Editoriale

In attesa dei Mondiali di calcio

Prima ero tutto un fermento e contavo i giorni che mi dividevano dai Mondiali di Calcio

n lampo e indi un tuono imperioso sono tornati a squarciare il cielo di una città sgualcita per poi riproporsi di nuovo il sereno.

Ricordo che atteggiamenti simili erano cose del giorno da parte delle belle ragazze del liceo scientifico: apparivano e sparivano dalla vista, giusto il tempo per farti vedere confusamente quegli orli da sogno su cui avresti fantasticato durante le ore di fisica o matematica. 

Ma, ahimè, adesso che le aggraziate forme delle adolescenti liceali sono svanite come svaniscono gli anni d’oro, (ero troppo giovane e inesperto per capire che era solo una vernice d’oro) la presenza del sereno si nota di più, perché ti rende più tranquillo, più rilassato, più consapevole del tempo che emigra senza voltarsi.

Poi un nuovo scricchiolante tuono e la pioggia di primavera.

Almeno colgo l’occasione di scrivere ancora; Ancora? Direte voi.

Prima ero tutto un fermento e contavo i giorni che mi dividevano dai Mondiali di Calcio, ora è un’attesa ovattata dagli anni, comunque torneranno e ci accompagneranno per mano alle soglie dell’estate.

Con l’immenso sacchetto colmo di nostalgia che si porteranno dietro e le solite, ripetitive domande su come si presenterà la nostra Nazionale, per un po’ torneremo a essere quelli di una volta, quindi vivi, perché allora ci sentivamo così, quasi immortali. Non ci rimane, allora, che aspettare, una cosa che sappiamo fare molto bene, sin dai tempi delle elementari, in attesa del liberatorio suono della campanella.

Noi siamo i campioni nell’aspettare, forse non sapendo neanche cosa…

Accontentiamoci, ordunque,  della giocondità crudele dell’attesa, o di ciò che ne rimane.

Saremo invasi dai nauseabondi balli di gruppo che cingeranno l’estate, e forse mentre vedremo gli azzurri qualche sedia intorno a noi sarà vuota, qualcuno che ha finito di attendere.