro senza pudore.
Così quella mamma "amica" di sua figlia, che infatti la difende, la esortava a prostituirsi, e vendere il proprio corpo per comprare i biglietti per uno spettacolo da 45 euro a persona.
Quella mamma come ogni amica-lucignolo la invitava piuttosto a lasciare la scuola che a smettere di prostituirsi, se non ce la faceva a fare entrambe le cose.
Quella donna che certo mamma non è, viene riconosciuta dalla figlia come amica, viene difesa, e forse considerata con soddisfatto orgoglio rispetto alle altre mamme che impongono regole, pretendono disciplina (per quanto minima) cercano di educare.
Questo ci atterrisce.