Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Luigi Bartolini
A metà aprile di trent’anni fa, l’irrequieto Luigi Bartolini chiudeva la sua vita di “ celeste anarchico”. Artista del buon tempo andato, di quel tempo che non si misura per anni o per secoli, ma piuttosto per età, Bartolini è passato nel mondo con la carica travolgente del suo estro d’artista contrassegnato da una scontrosa delicatezza. Per sfuggire gli abbracci del suo tempo si era circondato di rovi pungenti ed era pronto a ringhiare minaccioso verso chiunque tentasse un approccio.
Autori, critici e anche colleghi, salvo rare eccezioni, provarono la sferza delle sue reprimende e quasi sempre se le legarono al dito. Aveva tante buone ragioni per agire così, ne aveva molte di meno per lamentarsi delle conseguenze.
Buonissimo pittore, grande incisore, felice scrittore e squisito poeta, ma con un carattere da definirsi perlomeno insolito, e di non facile digestione per chi avesse avuto la ventura di assaggiarlo anche in piccola dose, Bartolini sembrava nato per lo scontro, lo cercava, lo provocava e vi entrava lancia in resta per finire, in questo tempo che sembra unicamente di mulini a vento, impenitente Don Chisciotte. Un carattere forte ma con un lato di stravaganza che qualche volta finiva per per comprometterne gli attacchi.
Non c’è pagina delle sue veementi polemiche che non ci trovi in accordo e, al contempo, non manca mai qua e là un’affermazione o una conclusione che non ci facciano storcere il naso. Sembra che nella foga di colpire allarghi eccessivamente il bersaglio e così, a conti fatti, i colpiti non sono soltanto gli avversari.
E’ come se confondesse la verità assoluta con quella relativa, per esempio se vuol dire che Renoir è un grande pittore rispetto al nostro tempo e tra gli impressionisti, ma meno importante se paragonato ai grandi antichi; ebbene, troveremo una volta i sinceri elogi tributati al maestro francese e la volta successiva, quando si tratterà di riequilibrare il giudizio, espressioni del tipo: «…arsenale di deretani e di poppe, pittura afrodisiaca per vecchi banchieri ebrei». Allo stesso modo è comprensibile che uno con il suo carattere avesse mille buone ragioni per essere fascista e quasi altrettante per essere antifascista, e così di volta in volta si calerà in questa o quella veste finendo al confino durante il ‘ventennio’ per poi prendere le difese di Mussolini caduto e predisporsi così alla benevolenza del nuovo regime…! Ma lui non pensa certo al proprio tornaconto, anzi, sembra che la sua mira sia quella di inimicarsi Dio e il diavolo.
Figura scomoda, questa di Luigi Bartolini, ma da giudicarsi tenendo ben presente la sua non comune misura d’artista, che finirà per attenuare anche le asperità del carattere il quale, tutto sommato, ha sempre nuociuto più a lui che ai suoi bersagli: « Il mio modo di vivere da celeste anarchico – ha costituito la ragione di ogni mia disavventura». “Grande ipocondriaco”, lo disse Piero Buscaroli, considerandolo tra i maggiori artisti del tempo e fra i migliori dei suoi amici.
Può anche dar fastidio, qualche volta negli scritti, quel suo ritornare su se stesso e la propria opera, sia per vantare un merito che per sentirsi vittima, ma basterà rileggersi le sue parole a Marc Chagall per comprendere la sua dolorosa chiarezza di giudizio e anche la sua conscia modestia: « …dai retta a me, caro Chagall, né tu né io, se non siamo pazzi da legare, possiamo paragonarci a Velasquez, e neppure a Manet, e neppure a Van Gogh, e neppure a Gauguin. Noi siamo figli di questo disgraziato secolo che non concede più, ai pittori, di esistere. O meglio: che non concede più alla grande pittura di esistere».
