Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Gennaro 'a Carogna, figlio del camorrista Ciro
30.000 tifosi viola e quasi 40.000 napoletani invadono Roma e dintorni. Sciarpe, bandiere, autostrade che sembrano veri fiumi viola e azzurri; insieme ad un’ allegra confusione si presentano come gli ingredienti ideali per una serata ricca di emozioni e di sano sport.
I primi tifosi riescono ad entrare nel pomeriggio, altri rimangono bloccati all’entrata della capitale italiana. E’ una vera e propria febbre da finale. Non importa chi ci sia per la prima volta o se si vedono sempre i soliti volti, tutti, da una parte e dall’altra delle tifoserie sono uniti per accompagnare i colori delle proprie città.
Non va niente secondo i piani. Sparatorie fuori dallo stadio e tafferugli costringono la federazione a sospendere momentaneamente il fischio d’inizio.
Sabato sera all’Olimpico chiunque abbia avuto un minimo di senso civico si dovrebbe essere vergognato di essere italiano, perché quella che doveva essere una serata di festa si è trasformata in paura e tristezza. E’ stato “Genny a’ carogna”, figlio di un noto camorrista, capo ultrà del Napoli perseguito per spaccio di stupefacenti, a dettare le condizioni per l’inizio della partita. Vestito con una maglia con la scritta “Speziale libero” (colui che uccise il poliziotto Raciti il 2 febbraio 2007 dopo la partita Catania - Palermo) e con un Daspo (divieto di accedere a manifestazioni sportive) sul curriculum ha deciso se la partita si dovesse giocare o meno.
Il fischio d’inizio è stato ritardato di 45 minuti causa feriti fuori dallo stadio. Sotto la Curva nord sono andati a parlare prima il capitano azzurro Hamsik, poi la polizia per cercare di convincere gli scalmanati a non provocare altri incidenti e alla fine i vigili del fuoco, a spegnere proprio bombe carta e petardi. E’ stato poi il capo ultrà a decidere annuendo visibilmente che la partita si sarebbe potuta giocare, purché le tifoserie rimanessero in silenzio e senza bandiere né tantomeno coreografie. Buon viso a cattivo gioco perché benché come idea fosse accettabile, al primo ed al secondo gol del Napoli la tifoseria azzurra esplode e dà il via a cori contro i fiorentini; così tutto appare come una clamorosa montatura inscenata al fine di placare le migliaia di tifosi viola accorsi all’Olimpico. Come se non bastasse l’invasione a fine di campo e le ingiurie verso la curva viola danno la certezza della mancanza di rispetto, di educazione e di coerenza di molti tifosi napoletani.
La faccia dell’Italia è riflessa in quella di Genny, un volto di degrado e di mancanza di valori che riesce a rovinare quella che per alcuni sarebbe dovuta essere una serata indimenticabile.
Un gruppo di tifosi ha tenuto in ostaggio un intero stadio e tutta la federazione, un momento imbarazzante per gli amanti del calcio, quello vero.
Tutto il mondo con i propri occhi ha visto un’Italia distrutta, piegata a feriti e scontri fra delinquenti, un inno nazionale fischiato. Il calcio c’entra poco, se non c’è volontà di difenderlo da queste vicende il problema rimarrà sempre. E’ solo succube di incompetenza, di mancanza di passione e di rispetto per coloro che ogni domenica sono a tifare e a finire la loro voce per sostenere la propria squadra, quella che comunque vada regala emozioni forti.
La pubblicità della Serie A recita che “il calcio è di chi lo ama”, ma stando a ciò che è successo sabato 3 maggio, a quanto pare sembra non essere così.
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