Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Renato Besana, «Libero», 15 marzo 2014
L'università italiana non le ha concesso l'abilitazione a professore associato perché è dichiaratamente di destra e - quale orrore - si permette di svolgere attività giornalistica, anche in tivù e persino su fogli impresentabili quali Libero: con queste motivazioni, benché espresse nella prosa elusiva del burocratese, Simonetta Bartolini si è vista bocciare al concorso nazionale per titoli cui ha partecipato.
Ai candidati, il ministero dell'istruzione chiedeva di compilare un formulario in cui elencare le attività svolte, allegando, in formato elettronico, dodici pubblicazioni fra quelle degli ultimi dieci anni. Simonetta Bartolini si è attenuta alle indicazioni, senza sospettare che stava fornendo ai suoi giudici il pretesto per escluderla. Da una decina d'anni è ricercatrice all'Unint, Università internazionale di Roma, dove insegna Letteratura italiana contemporanea e Letterature comparate.
Segretaria di redazione alla «Rassegna della letteratura italiana» dal '95 al '98, ha ricoperto incarichi in numerose istituzioni culturali, dirige la rivista on line «Totalità» e si è a lungo dedicata alla critica sulla carta stampata e dagli schermi tivù. Un ottimo curriculum, cui si aggiungono libri e articoli su riviste importanti, per esempio «Nuova storia contemporanea» di Francesco Perfetti. Titoli inutili, se non dannosi, per chi è stato chiamato a vagliarli.
Uno dei commissari, Mario Sechi - omonimo del più noto giornalista - non ha remore nel metterlo nero su bianco: «Come studiosa», scrive nel testo rintracciabile sul sito del Muir, «la candidata presenta un profilo marcatamente militante, orientato sulle tesi del revisionismo storiografico (sul fascismo e sulla Resistenza come guerra civile, e sulla stessa esperienza della Rsi), e impegnato in un tentativo di rivalutazione di autori rivendicati dalla destra politica come fondativi di una tradizione alternativa a quella "vincente" ed egemonicamente canonizzata: da Soffici a Barna Occhini, di cui ha pubblicato il carteggio, a Papini e Guareschi (che viene messo a confronto con primo Levi in un saggio del 2008), a Comisso nella sua formazione dannunziana, a un Pasolini proiettato sin dai suoi esordi in una prospettiva ultra-mistica e ultra-tradizionalista».
Gli autori esclusi dal Pantheon della sinistra - quali Papini, Soffici, Comisso - non hanno dunque diritto di cittadinanza: dedicare loro analisi critiche è superfluo. Sul fascismo siamo tornati a un'era antecedente a De Felice; rileggere Pasolini in chiave eterodossa è blasfemo; parole come mistica e tradizione costituiscono, di per sé, un marchio d'infamia. Alla Bartolini si rimprovera il «profilo militante», perché rivolto a destra; se la militanza si fosse orientata nella direzione opposta, avrebbe rappresentato un titolo di merito.
Non è finita: la monografia su Soffici, di cui la Bartolini è autrice, l'unica mai pubblicata, che conta 400 pagine fitte, è stata ritenuta «modesta». Beata ingenuità: nel testo, per ottenere plauso, sarebbe bastato aggiungere che il corrosivo scrittore presentava aspetti d'antifascismo inconsapevole, un po' come fece Bruno Zevi che, per salvare Giuseppe Terragni dalla damnatio memoriae, asserì che la sua opera era «oggettivamente» antifascista.
Tra i demeriti ascritti dalla commissione ministeriale all'imprudente studiosa, anche il fatto d'aver dedicato saggi e scritti al padre, il grande pittore e incisore Sigfrido Bartolini: pubblicazioni, si legge nello sprezzante giudizio, "che nascono dal contesto familiare", e dunque per questo irrilevanti. Da non credere, soprattutto in un'università, com'è la nostra, soggetta al più bieco familismo.
Ancor peggio l'attività giornalistica, di per sé spregevole, anche perché svolta fuori dalle testate gradite all'apparato cultural-mondano. Se gli articoli della Bartolini fossero apparsi su Repubblica, di sicuro nessuno avrebbe avuto da ridire.
Da notare che l'abilitazione a professore associato non garantisce alcun posto: chi l'ottiene, può soltanto sperare nella chiamata d'un ateneo. È tuttavia agghiacciante costatare come nel 2014 il pregiudizio ideologico ancora determini le sorti del nostro sistema educativo. Il criterio, da quarant'anni a questa parte, resta il medesimo: fuori i fascisti dall'università, come continuano a gridare i bravi ragazzi dei collettivi (e fascista, beninteso, è chiunque non s'inchina al politicamente corretto).