Se pure scriva spesso con rispetto, e perfino con devozione, della religione cattolica e dei santi, in realtà Bartolini è un pagano, adoratore della natura e dei suoi riti e misteri, capace di partecipare dell’afflato panico che gli fa riconoscere le ninfe custodi del Genius loci. Son le giovani lavandaie ai fonti, a quelli che ancora sopravvivevano in terra di Marca, “ninfa contadina, si, ma deità tenera (…) quelle delle mie figure delle acqueforti marchigiane: allorché in età giovane, vagai, reduce dall’antico, per le nostre care e mai dimenticate convalli”.
Ed eccoci al Bartolini acquafortista – Nelle acquaforti ci fa ritrovare una misura di grandezza quale il nostro tempo non sembrava più in grado di produrre, e riappare magicamente a noi muovendosi dal sommo Rembrandt per incontrare i compagni di strada che si chiamano Goya, Corot, Fattori e dispiegarsi nei fogli del marchigiano con rinnovata bellezza.
Quando Bartolini incide si riappropria di quella grandezza che dava, onestamente, per impossibile in pittura rivolgendosi a Chagall; sembra che incidendo confonda il tempo e ci dia ninfe boscherecce, ma anche ragazze in bicicletta, fermate a mostrare, come cantava il giovane Lanza del Vasto. “Lo zampillo delle gambe fresche”.
Bastano poche delle sue acquaforti più belle per lasciare un segno indelebile nella storia dell’arte, quella da scriversi senza fretta nel gran libro che non teme l’usura del tempo.
Quelle più vicine alla suggestione del mito son nate quando Bartolini si è fatto poeta vagabondo, con il cane, il fucile e il carniere pesante dalle lastre di rame e zinco per incidere “sul vero”. E’ allora che ha saputo esprimere la sua forte natura di poeta dell’immagine in grado, grazie all’alchimia dell’acquaforte, di riattingere al sapore originario delle cose che tornano a confluire nella sua lastra da orizzonti non più raggiungibili. Bartolini non è prigioniero dei pregiudizi e degli schematismi del nostro tempo, e sa operare il miracolo della bellezza che si rinnova e sembra concludersi con lui.
La sua celeberrima Storia del Martin Pescatore, una lastra del 1935, nasce in una giornata dominata dal fato: il Bartolini cacciatore uccide la piccola spola vagante sulla palude per offrirla alla propria Musa. Nell’incisione i fatti sono narrati per episodi, appena accennati nel fondo, mentre la figura del volatile sacrificato viene ripetuta più volte fino a divenire un simulacro immerso in un ovale di mistero. Non è infrequente che i suoi soggetti assurgano a valore di simbolo, chi non ricorda il Mazzetto di viole con la scritta sullo sfondo dove sfruttando la banalità del soggetto si riscatta nella forza espressiva in grado di suggerirci antiche risonanze, come i versi di Alceo: « Saffo dal crin di viole». Sono simboli ma che nascono da una realtà naturale e contadina, così come le sue ninfe-lavandaie dalle gambe forti e dai seni prosperosi.
L’acquaforte è l’arte del segno che crea forme e spazi, luci e ombre, in un’atmosfera incantata. Lo stilo di Bartolini apre all’acido la cera della lastra, vibrando come la corda di un’arpa che accompagna il verso.. Tra l’incisore e la lastra sembra svolgersi ogni volta un’amorosa tenzone che sa di lotta e d’amplesso, ed egli, di volta in volta, assume l’impeto del capro infoiato o la tenerezza apollinea del tenero amante.
Ciò che non fa con lo stilo lo farà con la morsura nell’acido, perché egli possiede le virtù del vero artista indicate da Degas: temperamento, poesia e mestiere. Bartolini non si affida, non chiede aiuto a virtuosismi tecnici, ogni suo segno sulla lastra vive di vita autonoma che si organizza nell’economia del tutto. E’ un artista che viene da lontano per farci rivivere le immagini che incontra, passando dal mito alla storia, per arrivare ai nostri scialbi giorni. Incontra i fiumi e ne fa l’Apologia, si affaccia in un antro di pastori, I trogloditi, e ce ne da il disordine primitivo con un solo segno pregnante, vivido che profila e modella con tale sintesi da definirsi, con necessario ossimoro, di sobrietà barocca. Una mensola carica di oggetti da Toilette, nella parete di casa, ci fa sognare intimità zingaresche, di una fiaba tenuta appesa da due corde improvvisate. Non sono preziosità di segno, ma carne e sangue; non gli effetti composti e risolti con cura da una intellettualità sensibile, ma cose che emergono dal sogno per immergere noi nella commozione di un mondo dove mito e storia convivono.
