Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Matteo Renzi uno e...trino
La vignetta pubblicata oggi dal Corriere della Sera, che mostra un Renzi onnipresente sui teleschermi ad ogni ora e in ogni rete, rappresenta una situazione di fatto che noi poveri cittadini sull’orlo delle elezioni europee stiamo vivendo (come accade per ogni tornata elettorale) con noia, fastidio e magari anche un po’ di disgusto. In questi giorni poi si sono aggiunti anche Grillo e Berlusconi saturando i palinsesti dell’informazione in maniera insopportabile.
Lasciamo da parte le polemiche cui dà vita il terzetto di leader, lasciamo stare anche gli insulti più o meno fantasiosi e folclorici.
Possiamo anche provare ad ignorare il fatto che alle chiacchiere dei leader si vanno a sommare quelle dei commentatori che riescono a affermare tutto e il suo contrario, e soprattutto a ribaltare la realtà delle cose che sta sotto gli occhi di ciascuno fornendone un ‘interpretazione che a definirla “originale” gli si fa un complimentone. Per esempio di fronte al Grillo addomesticato da Vespa, e balbettante su un programma di cui gli veniva chiesto conto in maniera finalmente stringente, Marco Travaglio, da sempre suo fedelissimo, ha chiosato dicendo che a Porta a Porta aveva trionfato il vero Grillo quello che non è il mostro rozzo e maleducato che tutti amano dipingere , ma un simpatico signore di mezz’età affabile e iscrivibile nella frequentatissima schiera dei moderati!
Se possiamo passare sopra a tutto questo, consueto apparato delle italiche elezioni, questa volta diventa difficile capire perché la campagna elettorale, sia condotta da tre leader non candidati, e perché altresì uno di essi, il più attivo in detta campagna elettorale, sia anche il Presidente del consiglio, ruolo che dovrebbe, a fronte anche del fatto che egli ha rinunciato a mettere il proprio nome nel simbolo elettorale, tenerlo fuori dalla disputa.
Nessun capo di governo europeo fa campagna elettorale per il partito al quale appartiene, non la Merkel, non Hollande, nessuno. Renzi sì, e a che titolo? Come segretario del Pd, direte voi. Già ma il ruolo di presidente del consiglio dovrebbe fare aggio su quello di segretario di partito, soprattutto, lo ripeto, di fronte alla scelta di non personalizzare la campagna elettorale mettendo nome e/o volto sul simbolo.
La nobile scelta di spersonalizzare la campagna elettorale viene, come al solito nel caso dei comportamenti di Renzi, contraddetta e rinnegata nei fatti (un po’ come la faccenda del #enricostaisereno) e così ecco il buon Renzi occupare con tutta la forza della capacità (sicuramente eccellente) comunicativa di cui dispone teleschermi di ogni ordine e grado. E dietro di lui, come si diceva, Berlusconi e Grillo.
Ora però il problema è che quando noi andremo alle urne non ci troveremo a dover scegliere fra i nomi dei tre leader, ma troveremo altri nomi, che sono fuggevolmente apparsi nei talk all’inizio della campagna elettorale per poi sparire a favore dei loro leader.
Perché?
Semplice: Berlusconi deve fare i conti con la nota vicenda che lo rende incandidabile e quindi tamponare l’emorragia di voti che senza di lui sarebbe assai più imponete di quella che già si profila, Grillo ha in lista degli emeriti sconosciuti (ha ammesso di non sapere neppure lui chi siano i suoi candidati scelti nella rete con un sistema semidemenziale) e dunque la sua forza di front man al servizio di M5S è indispensabile.
Diverso e più inquietante il caso di Renzi: nel Pd i cinque nomi di punta che dovrebbero portare voti alla lista sono di una debolezza imbarazzante, cinque giovani donne, brave sicuramente ma senza lo spessore e le qualità per fungere da catalizzatori di voti, di credibilità e consenso. Renzi lo sa ma volendo, da una parte giocare la carta femminile, e dall’altra non avere rivali veri nell’ambito del Pd, ha avocato a sé onori e oneri di una campagna elettorale nella quale però è venuta fuori in maniera piuttosto evidente la fragilità del suo programma, direi quasi la sua inanità, e la fragilità delle sue vere doti di leader.
Morale della favola: il 25 maggio dovremo andare a votare per un sistema (quello europeo) che non ci piace, ci danneggia e ci tiranneggia, dovremo scegliere candidati sconosciuti e lasciare a casa i leader che in casa nostra in questi giorni sono entrati con devastante prepotenza. Appunto tutto normale, siamo in Italia!
Inserito da ghorio il 22/05/2014 15:49:48
Non vi sono dubbi: l'articolo di Simonetta Bartolini, che dirige questo bel sito online, è da condividere in toto. Presenta la realtà di questo voto europeo, dove, in Italia si dibatte, di tutt'altro. Personalmente sono molto critico sulle trasmissioni tv, non da adesso, come infatti non le guardo, ma ho visto che la carta stampata e non, con grande autolesionismo, enfatizza queste trasmissioni, dove mancano i contraddittori veri. Votiamo per l'Europa, inteso il nuovo vertice Ue, ma i candidati maggiori sono quasi uguali, con la Germania che continuerà a fare il bello e cattivo tempo, vista la grande coalizione. Renzi adesso si prepara al semestre europeo, come se fosse un evento epocale: in realtà c'è stato altre volte e non abbiamo fatto niente, per usare un eufemismo. In Italia la classe politica deve essere rinnovata, se si vuole cambiare, con sistemi democratici per il funzionamento dei partiti, scelte dei candidati, etc, diversamente l'avvenire non sarà roseo per le nuove generazioni. Quanto all'Europa, se i trattati danneggiano le economie della nazioni vanno cambiati. Senza dimenticare che l'Europa politica non esiste: non ha una politica estera decente, basta guardare la vicenda libica, non cerca di fare gli interessi di un continente , rispetto ai vari Usa, ex Unione Sovietica, Cina, etc. Sono questi i problemi di affrontare e risolvere, non certo la questione dei "mercati" e delle banche, dove ci sono di mezzo gli speculatori e quelli che hanno veramente i soldi. Siamo sempre a discettare sullo spread , bufala o meno, ma dell'economia reale nessuno parla più. Va bene che gli economisti attuali , che vanno per la maggiore, non mi pare che abbiamo ricette, ma qualcosa bisogna fare, magari copiando politiche economiche di latri stati, vedi Giappone, per quanto mi riguarda
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