Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
In un futuro possibile, quando le vivande siano diventate nutrimento mentale, gustoso e lieve, non è improbabile l’avvento di riviste e giornali che possano fare a meno della diffusione sulle onde elettromagnetiche dell’internet perché diffuse per via telepatica. Un primissimo esempio di trasmissione per questa via si è avuto con lo scritto sul pesciolino d’aprile con il bel frammento poetico di Campana.
Nell’atto di trascrivere le parole che mi erano restate impresse di questo gioiello, la triade alto cielo spirituale, e si notino entro la triade le fini assonanze, avevo chiaro in mente l’abisso celeste dei bei dì d’aprile quando da Ponte Vecchio guardavo le colline a monte dell’Arno o quando dalle Cure levavo gli occhi alla collina di Fiesole. Ma non di sole impressioni individuali si nutre la nostra mente, essa si nutre anche delle suggestioni che si sono impresse nella mente altrui e son state trascritte in forma d’arte: di un volumone della biblioteca veneziana avevo scorso le pagine come mio uso senza leggere, e solo mirando le figure che in questo caso erano assai suggestive.
Schizzi dal viaggio in Italia. Firenze
Il viaggio in Italia di Le Corbusier con i suoi magistrali disegni, schizzi, scarabocchi tracciati in guisa di appunto visivo. Nel volumone a tutta pagina era ritratto un pastello del grande architetto francese che in pochi tratti piuttosto sbrigativi ritraeva il panorama fiorentino da Piazzale Michelangelo. Il Cupolone, il campanile di Giotto, la torre di Palazzo della Signoria erano i capisaldi che ritmavano verso l’alto lo scarabocchio. Indistinguibile la massa delle costruzioni ma adombrati ovunque con belle tracce rugginose i tetti. La carta del disegno ingiallita aveva voltato il colore del cielo, reso da tratti ben marcati dei pastelli, in un misto di arancio e violetto-celeste. In breve: di questo disegno, che tengo sempre presente nella memoria quando io stesso voglio scarabocchiare qualche fantasia architettonica, da puro dilettante quale sono, devo avere inviato immagine telepatica allegata allo scritto sul pesciolino d’aprile e puntuale la redazione ne ha adattato la visione allegando allo scritto una bella fotografia che si vede accompagnare l’articolo.
La vista è la medesima dello scarabocchio di Le Corbusier come pure i colori. Ne è la traduzione fotografica quasi perfetta. Fantastica e fine Totalità dunque.
Approfitto di queste linee per invitare il lettore che si diletta di bei colori e quadri astratti a scorrere sull’internet le immagini delle opere del Le Corbusier pittore. Dell’architetto tutti sappiamo qualche cosa. Il maestro svizzero e poi francese venne in Italia più volte. Addirittura cercò un aiuto nel Duce per poter tradurre in realtà le sue idee sull’urbanistica nuova.
I suoi scarabocchi della campagna romana, della piazza dei miracoli a Pisa, di piazza San Marco a Venezia sono sempre interessanti seppure veri e assoluti scarabocchi: con la sua arte consumata li faceva impaginare nei suoi libri composti alle linee della scrittura nel classico Garamond ed ecco che la pagina diveniva opera di armonia grafica charmantissima. I quadri sono dunque assai belle fantasie di colore, pare ne abbia dipinti oltre 100 e lui stesso si diceva anche pittore.
Da Chioggiotto posso dire che ammiro Le Corbusier ma sono pure felice che nelle sue tappe di viaggio si sia forse dimenticato di Chioggia. La piccola città adagiata sull’isola non credo avrebbe potuto albergare in armonia qualcuna delle avveniristiche costruzioni. Certo sono invece che un suo quadro astratto tradotto in stendardo di stoffa potrebbe benissimo sventolare multicolore da qualche nostro balcone. Allora la composizione effimera delle sue astrazioni con le vetuste architetture della città lagunare darebbe spettacolo gioioso. Lo stendardo con i suoi colori mossi dal vento si equilibra con la saldezza familiare e protettiva dei vecchi e nobili edifici.
Avevo in alcune occasioni richiesto a Totalità di sollecitare un poche di linee da parte dello storico Cardini e del filosofo Veneziani. I loro scritti se appaiono ogni tanto sulle nostre colonne sono esattamente come gli edifici di cui dico nel capoverso precedente: saldi, familiari, protettivi. E’ fatta anche così una rivista: le architetture salde rinnovano la possibilità di sventolare al gran pavese marinaro degli scrittori di linea. Ora, lo scritto in cui è centrale il colloquio con il filosofo Veneziani contiene numerosi spunti importanti ai quali non è possibile subito dare seguito appunto perché profondi e necessitano di riflessione e maturo consiglio. Scorro semplicemente alcuni di tali spunti: la questione dell’espressività della lingua, come condensare poeticamente la teoria filosofica, le trasposizioni dell’antica sententia in forme stilistiche modernissime.
Ma devo segnalare al lettore di Totalità l’impressione avuta nella lettura del colloquio quando la nostra scrittrice vede nella casa del filosofo aperto il volume con il Don Quixote: io sono in qualche modo lettore ma di più osservatore. E rammento la gioia che ho provato nel vedere i disegni del geniale reazionario e rivoluzionario Salvador Dalì che illustravano le peripezie dello sconsolato e spirituale eroe mancego. Il figurino, un pupazzetto che mi sono esercitato a ridisegnare con qualche bell’effetto, è filiforme e inquieto a cavallo d’un Bucefalo male in arnese come lui.
A lato il fedele e buon Sancho ritratto evidentemente con qualche linea che ne accentui il profilo ballonzolante e il povero ciuco come cavalcatura. Bastavano due vignette con le figurine e gli sfondi di panorama immenso, vero tocco di genio di Dalì, a farti capire la vocazione eroica e universale e interiore dell’immortale cavaliere. Il lettore di Totalità provi a scorrere sull’internet a veder se trova questi disegni che sono a volte dispersi sui libri. Ne trarrà vantaggio e diletto.
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