Editoriale

Magazzino18, anche il libro di Cristicchi scatena l'ottusità negazionista

Vi racconto perché leggere il libro, perché sono stato contestato e minacciato, perché in altre parole in Italia ancora in troppi non vogliono la verità

Ivan Buttignon

di Ivan Buttignon

l 7 aprile 2014, libreria Feltrinelli di Udine: presentazione del libro “Magazzino 18” di Simone Cristicchi. L’autore, introdotto da chi scrive, ha eseguito alcune letture dei brani illustrati nel libro. I primi sono stati quelli che parlano dei campi di concentramento di Rab – Arbe e di San Sabba, alla faccia della contestazione che ha accusato Cristicchi di “dare indicazioni di voto a destra dopo aver danneggiato l’immagine e la buona reputazione dei partigiani”. Detto a chi ha in tasca la tessera dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, stride (almeno) un po’.

Soprattutto perché “Magazzino 18” è un’opera super partes, che spesso e volentieri descrive le violenze nazifasciste commesse nella Venezia Giulia e le sofferenze patite da chi è stato frustrato, umiliato, torturato e ucciso da fascisti e nazisti. L'equilibrio descrittivo dell'autore domina l’opera, che è ben lungi dallo scadere nell’uso politico delle storie che narra. Il libro spiega ripetutamente che la violenza non ha colore politico e che a farne le spese è sempre la povera gente.

Povera gente come lo erano i miei nonni materni Lucia e Antonio, che nella loro città – Rovigno - subirono violente pressioni da parte degli emissari di Tito; che persero tutto per fuggire in Italia, costretti a ripartire da zero e a vivere nell’assoluta povertà. O come mia mamma, nata in Italia, che a 4 anni venne picchiata da un adulto perché “figlia di esuli”.

O ancora, come dall’altro ramo della famiglia lo era mio nonno paterno, partigiano “della prima ora”, tanto per distinguerlo da quelli dell’ultima, cui non sempre parlava bene, che perse la sorella sbranata dai cani delle SS, che perse il fratello a Mauthausen e che subì angherie in tempo di pace perché “comunista”.

È insomma un libro sull’esodo ma che non si ferma alle storie delle 350.000 persone “buttate fuori dalle terre che avevano abitato da secoli dopo aver riempito le valigie di cartone o i sacchi di tela con poche povere cose” (p. IX dell’introduzione di “Magazzino 18”) e che parla anche di altri drammi. Per esempio, come dicevamo, tragedie ambientate nel concentramento di San Sabba, in quello di Arbe, fino al campo di “rieducazione” di Goli Otok, dove finirono – e in molti casi creparono di stenti e di torture - tanti comunisti non titoisti dopo lo scisma Stalin – Tito del ‘48. E poi, gli infoibamenti, che scatenano le critiche, le condanne, gli anatemi.

Ho letto le proteste di Alessandra Kersevan, presente e molto attenta alla presentazione, che ha pure ragione quando lamenta che il termine “foiba” prevalga ingiustamente quando si parla di occupazione jugoslava delle terre che precedentemente si trovavano sotto la sovranità italiana. Non c’erano infatti solo le foibe ma anche le cave di bauxite e gli altri metodi di occultamento dei cadaveri, diversi dall’infoibamento.

Quello che voglio dire è che sono perfettamente d’accordo se usiamo il termine eccidio anziché foiba o infoibamenti quando parliamo dell’occupazione della Venezia Giulia da parte dell’Esercito di Liberazione (alla faccia della liberazione…) di Tito.

Un momento della presentazione del libro di Cristicchi con il nostro Ivan Buttignon

William Klinger, storico eccellente il cui cuore batte a sinistra e non solo in senso biologico (come al sottoscritto), nel suo libro Il terrore del popolo: storia dell’OZNA, la polizia politica di Tito raccoglie in modo minuzioso e ordinato i documenti dell’OZNA (Dipartimento per la Sicurezza del Popolo) che parlano chiaramente di esecuzioni sistematiche stabilite razionalmente a tavolino ai fini della costruzione di una federazione di nazioni (nel senso nazionalista più deteriore). Un taylorismo del sangue che i negazionisti ignorano, o meglio nascondono.

