Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ax Weber, celebrato e riconosciuto fondatore della sociologia moderna, pur avendo forgiato la nozione di pubblica amministrazione in Parlament und Regierung im neugeordneten Deutschland pone il tema del controllo politico della burocrazia auspicando la formazione di un tipo di uomo politico che sia in grado di subordinare l’apparato burocratico alla direzione politica. La vera democrazia – per Weber – non è quella dei burocrati irresponsabili e privi di un mandato popolare e, infatti, scrive: «Il monarca crede di governare da sé, mentre in realtà la burocrazia gode del privilegio di poter comandare, coperta da lui, senza controllo e senza responsabilità. Il monarca viene lusingato e gli viene mostrata l’apparenza romantica del potere, poiché egli può cambiare a propria discrezione la persona del ministro».
«Sovrano e chi decide nello Stato di eccezione», partendo da questa sua affermazione Carl Schmitt ritiene che un’autentica democrazia debba fondarsi sull’omogeneità di un popolo, dove la politica è in primo luogo un «sistema metafisico» che porta le idee dei cittadini al potere, così si esprime in Il custode della costituzione (1931) e in Legalità e legittimità (1932).
C’è una lunga linea di pensiero, radicata soprattutto nella filosofia del diritto che pone in seria discussione la tecnocrazia e per essa l’affermarsi di poteri invisibili che non sono radicati in quelle che Rousseau e Sieyes definiscono “volontà generale” e “volontà della nazione”. Del resto l’art. 3 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, afferma: «Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione. Nessun corpo, nessun individuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa».
Thomas Mann, che pure si esercita nelle Considerazioni di un impolitico, mette in guardia dalla carica antipolitica che genera disgregazione dell’autorità nazionale, non lontano dallo Schmitt di Diktatur und Belagerungszustand e da quanto affermerà Jürgen Habermas.
Giuseppe Prezzolini, ebbe chiari i potenziali pericoli della tecnocrazia europea. Nel 1979 quando si svolsero le prime elezioni a suffragio diretto per il Parlamento europeo commentò caustico: «Concludo che se io dovessi o volessi e potessi votare pro o contro l’Europa unita, io, che pure ho più di un diritto di chiamarmi “europeo”, voterei contro un’Europa fatta così artificialmente e superficialmente come è stata concepita da coloro che l’hanno ideata con la testa riempita di nuvolosi teorici».
Qualcuno pensa di poter concepire una democrazia “agnostica”, basata su regole astratte e formali, sganciate dalla tradizione di un popolo. Il tema formale e inodore della democrazia e la costruzione di una democrazia piena, incline alla partecipazione viva del popolo e alla considerazione delle tradizioni culturali di una nazione.
Le oligarchie sono ancor più pericolose quando al loro interno prevalgono i poteri finanziari, che in questa momento storico in tutto il mondo hanno un solo obiettivo: operare un trasferimento di ricchezza dalle tasche dei cittadini alle banche per ripianare le voragini nei bilanci determinati dai superbonus e dalla voracità finanziaria. Così fu quando George Bush fu obbligato a chiamare alla guida del Tesoro americano Henry Paulson, che passò direttamente dal ruolo di Ceo di Goldman Sachs a quello di capo del Tesoro per varare il piano di salvataggio delle banche americane.
Martin Heidegger offre un solido retrefoloterra filosofico alla democrazia dell’essere quando richiama il Führung, il comando; il Volk, il popolo; l’Erbe, l’eredità; Ggschaft, la comunità dei seguaci; Bodenständigkeit, il radicamento alla propria terra. La comunità politica che costruiamo non può non tener conto del «primato ontologico del problema dell’essere», di ciò che noi siamo per tradizione.
Augusto Del Noce in un suo celebre saggio coniò il termine “transpolitico” per indicare una dimensione profonda che sedimenta nella coscienza dei popoli. Oswald Spengler che, per primo, nel “Tramonto dell’Occidente” sottolinea la decadenza dell’uomo europeo, perso alla ricerca di un universalismo indefinito. Di qui il richiamo a Mircea Eliade che riafferma il valore del mito, capace di vivere sotto diverse forme, alcune mascherate e di riproporsi attraverso la modernità. Sempre Spengler nel suo memorabile Il tramonto dell’Occidente, propone una critica serrata alla tecnocrazia che è «l’opposto della vita» alla quale opporre un’idea tradizionale di Europa culla della cultura occidentale e faustiana.
Se è vero che a volte molti tecnocrati si vestono da uomini di cultura – e qualche volta lo sono – bisogna osservare che la cultura profonda ha radicato in secoli di riflessione e speculazione la centralità dell’essere e della sua manifestazione di volontà nel governo della res publica.
Inserito da bartolo il 24/01/2012 22:46:41
illegittimo non lo so, ma artificiale quanto l'esperanto si!
Non possiamo nn dirci conservatori, e allora attenti con la santificazione della tecnologia
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