Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Ieri a Kiev oltre 500 mila persone hanno presidiato piazza Maidan, diventata ormai il luogo simbolo della protesta ucraina filo Unione Europea. Tutto è cominciato col rifiuto del governo di Kiev di firmare e trattare un accordo bilaterale con l'Unione senza la “consulenza” di Mosca.
Un cordone ombelicale che unisce Russia e Ucraina, dunque, che i gerarchi ucraini sono restii a recidere ma che gli insorti vogliono assolutamente strappare per riprendersi il proprio paese e renderlo autonomo a tutti gli effetti, senza ingerenze che ricordano fin troppo l'Unione Sovietica. Il gesto forte è stato quello di ieri, quando alcuni manifestanti hanno abbattuto e decapitato la statua di Lenin, segno di una volontà ferrea di cambiamento e di contestualizzazione in un secolo, il XXI, che ha bisogno di nuovi movimenti e ideologie politiche che guardino avanti invece di ripercorrere le orme a ritroso, ma soprattutto esprima la volontà di defilarsi dalla zona di influenza Russa e di chiudere con un passato tenebroso.
Il governo ucraino è subito corso ai ripari, schierando nella piazza e nelle vie del centro di Kiev squadre di agenti in tenuta anti-sommossa e dando il via a un'inchiesta che coinvolge i servizi segreti per scoprire presunte attività sovversive dietro all'abbattimento della statua del leader sovietico. La portata del gesto è enorme e segnerà sicuramente il futuro dell'Ucraina. Perché è importante interessarsi a questa vicenda?
La questione fondamentale è che l'Ucraina è uno dei maggiori esportatori di gas naturale del mondo, nonché uno dei maggiori fornitori dell'Europa e averlo all'interno dell'Unione avrebbe importantissimi risvolti economici per quel che concerne il settore dell'energia. La Russia non è certo contenta di questo, avendo avuto fin'ora il monopolio del gas assieme all' “amica” Ucraina, con la connivenza dell'oligarchia filo russa, la quale non fa un passo senza il nulla osta di Mosca, a questo proposito è eloquente il caso Tymoshenko.
La ex Primo Ministro è stata accusata e condannata per aver stipulato un accordo con la Russia sulla fornitura di gas, senza l'assenso del governo (che tradotto significa aver tentato di sottrarre il monopolio dell'energia agli oligarchi russi del gas), quindi è stata incarcerata, subendo sevizie e violenze da parte dei secondini.
Julija Tymoshenko, la “Giovanna d'Arco” della Rivoluzione Arancione del 2004, adesso è una delle voci più autorevoli della protesta che sta bloccando i palazzi del potere di Kiev al grido “Dimissioni! Dimiossioni” all'indirizzo del Presidente filo russo Yanukovich. Scambiare la Russia con l'Unione Europea, questa è in sostanza la volontà dei manifestanti, ma sanno veramente a cosa andrà in contro la loro nazione se dovesse entrare a far parte dell'Unione Europea, di questa Unione Europea?
Certo non sarebbe come essere sotto l'egida russa ma forse questi speranzosi rivoluzionari non hanno ben chiaro cosa sia l'Europa oggi, o cosa non sia. Non è una forte entità politica governata da organi democratici, ma un mastodontico apparato burocratico retto principalmente da banchieri che fanno il bello e il cattivo tempo e, cosa più importante, eletti da nessuno. L'Europa per la quale si battono, dunque, non è un'espressione politica ma economica che non ha l'intenzione, a breve, di cambiare impostazione.
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