Editoriale

Museo Pecci: no a Sgarbi, non garantisce la presenza costante in ufficio

Il comitato di esperti del museo pratese scarta il critico perché non farebbe orario d'uffico, in realtà non vogliono chi è culturalmente distante dalla pseudo arte contemporanea

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

a vicenda dell’istallazione abusiva al Circo Massimo di Roma, di cui nessuno si era accorto, fa riflettere sulla cosiddetta arte contemporanea. È naturale che nessun cittadino abbia denunciato la violazione del sito storico. Perché il povero cittadino avrebbe dovuto pensare che l’istallazione non fosse autorizzata, visto che si autorizzano e si pagano profumatamente innumerevoli “modernità”  più o meno stravaganti, inutili (per non dire brutte e insignificanti), artisticamente inesistenti, autorizzate solo da un concettualismo di maniera che alla sinistra (ma anche la destra non scherza quanto a insignificanza estetica) piace tanto?

Proprio questa estetica dell’istallazione insignificante pseudo-artistica che caratterizza un malinteso senso della contemporaneità ha contraddistinto fin dal suo nascere il museo Pecci di Prato. Una costosa e inutile istituzione pagata da imprenditori dei cenci della cittadina toscana e poi passata in carico dalla comunità.

Il museo Pecci fin dalla sua nascita ha promosso la soidisant arte che autorizza (a ragione) anche l’istallatore abusivo di Roma a ritenere la sua opera degna del Circo Massimo, seppure al netto delle autorizzazioni, che certo non sarebbero mancate se a richiederle fosse stato uno dei performer laureati da una cultura che riconosce artisti coloro che hanno la fortuna o la furbizia di saper entrare nel giusto circuito. Tutto al netto dell’effettivo valore estetico.

Il museo Pecci negli anni d’oro dell’arte contemporanea iper-pagata e totalmente inutile, ma di gran moda, ha conosciuto una più che discreta fortuna di fama e di pubblico attirato nei suoi spazi dalla grancassa che di solito precede un evento di “arte contemporanea”, dalla presenza di vip che solitamente non capiscono niente di arte (ma non è loro richiesto), e da mondanità varia di intellettuali à la page che hanno fatto da cassa di risonanza alla insignificanza artistica.

Per anni è andata così, nell’Italia ricca e superficiale, intelletualoide e ignorante, presuntuosa e arrogante. Va ancora così, con la differenza che ora quell’Italia non ha più soldi, e le costose istallazioni di artisti contemporanei non attirano più il grande pubblico che comincia a pensare alle cose serie, e se deve spendere soldi cerca di farlo per qualcosa che non sia il trionfo dell’effimero.

Così il museo Pecci negli ultimi anni ha perso lo smalto che lo aveva lanciato nell’iperuranio della contemporaneità.

Per rilanciare l’istituzione pratese così ecco l’ipotesi Sgarbi, appoggiata dal sindaco della città Cenni.

Sgarbi è da sempre nemico della contemporaneità insignificante, è un personaggio che fa discutere nel bene e nel male, quindi un buon richiamo per rilanciare il museo, è sicuramente un esperto.

Ovviamente il pool scientifico che deve vagliare le candidature alla direzione del museo lo ha scartato adducendo, fra l’altro, che Sgarbi non garantisce la presenza costante al museo!

Roba da non credere, il giudizio di valore di un direttore passa dall’ipotesi che non faccia orario d’ufficio!

Non sappiamo se il sindaco Cenni sarà in grado di imporre il critico nel posto che gli sarebbe naturale, propendiamo per il no, non permetteranno mai a chi ha una estetica contraria all’insignificanza di certa contemporaneità di occupare quel ruolo.

E allora ha ragione l’istallatore abusivo che ha, suo malgrado compiuto una beffa denuncia straordinaria, per quanto purtroppo inutile.

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