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«L’insegnante è di destra» e gli negano l’abilitazione
Luisa De Montis, «il Giornale.it», 15 marzo 2014
È l'ennesima prova che la scuola e l'università italiana sono appannaggio esclusivo della sinistra. Come spiegare altrimenti quello che è successo a Simonetta Bartolini? Come racconta Libero, l'università italiana non le ha concesso l'abilitazione a professore associato perché è dichiaratamente di destra. Lo ha scritto nero su bianco uno degli esaminatori del suo curriculum, tale Mario Sechi: "Come studiosa, la candidata presenta un profilo marcatamente militante, orientato sulle tesi del revisionismo storiografico (sul fascismo e sulla Resistenza come guerra civile, e sulla stessa esperienza della Rsi) e impegnato in un tentativo di rivalutazione di autori rivendicati dalla destra politica come fondativi di una tradizione alternativa a quella "vincente" ed egonomicamente canonizzata: da Soffici a Barna Occhini, di cui ha pubblicato il carteggio, a Papini e Guareschi". Per questi motivi, alla Bartolini è stata negata la possibilità di diventare professore associato.
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Per superare l’Abilitazione universitaria vietato studiare gli Autori di Destra.
Dino Messina, «Corriere della sera», 16 marzo 2014
Quanto conta il fattore ideologico nella valutazione del curriculum di un professore universitario? La risposta dovrebbe essere «zero», altrimenti si ritornerebbe all’incubo degli anni Settanta, quando in alcuni atenei e in alcune materie difficilmente riuscivi ad andare in cattedra se non professavi la fede nel «metodo marxista». Il pregiudizio ideologico nei concorsi universitari in realtà non è scomparso né è valsa ad eliminarlo la riforma Gelmini che ha istituito liste nazionali di abilitazioni.
Le cronache dei concorsi recenti parlano di candidati bocciati insoddisfatti, cosa del tutto normale. Ma anche di scandalo tra i colleghi a leggere certe motivazioni negative. A Simonetta Bartolini, biografa di Ardengo Soffici, come rilevava ieri Renato Besana su «Libero», è capitato di essere bocciata al concorso di abilitazione a professore associato perché, come si legge nella valutazione di uno dei commissari, Mario Sechi, omonimo del giornalista, «presenta un profilo marcatamente militante», essendosi occupata di «autori rivendicati dalla destra politica come fondativi di una tradizione alternativa a quella “vincente” ed egemonicamente canonizzata: da Soffici a Barna Occhini, di cui ha pubblicato il carteggio, a Papini e Guareschi...». Insomma, va bene tutto, ma guai a occuparsi di autori di destra.
Un po’ lo stesso criterio con cui è stata negata l’abilitazione a professore ordinario a uno studioso più noto, come Alessandro Campi, autore di saggi su Niccolò Machiavelli e Carl Schmitt, Giovanni Gentile e Gianfranco Miglio. Commentando i diciotto titoli presentati per ottenere l’abilitazione da ordinario in storia delle dottrine politiche, l’esaminatore Angelo d’Orsi ha commentato: «Buona parte di tali lavori affronta il fascismo e i movimenti politici reazionari. Suscita perplessità il carattere fortemente ideologico di tanta parte della sua produzione...». Un giudizio duro per uno storico affermato, non condiviso dalla comunità accademica. Tanto che un’autorità della sinistra come il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha invitato Campi nel comitato scientifico di Biennale democrazia che si svolge a Torino. I casi di valutazione ideologica sono diversi e sembra siano già partiti molti ricorsi.
Inserito da ghorio il 21/03/2014 10:06:19
Sulla vicenda della mancata abilitazione del direttore Simonetta Bartolini mi piace evidenziare la presa di posizione critica del " Corriere della Sera". Questa presa di posizione è evidenziata anche oggi nella pagina delle lettere con le risposte di Dino Messina e Pierluigi Battista al commissario Mario Sechi dell'Università di Bari, responsabile della immeritata bocciatura. Salto per carità di patria le argomentazione di quest'ultimo che scrive di suoi studi sul fascismo che hanno ricevuto i apprezzamenti di studiosi americani e europei ma è innegabile che costui, tra l'altro ordinario di letteratura italiana contemporanea, deve andare a ripassarsi le opere di Ardengo Soffici, Giovannino Guareschi e Giovanni Papini.In ultimo concludo che la stampa italica, con le eccezioni di alcune testate,i in generale e la classe politica ha perso un'occasione per prendere posizione su una discriminazione vera e propria. Se Simonetta Bartolini, fosse stata dell'area di centrosinistra, ci sarebbero state pagine e pagine, magari mettendo in atto un manifesto di solidarietà dai soliti intellettuali radical chic.
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