Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Fino al 5 giugno le sale del Chiostro del Bramante ospitano i bellissimi dipinti di epoca vittoriana di pittori inglesi devoti al mito del bello e dell’antico. Tutte le opere in mostra provengono dalla ricca collezione di Juan Antonio Pérez Simón.
Nel 1874 Emile Zola, visitando l’annuale Salon parigino, notò con interesse che l’attenzione dei visitatori era catalizzata dalle opere del giovane pittore Lawrence Alma Tadema, di origini olandesi, naturalizzato britannico l’anno precedente. I suoi soggetti, definiti bizzarri, caratterizzati dai richiami archeologici e dall’atmosfera romantica, contrastavano fortemente con le opere dei primi impressionisti che dilagavano proprio in quegli anni a Parigi. E infatti la potenza innovativa del movimento impressionista mise in ombra, agli occhi della critica del tempo e in parte della storiografia successiva, la corrente culturale e pittorica affermatasi in pieno Ottocento in Inghilterra, cui Alma Tadema aderiva, e che suggeriva un ritorno ai valori antichi, alla spiritualità di un tempo perduto e alla ricerca del bello come pratica di accrescimento interiore.
La mostra, attualmente allestita al Chiostro del Bramante a Roma, offre una bella selezione di questi dipinti, in cui è forte il richiamo ad un’età antica considerata felice, rappresentata da storie bibliche, miti, leggende cavalleresche, eroi della letteratura, raffigurati attraverso una ricercata perfezione formale e un utilizzo del colore luminosissimo e brillante.
Proveniente da Parigi e in seguito destinata agli spazi del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, l’esposizione è curata da Véronique Gerard Powell, docente onorario presso l’Università Paris-Sorbonne, e attinge alla fenomenale raccolta del messicano Juan Antonio Pérez Simón. Il raffinato collezionista negli anni ha messo insieme un omogeneo nucleo di opere dei maggiori esponenti di questa fantasiosa corrente pittorica inglese che si apre alla metà del XIX secolo con l’esperienza del gruppo dei preraffaelliti – Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), John Everett Millais (1829-1896), William Holman Hunt (1827-1910) – per poi evolvere nelle successive generazioni di artisti fino ai primi anni del XX secolo.
I Preraffaelliti
Artisticamente la ricerca del bello formale secondo i Preraffaelliti guardava, come dice il termine stesso che li identifica, all’espressione pittorica precedente a Raffaello, a quegli artisti considerati puri, scevri dall’impostazione rinascimentale dedita alla grandiosità di forme spesso vuote di significato. Il compito dell’arte, secondo John Ruskin (1819-1900) scrittore e critico vicino al sodalizio di Hunt, Millais e Rossetti, consiste nel diffondere il patrimonio spirituale e religioso della società. Per tal motivo il mondo vagheggiato nei dipinti dei preraffaelliti era quello medievale, fatto di miti e leggende, in cui natura e cultura ancora potevano compenetrarsi.
La società inglese, all’epoca dell’ascesa al trono della giovane regina Vittoria nel 1837, stava subendo radicali cambiamenti: nonostante la stabilità economica del regno, si concretizzarono profonde divaricazioni sociali, dovute ai mutamenti culturali e legislativi; le novità nel campo del commercio, dovute alla seconda rivoluzione industriale crearono poi ulteriori divari tra gli strati più ricchi e quelli poveri della società. La confraternita preraffaellita tentò di combattere la decadenza percepita nei costumi vittoriani con un’arte nobilitante che ponesse in primo piano i principi morali, quali moniti verso una più consapevole cultura pubblica.
Dante Gabriel Rossetti scriveva in un aforisma «il più nobile dei quadri è una poesia dipinta», sottolineando l’importanza nella sua concezione pittorica dell’interazione tra arti figurative e letteratura. Ogni opera dei preraffaelliti in effetti non sembra poter prescindere da un preciso contesto letterario, o comunque da una fonte: questa pittura è espressione della cultura nel senso più sofisticato del termine, essendo la produzione letteraria una guida fondamentale nel percorso di conoscenza e conservazione della memoria dell’intera umanità. La confraternita preraffaellita traeva infatti la propria ispirazione dai testi biblici, dalle opere di William Shakespeare, dalle poesie “gotiche” del romantico John Keats (1795-1821) edite nuovamente nel 1848, anno di fondazione del sodalizio artistico. Fu un fondamentale riferimento culturale anche l’opera letteraria di Walter Scott (1771-1832), così come il primo romanzo arturiano La morte di re Artù (1485) di Thomas Malory (1405/16-1471) e la poesia di Alfred Tennyson (1809-1892), che fu l’autore del poemaLancillotto e Ginevra (1842).
Il Movimento Estetico
Nella seconda metà del XIX secolo queste premesse furono sviluppate da artisti del classicismo vittoriano, che si identificarono con quello che fu definito un “Movimento Estetico”, un fenomeno culturale che trovò la propria ragion d’essere nel culto del bello. Tra loro ricordiamo Frederich Leighton (1830-1896), Edward Coley Burne-Jones (1833-1898), Albert Joseph Moore (1841-1893), John Melhuish Strudwick (1849-1937) e anche gli artisti stranieri residenti in Inghilterra, come Lawrence Alma Tadema (1836-1912), le cui opere sono presenti nella mostra al Chiostro del Bramante, in un allestimento che permette di calarsi in un’altra epoca e di giocare con la fantasia e i sensi (in alcune sale aleggia un persistente profumo di rose, in accordo con le opere esposte).
Se da un lato in Francia il movimento impressionista si apriva alle novità tecniche ed esplorava nuovi campi della conoscenza, in Inghilterra, alla Rivoluzione Industriale e alle lotte di classe, si continuava ad opporre un nostalgico sguardo alla cultura del passato, all’archeologia, alla storia, insieme ad una romantica lettura dei temi arturiani e cavallereschi, sulla scia dell’esperienza preraffaellita che si andava spegnendo dopo lo scioglimento della confraternita.
Nella pittura degli artisti della seconda metà del secolo, la cui poetica affermava la fede nella bellezza come principio assoluto, è possibile ritrovare vari elementi legati all’allegoria e al simbolismo, sempre elaborati in un contesto di vivida luce e forme delicate. I toni diventano più sontuosi e decorativi, rispetto alle opere dei preraffaelliti, e i sentimenti vengono cristallizzati nella perfezione delle composizioni. Le figure, perlopiù femminili, sono solitamente immerse in meravigliosi paesaggi naturalistici, oppure si stagliano contro cieli azzurri. Architetture aperte e balconate in pietra chiara, tessuti e gemme preziose, e numerosi ornamenti decorano ogni tela, rendendo ogni quadro un’esperienza di elevato gusto estetico.
In tali dipinti, il ritorno formale all’antico, anche quando ingloba motivi classicheggianti, non aderisce mai ai modi della cultura figurativa neoclassica, considerati troppo standardizzati e svuotati di verità. Nasce invece il gusto per la raffigurazione realistica dei materiali e dei volti (che molto spesso sono ritratti presi dal vivo), ma immersa in un mondo che riecheggia il passato, ossia in altri termini la tanto celebrata età dell’oro. Sogno e verità si mescolano perciò in queste pitture che sfiorano leggere l’elemento psicologico, senza mai lasciarsene travolgere: tutto è sotteso, elegante e profondamente interiorizzato.
Il rigore morale è presente nel solido equilibrio formale, nella cristallina evidenza delle cose, rappresentate in modo squisito solo per suscitare il senso del bello e un puro appagamento estetico nello sguardo di chi osserva.
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