Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Esiste l’invidia e la gelosia all’interno di un nucleo familiare; tra i banchi a scuola, sul posto di lavoro.
Rancore e tormento per il successo altrui, per chi è definito più intelligente, o solo perché più bello, più ricco, più furbo, favorito dalla sorte o più felice.
L'invidia in poche parole muove il mondo e la gelosia lo inasprisce.
Forse la gelosia più cattiva è quella
mostrata sul posto di lavoro, la più vigliacca e perfida è la gelosia malata
che sbocca nel femminicidio.
Oggi ci soffermeremo sulla gelosia in ufficio o, semplicemente, sul posto di lavoro.
Una promozione che arriva inaspettata, un bonus raggiunto, un nuovo prestigioso passo avanti in carriera e già siamo a dama.
Ecco subdolo, dietro l’angolo, il pericolo dell’invidia. Si tratta di un’emozione bizzarra, paradossale, ma frequente, che in mille modi diversi striscia logorante tra colleghi.
Il posto di lavoro che dovrebbe essere a detta di tutti un luogo di condivisione e partecipazione comune può diventare un vero e proprio campo di battaglia, ove rivalità e insicurezze regnano incontrastate.
L’invidia, come ci hanno insegnato gli antichi scrittori e filosofi greci, è un sentimento naturale come può esserlo l’amore, la riconoscenza, la passione, il timore, la noia, la dolcezza.
Una sensazione complessa che si nutre, sin dagli inizi, di emozioni di base quali la vendetta, la violenza, la diffamazione, la calunnia, l’inferiorità, la tristezza e la paura.
L’ambito lavorativo è il primo spettatore di una facciata esterna di rapporti interpersonali, di relazioni, con attori e ruoli che si muovono in detto contesto, ma dove emergono anche principi più intimi legati alle emozioni e ai trascorsi personali che, ovviamente, influiscono e si amalgamano alle dinamiche del lavoro.
Di conseguenza i colleghi, i capi, i dirigenti, divengono oggetto di proiezioni e di vissuti spesso collegati a dinamiche individuali che vanno ad condizionare implicitamente il clima lavorativo.
Il lavoro molto spesso è un requisito sul quale l’essere umano riversa varie aspettative di realizzazione, di garanzie di valore, di buona esistenza e riconoscimento, soprattutto quelle persone che non hanno studiato o chi non è propriamente un genio, e se queste aspettative non vengono soddisfatte a livello individuale ci si trincea in una forma di battaglia personale contro chi, invece, si dimostra all’altezza e, anzi va ben oltre la normalità, dimostrando padronanza e familiarità con il proprio impiego.
Il lavoro, in più, rispecchia la capacità dell’individuo di progettare e risolvere i conflitti riproducendo dinamiche familiari precedenti.
L’invidioso è una persona analoga o simile per età e professione.
Gli occhi dell’invidioso spiano cercando di non essere colti in fallo, sogguardano, sbirciano e contemplano.
Costui solitamente assume falsamente un comportamento adulatorio dei successi altrui, ma anche denigratore non appena il bersaglio gira le spalle.
Evidenzia continuamente atteggiamenti critici nei confronti degli altri; esprime commenti poco edificanti nei confronti dei colleghi che hanno apprezzamenti dal capo o una promozione, cercando sovente giustificazioni di tali successi con ipotesi di raggiri e tornaconti personali.
L’invidioso soffre e si angoscia nel suo isolamento, si logora nella collera e si sente oggetto di critica in merito proprio al suo stesso atteggiamento.
Inserito da Loredana il 02/05/2014 15:43:56
Atteggiamento, quello dell'invidia, che può anche spronare a ottenere risultati, se è disciplinato e incanalato verso l'emulazione, piuttosto che la critica astiosa. Quando è espressione di odio e di senso di inferiorità, però, fa danni e si ritorce contro chi la prova.
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