Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Polidoro e De Laurentis
Sono certo, che fra tutte le emozioni esistenti, quella più dura da riconoscere, anzi da confessare è l’invidia: nessuno al mondo ammetterebbe publicitus di essere invidioso, al contrario non farebbe troppi sforzi ad ammettere la gelosia, la paura, l’ira verso l’altro.
Questo tipo di astio possiamo definirlo come un promiscuo di rivalità, ammirazione forzata, aspirazione, rabbia e malevolenza verso chi gode di qualcosa o arriva ad averla, e l’invidioso non ha.
Penso che l’Italia sia la culla dell’invidia presa nella sua composita complessità, si va, infatti, da Polidoro, vittima dell’invidiosa fortuna, e ucciso da Tonno Calabrese, un suo servo, che invidioso delle grandi disponibilità del maestro lo ammazzò per avere le sue ricchezze; fino all’uscita mediatica codarda e astiosa di De Laurentis nei confronti di Mazzarri e soprattutto di Massimo Moratti: “A Walter finora abbiamo fatto un assist; abbiamo valorizzato le sue azioni e lui si è andato a vendere al meglio all’altro ‘scornacchiato’ che ha dovuto vendere la compagnia”.
L'accanimento dell’invidioso nei confronti dell’invidiato, come nel caso sopra, si dissolve sovente con poco sforzo tendendo subdole esche, modificando le virtù in colpe e le capacità in prevaricazione, delegando a un’infima arma di divenire inavvertibile e nondimeno preparata a colpire a centinaia km di distanza: la malignità.
L’invidia da sempre travolge tutto il corpus socialis e si espande talmente da rappresentare una delle ragioni delle ostilità e dei litigi che hanno contrassegnato la storia di ogni evo.
De Laurentis potrà essere ricordato per qualche cine panettone, niente di più!
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