Editoriale

Dopo la vergogna del caso Electrolux, lo Stato torni ad investire nel lavoro

Ha ragione Brunetta, al diavolo il 3% imposto dalla Ue, meglio pagare il lavoro piuttosto che dissanguarsi negli ammortizzatori sociali

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

entre si continua a chiacchierare (sì proprio chiacchierare, non discutere, e neppure ragionare) sulla legge elettorale, sulle preferenze, sui collegi piccoli o minuscoli, con le donne o meno, insomma, mentre ci si accapiglia su un tema che appassiona gli italiani quanto la critica della ragion pura appassiona una tartaruga in letargo, un’azienda svedese l’Elettrolux che ha stabilimenti in varie parti d'Italia (aperti naturalmente sfruttando incentivi vari, cioè soldi che sono usciti dalle nostre tasche) pone un aut aut: o gli operai accettano di dimezzarsi lo stipendio, o vanno a casa!

In genere e in altre situazioni una proposta (sì l'hanno chiamata proposta) del genere si definirebbe odioso ricatto sulla pelle di chi non ha scelta perchè in Italia un operaio, ma non solo, che perde il lavoro è sicuro di non ritrovarlo. Se è giovane ha una speranza in più perché costa meno (ormai la professionalità è un peso che nessuno vuole) e perché ha più anni lavorativi davanti a sé per ritrovare un impiego retribuito. Se ha passato i 45 è un uomo finito e disperato, senza speranza, senza futuro, senza pensione. Il più delle volte ha anche una famiglia da mantenere.

Quelli della Elettrolux, per non licenziare tutti, vogliono portare gli stipendi degli operai da 1400 euro, a 700, 800 nei casi più fortunati. In Polonia, dicono, gli operai li paghiamo così quindi o l'Italia si adegua o noi ce ne andiamo.

Certo, è la meravigliosa legge del mercato, e chi se ne frega se migliaia di famiglie rimangono senza mangiare, e chi se ne frega se quelle stesse famiglie in questo paese non avranno alternative.

Già, e chi se ne frega anche se in Polonia la vita costa la metà rispetto a noi.

Ecco fatto, le nostre aziende se ne vanno dall'Italia e portano la produzione in Polonia o in paesi dell'oriente, le aziende straniere se ne vanno o fanno proposte indecenti e offensive, umilianti, degne di un ottocento dove il lavoratore non aveva alternative e si trovava in una condizione di semischiavitù.

È indispensabile fare qualcosa, fare le riforme, quelle vere. Non si può scegliere fra la povertà della classe media e mediobassa sotto il limite della sopravvivenza e le regole del mercato, e non si può neppure pensare che lo Stato si faccia carico di tutti gli ammortizzatori sociali del caso.

Ha ragione Brunetta, al diavolo lacci e lacciuoli dell'Europa e del del suo 3%, lo Stato torni a investire nel lavoro, invece di dissanguarsi nell'erogazione degli ammortizzatori sociali che sono improduttitivi e mortificanti, finanzi i lavori di pubblica utilità, ne abbiamo bisogno in ogni campo: dalla cultura alle strade, dagli ospedali all'archeologia (vedi Pompei).

Certo, questo non significa tornare a fare la mucchina erogatrice di posti/consenso=voti a fondo perduto. Si tratta di cominciare ad amministrare lo Stato come una azienda che deve funzionare dove si premiano i migliori e si allontanano i peggiori. Dove il profitto è importante, ma si accompagna con la qualità, con l 'etica, e con quel tanto di pragmatismo che consenta al meccanismo di funzionare senza però snaturarne le caratteristiche.

Fate questa legge elettorale, in silenzio e velocemente, abbiate un po' di pudore nei confronti dei tanti, troppi, italiani che non ce la fanno a fare la spesa per mettere a tavola la famiglia, e poi dedicatevi alle cose serie, quelle dalle quali dipende la sopravvivenza immediata di questo paese e dei suoi infelici cittadini.

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