Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Di tutte le periferie delle città europee che mi è capitato di vedere, quelle più misurate e vagamente gradevoli sono nell’Europa centrale, in Germania soprattutto, e qua e là in Svizzera, Olanda, e Austria.
Quasi mi pare di poter dire senza troppo esagerare che è grazie anche a Heinrich Tessenow se ciò è avvenuto. Questi, nato nel lontano 1876 a Rostock sul Baltico da un capomastro, effettuò il corso usuale di studi tecnici per divenire un architetto, e di poi, con la fama conquistata per alcuni suoi progetti e i numerosi libri pubblicati di pratica costruttiva ed estetica degli edifici, fu per espressa volontà un docente.
Che ben presto si rivelava di eccezione, nell’arco di tempo che va dal 1902 al 1950, e in sedi geografiche diverse: dall’occidente tedesco di Treviri alla centrale Berlino, dalla sassone ed artistica Dresda al settentrione spoglio della Pomerania. Tessenow è quindi il maestro riconosciuto di molte generazioni di architetti ed urbanisti tedeschi.
Fra questi un promettente giovane Albert Speer, versato più nelle matematiche che nel disegno, e incline da un certo momento in poi alla megalomania delle misure. È a Heinrich Tessenow ovvero al suo esemplare magistero cui si deve il fatto che una nobile semplicità dell’architettura rurale del nord germanico e l’ordinata ariosa composizione urbanistica di edifici e natura, che erano state l’essenza prima del suo stile di architetto innovatore, si siano trasmesse ai tanti allievi che, in seguito, per via degli eventi si sono trovati a dover pianificare e ricostruire le città distrutte dalla guerra.
La ricostruzione di alcune di queste città, in Pomerania, veniva commissionata proprio all’anziano maestro che aveva visto due guerre, e delle quali la più importante era la bellissima Lubecca la cui periferia è ancora oggi bella e salubre.
Tessenow lo si può vedere anche come uno degli ispiratori più equilibrati negli effetti della nuova era architettonica degli anni 1925/30, che spesso è detta “funzionalista”, esemplificata nel suo caso dai progetti d’una casa d’abitazione in Heidelberg e dai complessi scolastici in Berlino, in Klotsche, il più bello in assoluto con il cortile interno popolato dalle betulle che fanno da contrappunto naturale alle snelle colonne del porticato, e in Kassel. Ma questo fatto di connessione all’architettura funzionale ha un qualcosa del paradosso perché l’anziano Tessenow proviene non solo per nascita ma anche idealmente dal miglior mondo del secondo Reich, quello dell’epoca guglielmina, però declinato in semplicità rurale e nordica e ben lontano dal raggelante gusto pomposo che colmava di pennacchi e volute liberty i palazzi berlinesi.
Un mondo al quale l’architetto di Rostock rimase sempre coscientemente legato tanto fra le due guerre, lungo la temperie nazionalsocialista, quanto nel secondo dopoguerra, nella Germania orientale. Per il tempo nazionalsocialista si possono anche rammentare delle avventure che hanno del curioso: egli fu, da monarchico, accusato di “bolscevismo culturale” da taluni ambienti sedicenti elitari, mentre ambienti proprio a lui meno congeniali, ovvero quelli delle organizzazioni di massa, alludo qui al Fronte Tedesco dei Lavoratori, il D.A.F, gli commissionavano entusiasti numerosi progetti.
Chi abbia studiato l’atmosfera culturale della Germania del primo dopoguerra rammenterà che dopo il silente Sturm und Drang della corrente artistica della “Nuova Oggettività”, la famosa “Neue Sachlichkeit”, molti tedeschi ad un certo punto e con precipitazione, si erano inventati, se non illusi, di poter rivivere una sorta di “nuova epoca dorica”.
Era questo un ideale destinato a precipitare in moda come tante volte è accaduto, anche perché dei passaggi così veloci, nell’arco di pochi anni, dai pennacchi e chiodi e volute del liberty guglielmino, alla scabra freddezza della “Nuova Oggettività”, al nitore iperuranico e monumentale d’una “nuova epoca dorica” difficilmente riescono a scavare una traccia profonda. Della retorica d’una “nuova epoca dorica” in architettura si prende gioco addirittura un architetto nazionalsocialista quale fu Hermann Giesler, quando questi, nelle sue memorie posteriori al 1945 si burla dei progetti di Albert Speer.
Se “doricismo” d’una “nuova era architettonica” vi è stato in Germania mi sembra che questo sia da rintracciare più in Tessenow che in altri. Il maestro di Rostock a questo “doricismo” perveniva in forma compiuta già dal 1910 con il bellissimo edificio per l’istituto ginnico di Hellerau e, ciò, non per una retorica infatuazione “neoclassica” mutuata da letture, ma per una interna e lineare evoluzione estetica dei vecchi canoni dell’architettura rurale nordica. Una stranissima via dunque e un connotato da meditare perché mostra come spesso a ideare il nuovo siano delle menti saldamente radicate in quello che può sembrare il passato.
Poscritto
Sull’internet vi è buona scelta di fotografie degli edifici costruiti dai progetti di Heinrich Tessenow. E anche chi non conosce il tedesco può visitare con profitto la pagina della Heinrich-Tessenow-Gesellschaft, documentata di disegni e incorniciata da una grafica esemplare per elegante semplicità. Da scarabocchiatore di fantasie architettoniche non posso che raccomandare calorosamente all’appassionato di architettura e al dilettante del disegno lo studio dei numerosi disegni di Tessenow distribuiti generosamente sull’internet. Le sue prospettive di piccole case rurali trasformano la vecchia capanna europea con il tetto a due falde in una visione che può far riflettere persino l’archeologo sull’evoluzione delle forme: la capanna divenuta il tempio ellenico, dimora di Numi, nelle contrade ateniesi e spartane imbevute di luce, la capanna rimasta tale,e divenuta un semplice nido familiare, sotto il cielo perennemente grigio e nuvoloso del Nord. In allegoria: la proiezione olimpica e il racccoglimento. In altri disegni del maestro di Rostock si rileva l’attenzione per l’innesto armonico delle case d’abitazione di quartieri periferici con alberi, pergolati e piccoli giardini: in queste tavole si ha l’immagine più aderente al titolo d’un opera di Ernst Jünger, il diario del 1940: “Gärten und Straßen”, “giardini e strade”. Fossero questi e queste come quelli raffigurati da Tessenow la riflessione ed il raccoglimento in sé stessi ne sarebbero propiziati pure in margine ad una metropoli.
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