Impossibile dare anche soltanto una pallida idea del sapore di queste acquaforti; sia l’attesa all’imbrunire di un corottiano Pescatore d’acqua dolce, o la sconfinata prospettiva di un Campo di grano che si perde verso un cielo che pochi segni rendono immenso e ruotante o quella coltura di croci e rami cintata da un muretto con su in alto una scritta come una leggenda (con?) la morte.
Qualche volta, dopo aver concluso gli agresti temi delle sue incisioni, Bartolini ne ingentilisce l’immagine con poche leggere velature di colore; è come se l’incisione già di per sé conclusa, acquistasse immediatamente il fascino del tempo che macchia la carta e l’arricchisce di storia.
Dopo il breve cammino nei misteri della poesia che si fa immagine attraverso le acquaforti, anche le parole di Bartolini, parole ammonitrici, si fanno chiare e inquietanti: « Voi non volete né dire né ascoltare la verità, relativa all’andamento delle arti ve la dico io; ed è che con le vostre invenzioni e scoperte avete massacrato lo spirito della pittura. Peccato, peccato, giacché la più cara agli uomini primitivi fu la pittura. Ed è stata l’arte consolatoria in una umanità dove ormai non si sa se l’esistere sia, più o meno una colpa».
(Pubblicato su “l'Indipendente” 28 agosto 1993 col titolo: “ Nemico di Satana e di Dio”- Luigi Bartolini, anarchico re della satira e della poesia in occasione dei 30 dalla morte del celebre acquafortista)
Inserito da piccolo da Chioggia il 08/12/2013 19:49:59
a Ghorio: se capita guarda sul net le incisioni e anche le litografie di Luigi Bartolini che io ho scoperto solo ora leggendo quest'articolo di sopra. alcune son davvero belle. quella di Merano sotto la neve mi appare assai suggestiva. e pure quella del laghetto di villa Borghese con il tempietto classico sullo sfondo. mi ricorda le carducciane "fonti del Clitumno"... gustosissime son poi le litografie con le brave donne del nostro popolo nelle assai prosaiche faccende ordinarie: ad esempio quella con la casalinga che dà da bere ai fiori sul balcone. la posso immaginare riposarsi a curar i fiori e dedicarsi alle belle cose dopo che abbia preparato i piatti per il desinare o la cena estiva... il fatto che facciano appunto immaginare ovvero ricostruir la scena di sfondo è, credo un buon indice della forza di suggestione poetica del disegnatore. se no non ci si soffermerebbe e ci si accontenterebbe d'una piatta constatazione: quale quella che si ha quando si vedono le foto pubblicitarie...
