Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Michelle Obama
Il discorso di Michelle Obama alla Convention Democratica del settembre 2012 ha dimostrato un’eccellente preparazione in comunicazione verbale (parole), paraverbale (tono, volume, pause...) e non verbale (postura, gesti...).
Ha usato sapientemente le variazioni di tono in modo da porre l’accento sulle parole chiave, ha gestito magistralmente le pause di rito e non ha mai mostrato compiacimento per gli applausi. Michelle costruisce una narrazione in cui lei e suo marito Barack riflettono il sogno americano tra il duro lavoro, il merito, i valori della famiglia, diventando così protagonisti del sogno americano.
Entrambi provengono da famiglie povere ma di solidi principi, che li hanno proiettati verso il conseguimento degli obiettivi più ambiziosi. Ciononostante - sempre rimanendo fedeli alla narrazione di Michelle, il successo non li ha cambiati: “[...] per me Barack è sempre il ragazzo che mi veniva a prendere con un’automobile così malandata che io vedevo letteralmente il marciapiede che ci sfilava a fianco attraverso un buco della portiera”.
Sebbene il racconto di Michelle sia pregno di sacrifici, povertà, debiti e addirittura malattie, non risulta minimamente triste, perché l’accento è tutto rivolto alle lezioni che lei e Barack hanno imparato dalle rispettive famiglie: “Abbiamo imparato cosa fossero la dignità e il decoro - che lavorare sodo conta più di quanto guadagni; che aiutare gli altri non serve soltanto a farsi una posizione. Abbiamo imparato che cosa fossero l’onestà e l’integrità - che la verità conta; che non devi prendere scorciatoie o giocare seguendo le tue regole, e che il successo non conta se non lo conquisti onestamente. Abbiamo imparato cosa fossero la gratitudine e l’umiltà - che moltissime persone avevano contribuito al nostro successo, dagli insegnanti che ci hanno ispirato ai bidelli che tenevano pulita la scuola. Ci hanno insegnato ad apprezzare il contributo di tutti e trattare chiunque con rispetto: questi sono i valori che Barack e io - come la maggior parte di voi - stiamo cercando di trasmettere alle nostre figlie. Questo è ciò che siamo. E quando mi sono trovata davanti a voi quattro anni fa, sapevo che per me era importante che nulla di tutto questo cambiasse, se Barack fosse diventato presidente. Bene, oggi, dopo tutte le sfide e i trionfi e i momenti che hanno messo alla prova mio marito in modi che mai avrei saputo immaginare, ho potuto vedere con i miei occhi che essere presidente non cambia chi sei - lo rivela”.
In questo scorcio veloce Michelle parla di:
- valori che condivide con suo marito: “dignità [...] decoro [...] onestà [...] integrità [...] gratitudine [...] umiltà [...] apprezzare il contributo di tutti e trattare tutti con rispetto”;
- volontà di trasmetterli alle figlie: “questi sono i valori che Barack e io - come la maggior parte di voi - stiamo cercando di trasmettere alle nostre figlie”;
- identità familiare: “Questo è ciò che siamo”.
Michelle passa poi a spiegare l’importanza della “cena” come momento chiave della giornata che vede la famiglia riunita intorno al tavolo. Parla del marito come di un uomo che ascolta pazientemente le sue figlie e risponde alle loro domande.
Poi - davanti a un pubblico intenerito dal racconto famigliare e perciò più vulnerabile (vale a dire meno critico) rispetto al messaggio che segue - passa ai capisaldi del programma elettorale. Della riforma della previdenza sociale spiega: “A lui non importava se fosse o meno la cosa più facile da fare da un punto di vista politico - non è così che è stato cresciuto - a lui importava che fosse la cosa giusta da fare”.
Infine, la stoccata finale: “Dico tutto questo, stasera, non solo come First lady, e non solo come moglie. Vedete, alla fine dei conti il mio titolo più importante è ancora quello della ‘mom-in-chief’ [mamma in capo]”.
Lo sfidante Mitt Romney voleva puntare la sua campagna sulla famiglia, ma è stato battuto sullo stesso terreno da Michelle Obama, determinante per la vittoria di suo marito[1].
[1]I. Pivetti, A. Roberti, Dal celodurismo a Yes we can passando per il vaffa... e la rottamazione. Le parole della politica e l’intelligenza linguistica, Prefazione di Clemente Mimun e postfazione di Alessio Vinci, Alessio Roberti Editore, Urgnano, 2012, pp. 46-52.
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