Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
’attenzione, del tutto particolare, rivolta da Papa Francesco ai cosiddetti “forconi”, presenti, con uno striscione in Piazza San Pietro, va “letta” anche alla luce degli orientamenti dottrinari dell’attuale pontificato, recentemente ribaditi nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, laddove Papa Bergoglio fa riferimento al sogno di una Chiesa dalle porte aperte, povera per i poveri; alla visione positiva della realtà; all’ invito a guardare avanti e a fare della croce e risurrezione di Cristo “il vessillo della vittoria”.
L’avere citato e “benedetto” lo striscione con la scritta “I poveri non possono aspettare” va perciò visto nell’ambito di un “contesto” più ampio ed articolato, che è proprio della dottrina sociale della Chiesa, coniugando insieme elementi di “denuncia” e di proposta, come emerge dall’esortazione apostolica.
Papa Francesco non è tenero nei confronti di quella che definisce “economia dell’esclusione e della inequità”, un’economia che uccide nel nome delle legge del più forte, dove “il potente mangia il più debole” e dove ad emergere è una vera e propria cultura dello “scarto”, “cultura” nuova – nota il Santo Padre - che va perfino oltre il fenomeno dello sfruttamento tradizionale, favorendo l’esclusione e mettendo in discussione la stessa appartenenza alla società in cui si vive, “…dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono ‘sfruttati’ ma rifiuti, ‘avanzi’”.
E’ la nuova tirannia invisibile del mercato divinizzato, dove a regnare sono la speculazione finanziaria, la corruzione ramificata, l’evasione fiscale egoista e dove
le scelte economiche sono presentate come “rimedi” e invece sono “un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando nuovi esclusi”.
Forte del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, citato espressamente, Papa Francesco pone una serie di questioni di fondo che vanno sottolineate:
- La visione della solidarietà quale “reazione spontanea di chi riconosce la funzione sociale della proprietà”.
- La necessità di risolvere le “cause strutturali della povertà”, a cominciare da quelle provocate dall’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria.
- Il rifiuto della “mano invisibile del mercato”, in funzione di una “crescita in equità” che, oltre la pura e semplice crescita economica, sviluppi “decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro,a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo”.
E’ in questo ambito che viene vista la “pace sociale”, la quale non può essere intesa – dice la Chiesa – come semplice assenza di violenza, ma quale base su cui avviare processi sociali di lungo periodo, in grado di “costruire” un popolo e la “pienezza dell’esistenza umana”, a fronte del superamento di ogni congiuntura conflittuale, che – scrive Papa Francesco – porta a perdere “il senso dell’unità profonda della realtà”.
Sul “che fare ?” – come già ricordato – l’ esortazione apostolica “Evangelii gaudium” fa riferimento al Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, dove temi cruciali sono la sussidiarietà, la partecipazione, la solidarietà così come emerge dalle encicliche in materia.
E qui vale la pena ricordare – dal nostro punto di vista – non solo il fondamento della Dottrina sociale, l’enciclica “Rerum novarum” (1891) di Leone XIII, quanto anche la “Quadragesimo anno” (1931), emanata da Pio XI in occasione del 40° della prima, dove viene riconosciuto il valore degli orientamenti corporativi, sottolineandone i vantaggi: “…la collaborazione delle classi, la repressione delle organizzazioni e dei conati socialisti, l’azione moderatrice di una speciale Magistratura”. In piena continuità con questa tradizione, è la “Centesimus annus” (1991) di Giovanni Paolo II, enciclica – si può dire – del tempo postcomunista, che già prefigura i cambiamenti e le crisi seguenti, invitando i credenti a mettersi in gioco.
Con Bergoglio la consapevolezza della crisi è all’apice. Ed ugualmente alta la domanda di cambiamenti radicali e sostanziali.
Ed allora se è vero - come scrive Papa Francesco – che “né il Papa né la Chiesa posseggono il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale o della proposta di soluzioni per i problemi contemporanei”, è ugualmente vero che da quella Dottrina possono venire utili indicazioni per l’interpretazione della realtà sociale e per l’individuazione di soluzioni adeguate. Basta imparare a leggerla, trasformandola in azioni ed in proposte concrete.
Inserito da piccolo da Chioggia il 24/12/2013 13:29:19
ottimo e profondo articolo del nostro Canapone MBS. ecco alcune domande in margine: dove mai fu applicata integralmente tale dotrina sociale? ardua risposta credo. forse al tempo di Dolfuss? o in qualche posto del Sud America? ma ahi! credo si tratti di eccezioni. ho letto ciò che scrissero i pensatori cattolici di rango dopo il disastro della Comune di Parigi e c'è da restarne allibiti. i Liturghi promuovono la dottrina da una parte ma da altre parti sembra vogliano sabotare. e appoggiano per doni certi elementi impregnati del più carezzevole darwinismo sociale. vai a capire... è la Vigilia: attendo di uscire a vedermi i negozi addobbati, le troie tanto più prostitute quanto più in ghingheri, i loro accompagnatori già cornuti al corteggiamento etc. ma invito tutti ad essere indulgenti. credo vi sia una verità filosofica da proclamare: che anche l'ultima delle puttane quando fu bambina nacque vergine. quasi da non credere ma è così. non è poco in fondo.
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