Inserito da ghorio il 08/12/2013 16:06:51
Ho letto, con grande attenzione, questo articolo di Sigfrido Bartolini, in ricordo del 30 esimo anniversario della morte di Luigi Bartolini. Nelle mie letture da ragazzo rientrava anche il mitico settimanale "Il Borghese", agli inizi degli anni 60. Ricordo nelle pagina culturali gli scritti di Luigi Bartolini, di Orfeo Tamburi e altri nomi, anche se le mie attenzioni erano rivolte alla prima parte della rivista con le firme tra gli altri di Giuseppe Prezzolini, con la sua rubrica "Italia sott'occhio e America con il cannocchiale", tanto per citare una grande firma. Debbo dire, però, che pur non essendo appassionato di arte , leggevo gli scritti di Bartolini e mi paiceva lo stile, oltre che i contenuti. Condivido pertanto le considerazioni e i contenuti di questo ricordo, con un'Italia ingrata che si ricorda delle persone, a seconda l'appartenenza ideologica o politica. Rutto questo avviene nei vari anniversari. Se un giornalista, uno scrittore apparteneva all'area di sinistra, grande paginate o comunque articoli per rinnovare la memoria. Per quelli di destra niente di tutto questo: nemmeno nei giornali di area. Proprio nello scorso mese di novembre è caduto il trentennale della morte di Mario Tedeschi, direttore de "IL Borghese", dopo la morte di Leo Longanesi. Ebbene, non mi pare di aver letto, in nessuno dei quotidiani di quest'area, chiamiamola di centrodestra, un ricordo di Tedeschi. Eppure è stato un grande giornalista, coerente con le sue idee, con la direzione di un periodico che, negli annali italiani, era la contro risposta ai settimanali di sinistra dell'epoca, in una stagione sicuramento d'oro per i settimanali, prima della loro decadenza. Decadenza che, guarda caso, non esiste nella vicina Francia. Ma noi in Italia oramai ci siamo quasi specializzati nel gossip e d'intorni e le riviste e i periodici di approfondimenti non trovano spazio nell'area di centrodestra.
Inserito da piccolo da Chioggia il 07/12/2013 00:11:05
è un bravo scrittore Sigfrido Cosimo III padre della nostra cara Simonetta Maria Luisa. e sapeva dirti tante e belle cose senza far il Canapone grammatico. ora, ore della notte che volge i sentieri stellati, mi voglio guardare, se trovo sul net, delle belle immagini dei dipinti e delle acqueforti di questo tipaccio dal caratterino in rapida ebollizione. autoclave dello spirito... spero di vedere anche qualche ninfa lavandaia dai bei seni e fianchi. con tutte le troie che si vedon in giro abbigliate d'una moda costosa banale provinciale meschinamente affettata, sempre bello è incontrarsi con qualche popolana capace di sacrificio e semplicità . non ho la tempra del bellimbusto né tantomeno del seduttore. so solo un po' disegnare. da dilettante. nulla più. anche se, va detto, ho qualche inventiva. non sempre. non sono i tempi questi. primum (soprav)vivere deinde philosophare. sto compilando la lista della spesa di domani: supermercato ultraeconomico. c'è anche il biologico a prezzi non più siderali! mozzarelle tirolesi garantite da latte di mucche alimentate senza ogm, burro idem, passata di pomodoro, e buon pane di segale molto nutriente. vale la pena di approfittare non vi pare? buonanotte a tutti. bacione della stessa a tutte.
Inserito da piccolo da Chioggia il 07/12/2013 00:09:47
è un bravo scrittore Sigfrido Cosimo III padre della nostra cara Simonetta Maria Luisa. e sapeva dirti tante e belle cose senza far il Canapone grammatico. ora, ore della notte che volge i sentieri stellati, mi voglio guardare, se trovo sul net, delle belle immagini dei dipinti e delle acqueforti di questo tipaccio dal caratterino in rapida ebollizione. autoclave dello spirito... spero di vedere anche qualche ninfa lavandaia dai bei seni e fianchi. con tutte le troie che si vedon in giro abbigliate d'una moda costosa banale provinciale meschinamente affettata, sempre bello è incontrarsi con qualche popolana capace di sacrificio e semplicità. non ho la tempra del bellimbusto né tantomeno del seduttore. so solo un po' disegnare. da dilettante. nulla più. anche se, va detto, ho qualche inventiva. non sempre. non sono i tempi questi. primum (soprav)vivere deinde philosophare. sto compilando la lista della spesa di domani: supermercato ultraeconomico. c'è anche il biologico a prezzi non più siderali! mozzarelle tirolesi garantite da latte di mucche alimentate senza ogm, burro idem, passata di pomodoro, e buon pane di segale molto nutriente. vale la pena di approfittare non vi pare? buonanotte a tutti. bacione della stessa a tutte.
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