Sulla piaggia del mare di Adria

Quelle architetture casuali più fascinose dell'opera delle cosiddette archistar

Strane capanne senza copertura, costruite di soli tronchi e bastoni di riporto ed elevate con ancora attaccati i monconi di rami che sembravano gesticolare nel cielo

di Piccolo da Chioggia

Quelle architetture casuali più fascinose dell'opera delle cosiddette archistar

Sigfrido Bartolini, olio

Lungo il litorale atestino, quando l’Adige getta le sue verdi acque e fredde nel celeste mare di Adria, avevo visto delle strane capanne senza copertura, costruite di soli tronchi e bastoni di riporto ed elevate con ancora attaccati i monconi di rami che sembravano gesticolare nel cielo. Erano costruite da bagnanti improvvisatisi architetti casuali su quella desolata piaggia. Su di essa, e parallele al litorale che va da mezzodì al settentrione ove, dietro i vapori si immaginano lontanissime le pietre bianche di Venezia, e più prossimi i mattoni rossi di Chioggia, scorrevano lente le traiettorie dei lari iperborei il cui piumaggio candido e grigio contrasta lievemente il celeste chiarissimo del cielo ed il blu della distesa d’acque. Si intravede sempre come una macchiolina impertinente il giallo vivo del becco. Le traiettorie assumono corposità quasi vibrante pur essendo delle linee invisibili nell’aria per i brevi gridi continuamente intermessi dai volatili. Quale disegno seguano, verso qual nido vadano non è dato di sapere in ragione di poche osservazioni. Pare che sulle acque la rotta preferita sia a settentrione, dunque verso Venezia, all’opposto se l’ombra della traiettoria si cala sulla pineta o sulla spiaggia.

Al sole che tramonta si proiettano sulla battigia le ombre dei pini marittimi che la separano all’occidente, erti su di una cresta di piatte dune, dalle lagune retrostanti. La sera che arriva dal mare non è satura di malinconia. L’oscurità infatti è subito palese negli strati del cielo che ad oriente si adagiano sulla piatta distesa delle acque e che diventano rapidissimi di un blu sempre più carico di grigio e di nero. Sugli strati d’aria appena sovrastanti qualche vena di rosa gettata dagli strali di luce del sole che scompare anticipa per una breve durata prima del buio completo la prossima delle tante aurore che devono ancora nascere, quella dell’indomani.

Graziose opere di architettura spontanea durante la luce del dì, coll’arrivo dell’oscurità e poi del buio queste strane capanne, spesso ridotte ai soli pinnacoli d’un tronco rimasto solo assumono sempre più la figura di spettri. Contorti, con un capo conficcato nella sabbia per restare eretti e le numerose braccia flesse ad angoli che si immaginerebbero dolorosi su di un corpo vivente, i pinnacoli sono tali solo di nome.

Non recano le punte bene sagomate a lancia dei pinnacoli del palazzo ducale di Venezia: sono acuti o piatti o scheggiati. Non era stata improvvisata alcuna cerca di bellezza nell’elevare queste capanne, solo la casualità più impensata unita alla massima praticità pare essere stata la coppia di leggi primarie per condurre ad un fine la costruzione delle capanne: ai pochi tronchi  conficcati nella sabbia che costituiscono l’ossatura portante si incastravano dove possibile e si legavano dei bastoni trasversali in guisa di travi correnti da un tronco all’altro. Sull’uso di queste carpenterie improvvisate non si può che fare la più semplice delle deduzioni: legati degli asciugamani ampi o dei lenzuoli ai capi dei vari pinnacoli era possibile ottenere qualche riparo dal sole cocente. Che con i suoi raggi spietati, soprattutto il mattino quando il disco infiammato che sorge dalla distesa delle acque usa queste come uno specchio ustorio raddoppiando l’irradiazione, rende i legni, i tronchi mozzi, i rami contorti, che sono lo scheletro senza tegumento delle capanne, bianchi come ossa calcinate.

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 16/03/2014 00:16:15

    a Simona un grazie sentito per l'incoraggiamento. devo scrivere ora che sono onorato di veder la cronaca di ciò che han visto i miei occhi su quella desolata spiaggia, che nulla ha di fascino nel senso usuale, accompagnata dall'immagine di un quadro di Sigfrido Bartolini. la poesia di quella piatta distesa di sabbie e acque che io ho intrasentito il pittore ha visto e figurato a contorni perfetti. è possibile che il quadro di Bartolini sia stato ispirato dalla magnifica Versilia dove, verso il Cinquale tutto si fa selvatico. la Versilia poi non è opposta e complementare in simmetria geografica al Polesine di Adria? se osservo il quadro proprio rivedo figurate le impressioni che ho tentato di precisare nella cronaca: il sole ombreggia verso il tramonto, alla destra il mare è l'Est ed è già sorta la luna. il cielo è scuro perchè si va verso sera mentre il mare è verde in via delle acque tendenti a temperature fredde. e i pali conficcati con il lenzuolo esemplificano i primi bastoni con i quali si elevano le capanne che ho descritto. è diffuso un velo di lume metafisico nel bellissimo quadro.

  • Inserito da SImona il 15/03/2014 11:59:16

    Caro Piccolo mi sto innamorando del tuo modo di scrivere, sei veramente unico

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