Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
bbiamo lasciato la terra – scriveva Nietzsche – e ci siamo imbarcati sulla nave. Abbiamo tagliato i ponti alle nostre spalle – e non è tutto: abbiamo tagliato la terra dietro di noi. (…) Guai se ti coglie la nostalgia della terra, come se là ci fosse stata più libertà…»
Quante volte, nel corso degli anni, abbiamo evocato l’immagine “Nell’orizzonte dell’infinito” della Gaia Scienza? Quanti “ponti” abbiamo tagliato alle nostre spalle, impegnati a cercare nuove, più ardite sintesi? E quante “fughe” dalla nostalgia per cercare spazi di libertà all’altezza delle sfide che vedevamo delinearsi all’orizzonte?
Certe crisi, con tutto il velleitarismo e l’improvvisazione degli anni giovanili, le avevamo percepite in anticipo, anche quando le cortine di ferro delle vecchie ideologie sembravano intrappolare le nostre ambiziose fantasie intellettuali: cultura e politica insieme, metapolitica e movimentismo proprio per sfuggire alla logica, rassicurante, ma sterile, dell’orticello da coltivare sotto casa.
Figurarsi oggi, dove tutto, dopo la fine del vecchio mondo, è in accelerata ridiscussione e noi, figli del modernismo novecentista, ci troviamo immersi nel tempo della postmodernità; figli del nazionalismo, siamo costretti a confrontarci sugli scenari globalizzati; figli della cultura della necessità, siamo obbligati, ogni giorno, volenti o nolenti, a trovare nuovi percorsi.
In anni in cui all’ordine del giorno del Paese è la perdita di senso e di scopo della politica, dove trovare il bandolo della matassa, per non restarne ingarbugliati? Agitare vecchie parole d’ordine? Rivendicare storiche distinzioni ?
Difficilmente i vecchi abiti ideologici possono essere adattati ad una realtà in continua trasformazione, qual è l’attuale. La sfida di questo tempo postmoderno, sfida culturale e politica insieme, deve essere allora spostata dalle rappresentazioni “di scuola” (destra/sinistra) ad una nuova presa di coscienza rispetto alle identità vecchie e nuove (locali, produttive, professionali, associative) e dunque alla capacità/possibilità di integrarle nel contesto degli scenari contemporanei.
Questo chiede, in fondo, la gente. E allora va capita e rappresentata la forte domanda di tutela, di conservazione delle comunità locali, dei borghi antichi, delle identità diffuse di un’Italia profonda, ma spesso misconosciuta. Va capito il suo spirito nuovo, non più legato al vecchio localismo, al folklore e al provincialismo, ma impegnato a fare sistema, a promuoversi, attraverso forme di consorzio e di valorizzazione legate ai prodotti della terra, all’artigianato, al turismo.
Del resto, il patrimonio di ogni aggregato urbano, piccolo o grande, ha una duplice valenza, insieme fisica e spirituale. E’ fatto di pietre, di chiese, di monumenti e di memoria, ma questa memoria si incarna anche nel vissuto quotidiano, nelle produzioni materiali, in quella che è stata definita “l’architettura del commercio”, nell’arte delle botteghe e nel lavoro degli artigiani, nell’eleganza degli arredi e nella tipicità delle produzioni.
In questo ambito uno dei metri di riferimento è la qualità, che, in linea con una visione postmoderna, non è, non è solamente un attributo o una proprietà morale.
Il “marchio Italia” riguarda, oggi, gli strumenti normativi necessari a difendere le produzioni nazionali, in un quadro di economia globalizzata, ed insieme sollecita una presa di coscienza culturale, essenziale al fine di dare nuovo senso e tutela ad una tradizione di buon gusto, di stile e di qualità della vita che appartiene al nostro Paese e che ci viene universalmente riconosciuta.
Non si tratta però solo di conservare l’esistente e di valorizzarlo. Occorre dinamicizzare la realtà sociale, favorire il ricambio generazionale, dare spazio alla creatività.
Terzo elemento essenziale, dopo la ripresa d’identità locale-nazionale e di qualità culturale-produttiva è il riconoscimento dei meriti.
Pensare e lavorare per costruire una società in cui il merito individuale venga riconosciuto, valorizzato e premiato, vuole dire ridare coraggio e motivazioni ai “produttori del futuro”.
In questa definizione vanno certamente compresi i giovani, ma, più in generale, tutti coloro i quali sentono la responsabilità di giocare un ruolo attivo, in questa fase di passaggio epocale ed oltre essa.
Identità, qualità, meritocrazia: è un’Italia positiva, bella e costruttiva quella che va trasmessa all’opinione pubblica: aspettativa e progetto, dunque e non solo “memoria”, attraverso cui i valori diventano atto politico concreto e le idee si trasformano in suggestioni ed emozioni.
Ecco – in estrema sintesi e quale ulteriore contributo ad una riflessione sul superamento “in positivo” delle ideologie novecentiste – la sfida a cui la destra della postmodernità deve rispondere in modo adeguato.
Tradurre emozioni, tradizioni, identità in segni concreti, in proposte normative, in aspettative reali, in nuova coesione sociale. E viceversa trasformare le opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica in strumenti di valorizzazione delle identità, della qualità, dei meriti.
Concretezza e suggestioni, realismo e aspettative: in questo mix l’affascinante impegno del ripensamento-cambiamento può diventare un obiettivo concreto e vincente. Senza torcicolli. Senza nostalgie.
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