Sono il primo a puntare il dito contro quella destra che ha gonfiato i numeri, scadendo in uso politico della storia e fornendo, in questo modo, schiette indicazioni di voto suggerendo che “la sinistra è cattiva e quindi vota a destra”. Ma controbattere a colpi di negazionismo di fatti, vicende, episodi ampiamente comprovati è un esercizio di cinismo e un atto di disprezzo nei confronti di vittime innocenti. Io dico invece che tutto questo è accaduto, sebbene raccontato in modo parziale e attraverso cifre “impossibili” (ricordo i mille Finanzieri che sarebbero finiti in foiba secondo lo storico Marco Pirina, mentre la Guardia di Finanza documenta poco più di un centinaio di scomparse), ma che non ha nulla “di sinistra”, visto che la sinistra nasce per diffondere i diritti, non per negarli; per essere libertaria, non liberticida.

Ho terminato col merito della questione, ora passo alla forma. La presentazione udinese di “Magazzino 18” è stata minata da gruppi anarchici dei centri sociali, che hanno distribuito volantini ridicoli e ottusi, nei quali si leggeva che “Ivan Buttignon è redattore di totalità.it e ha partecipato a due conferenze di CasaPound”. E però si ignorava che: sono dirigente della CGIL dal 2001, che sono coordinatore del comitato “Adesso Matteo Renzi Gorizia” e che sono il portavoce del Sindaco di Fossalta di Portogruaro, del Partito Democratico e di provenienza comunista. Ignoranza? Inettitudine? Mala fede? O, più probabilmente, tutte e tre le cose insieme? Poi specifichiamo che totalità.it è un giornale moderato-conservatore ma che ben conosce (e ammette) la mia linea progressista, che ben traspare dai miei articoli[1]. Aggiungiamo che ho partecipato ad alcune iniziative di CasaPound, esattamente come hanno fatto personalità di sinistra quali la Concia, Bortolusso e molti altri, e che partecipo volentieri sia per il gusto del confronto politico (lo dico ai contestatori che non lo sanno: si chiama Libertà) che per fare proseliti, che non mi sono mai stati negati né limitati. Vogliamo anche rivelare a questi spergiuri che sono presidente della Sezione “Stecchina” nonché componente del Direttivo nazionale dell’Associazione Mazziniana Italiana, struttura nata nell’agosto del 1943 in seno all’antifascismo e che propaganda tutt’oggi idee progressiste? Ora si ha un quadro un po’ più chiaro di dove io stia politicamente: a sinistra[2]. A nulla è valso il tentativo di spiegarlo agli antagonisti, che fuori dalla libreria mi hanno aggredito (erano in tre, mentre io ero da solo), salvo poi darsela a gambe a fronte della mia reazione (loro atteggiamento tipico).

Tornando ai meriti di “Magazzino 18”, il taglio è appassionante e sposa la necessità di divulgare le storie attraverso piccole rappresentazioni teatrali anche in forma scritta.

In altre parole, spiega con passione e umanità che la memoria condivisa non esiste. E proprio per questo il libro condivide tante e diverse memorie.

Grazie Simone!



[1]“[…] è del tutto normale per i grandi giornali essere politicamente schierati, però è anche un punto d’onore per ogni testata avere uno o più columnistdichiaratamente dall’altra parte”. A. Polito, In fondo a destra. Cent’anni di fallimenti politici, Rizzoli, Milano, 2013, p. 21.

[2] Ciò non toglie che l’ennesimo tentativo di squalificare la destra in quanto tale appaia patetico e, coerentemente con i metodi di quei contestatori, poco pluralista.

