Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Loro si fermano e noi subiamo gli aumenti del governo e quelli dei tassisti
“Crumiro è il termine con cui oggi si indica - con accezione tendenzialmente negativa - un lavoratore che non aderisce allo sciopero e continua la sua attività lavorativa, indipendentemente da quanto concordato nei sindacati che difendono i diritti dei lavoratori”. Riprendo la definizione da Wikipedia soltanto per comodità, ma è quella che trovate anche nei vocabolari. La leggo e la rileggo perché quei tassisti che ieri, oggi e domani hanno deciso di lavorare, tanto a Roma quanto a Milano, Napoli e Torino, Bologna, non sono dei crumiri, ma degli eroi.
E quei colleghi che scioperano non sono scioperanti, ma vandali, teppisti che non meritano affatto l’umana comprensione, ma la riprovazione sociale, oltre che morale. Come tutti, e come tutte le categorie, si può dissentire da un provvedimento, da una scelta del governo, dall’idea che alberga in chi gestisce la cosa pubblica. Ma qui siamo oltre. I tassisti di Napoli, Roma, Torino, Bologna, che stanno bloccando le città non hanno fatto nessuna controproposta al governo, sostengono soltanto il no alle liberalizzazioni. Ed è un no teso a mantenere l’attuale Status quo, fatto di licenze vendute a centinaia di migliaia di euro, una sorta di mafia che tutti conoscono ma che nessuno combatte.
Le licenze sono di proprietà delle amministrazioni e vengono date ai conducenti quasi gratuitamente. Questi, nel corso degli anni, essendo un numero chiuso le hanno trasformate in una sorta di polizza personale, grazie alla iniqua vendita a fine carriera di quel che èra stato emesso gratuitamente, in questo modo i tassisti si fanno in una rendita vitalizia a spese dello Stato (cioè nostra) che oggi, giustamente, vuole ristabilire l’ordine dei fattori.
E allora in questo caso tassisti violenti che inveiscono contro i tassisti onesti che sono regolarmente al lavoro, automaticamente, diventano dei fuorilegge. E chi parla di precettazione, fa bene, ha pienamente ragione.
Certo, non sarà la liberalizzazione delle licenze a risollevare le sorti del Paese, ma è pur vero che questo giro vizioso fatto di piccoli titolari d’impresa - perché questo è un tassista, uno che svolge un servizio pubblico con le regole del privato, nel senso che comanda lui e non il governo o l’amministrazione comunale di competenza - deve essere spezzato.
Lo stesso ragionamento vale per i farmacisti, commercianti, ordini professionali e via di questo passo. Togliere lacci e laccioli ad un sistema economico ingessato da decenni non è solo necessario, ma doveroso, se davvero vogliamo crescere e smetterla di soffrire di nanismo al cospetto del gigantismo europeo in materia di mercato del lavoro ed economia di mercato. Anche in alcuni Paesi dell’est, ormai, le liberalizzazioni sono arrivate. Solo qui le lobby riescono a tenere in ostaggio un Paese.
Girare per Roma districandosi fra i blocchi del traffico e i parcheggi vuoti, registrare la rabbia di utenti e turisti, fa male, a noi e al Paese. Vedere in tv le immagini dei passeggeri in arrivo agli aeroporti di Fiumicino e Ciampino che non trovano un taxi è roba da terzo mondo, senza offesa per i Paesi africani. Alla stazione Termini, poi, il parcheggio è rimasto deserto e le rare auto bianche che circolano caricano solo malati e anziani.
Senza slogan, ma con striscioni o bandiere, invece circa duecento tassisti hanno tenuto un presidio in piazza Colonna, davanti alla galleria Sordi e soprattutto, di fronte a palazzo Chigi, sede del governo. «Siamo operai e ci rubano il lavoro» hanno urlato, accusando il governo di prendersela sempre «con le fasce deboli» di questo paese. Un’altro alzava un cartello verso la sede del governo con la scritta «Mario Monti... Scialla!».
La risposta è arrivata dai social network, dove dilagano gli interventi degli utenti arrabbiati per il disservizio. Ma arrabbiati sul serio e pronti a boicottare i tassisti, il giorno in cui torneranno al lavoro. Difficile dargli torto: ma andate a lavorare….
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