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    4 commenti per questo articolo

  • Inserito da Stefano il 12/04/2014 23:42:08

    Cosa sta cercando di dire questo giornalista? Forse...."su compagni non criticate Cristicchi, in fondo se leggete il suo libro capirete che ridimensiona il dramma delle foibe, i morti sono meno di quello che sostiene la destra. Quindi quei crimini sono più accettabili di quelli fascisti e nazisti. Potete credermi, io sono di sinistra come e più di voi". Ma mi chiedo se costui si è letto il suo articolo, io credo di no. Mi sconvolge leggere che gli esuli furno costretti a lasciare quella terra abitata da secoli per rifugiarsi in Italia, come se quella non era Italia e loro Italiani. Sembra quasi voler dire, Tito ha sbagliato a cacciare quelle persone dalle terre slave, perché, anche se parlavano italiano, non erano italiani ma slavi perché li da secoli. Isomma questa gente "sinistra" anche se ha la razionalità di comprendere che un crimine è stato commesso, non riesce a condannarlo senza se e senza ma, riconoscendo che fascismo, nazismo e comunismo sono ideologie che portano inevitabilmente a regimi totalitari, la cui unica differenza sta nel fatto che le prime due sono dittature in nome della nazione, l'ultima lo è in nome del popolo.

  • Inserito da Stefano il 12/04/2014 23:41:27

    Cosa sta cercando di dire questo giornalista? Forse...."su compagni non criticate Cristicchi, in fondo se leggete il suo libro capirete che ridimensiona il dramma delle foibe, i morti sono meno di quello che sostiene la destra. Quindi quei crimini sono più accettabili di quelli fascisti e nazisti. Potete credermi, io sono di sinistra come e più di voi". Ma mi chiedo se costui si è letto il suo articolo, io credo di no. Mi sconvolge leggere che gli esuli furno costretti a lasciare quella terra abitata da secoli per rifugiarsi in Italia, come se quella non era Italia e loro Italiani. Sembra quasi voler dire, Tito ha sbagliato a cacciare quelle persone dalle terre slave, perché, anche se parlavano italiano, non erano italiani ma slavi perché li da secoli. Isomma questa gente "sinistra" anche se ha la razionalità di comprendere che un crimine è stato commesso, non riesce a condannarlo senza se e senza ma, riconoscendo che fascismo, nazismo e comunismo sono ideologie che portano inevitabilmente a regimi totalitari, la cui unica differenza sta nel fatto che le prime due sono dittature in nome della nazione, l'ultima lo è in nome del popolo.

  • Inserito da Crispino il 10/04/2014 19:28:28

    L'esperienza e le vicende umane e politiche di Ivan Bottiglion sono degne del massimo rispetto ma non vorrei che ci fossero troppe illusioni nella ricerca di posizioni al disopra delle parti, accettate da tutte le parti. E' giusto e doveroso ricercare la verità : chi lo fa con impegno ed onestà non può fermarsi dinanzi ai negazionisti ed ai revisionisti. Non c'è però da illuderci: la Nazione italiana, i suoi fautori, i suoi cittadini hanno sempre dovuto difendere sin dall'inizio dello Stato unitario da una agguerrita, settaria componente antinazionale impegnata nel contrastare e contestare, a volte in modo violento, il progresso , lo sviluppo gli interessi materiali e morali della comunità nazionale italiana. Chi sta dalla parte di quest'ultima non può illudersi: deve avere fede e pazienza, tanta pazienza.

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 10/04/2014 13:34:00

    chiedersi per favore dopo aver meditato queste orribili storie con i loro insulsi strascichi del momento se non era meglio se gli interventisti del primo conflitto avessero pensato ad altro. la dissoluzione di un organismo come l'impero dell'asburgo durato secoli su situazioni esplosive non poteva non portar seco squilibri dolorosissimi che si sarebbero accaniti sui piccoli e meno sui grandi. ricordo ancora quel che ho letto dalle memorie di un prigioniero italiano di Tito che si lamentava coi carcerieri delle angherie terribili che subiva coi suoi compagni di prigionia mentre i tedeschi del campo vicino eran trattati secondo regole. il carceriere torturatore disse: ma loro sono veri soldati, voi no... mi pare che questa risposta dica molto più di tante analisi leggi anatomie erudite

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