Lutto nazionale europeo

Sarajevo: quel maledetto 28 giugno di cento anni fa

Francesco Ferdinando poi non condivideva affatto la “soluzione dualistica”che dal 1867 aveva trasformato l’impero austriaco in “Austria Ungheria” facendo dei magiari la seconda etnia egemone dell’impero

di Domenico Del Nero

Sarajevo: quel maledetto 28 giugno di cento anni fa

Lutto nazionale europeo. Se il vecchio continente avesse un minimo di coscienza storica, dovrebbe dichiarare la giornata di oggi una delle più nefaste  in assoluto . Perché, un secolo fa, i colpi di pistola di un fanatico terrorista serbo non assassinarono solo in modo vile e proditorio l’arciduca ereditario al trono dell’impero Austro – Ungarico Francesco Ferdinando e la sua consorte ma posero le premesse per lo scoppio di ben due guerre mondiali e la dissoluzione politica e culturale dell’Europa.  Di lì a pochi mesi, il meccanismo delle alleanze così come era venuto configurandosi dalla caduta di Bismarck in poi sarebbe scattato inesorabilmente facendo precipitare la situazione, tra la gioia profonda dei tanti bellicisti di ogni paese e di coloro che, come i Futuristi o Papini (che tra l’altro neppure partì per il fronte,al contrario di  Marinetti  e d’Annunzio, anche se per “problemi di salute”) andavano incoscientemente  proclamando la guerra la “sola igiene del mondo”. Di igiene peraltro il primo conflitto mondiale ne avrebbe avuta ben poca, combattuta soprattutto nell’ambiente fetido e devastante delle trincee, come rivela il canto di Giuseppe Ungaretti, straziante nella sua asciutta compostezza. L’unica attenuante a certe farneticazioni  è che il lungo periodo di pace aveva fatto dimenticare a molti  il vero volto della guerra, anche perché comunque il primo conflitto mondiale superò i precedenti in orrore e capacità di sterminio.  E’ difficile pensare che chi avesse potuto immaginare l’orrore  delle trincee, dei gas, dei primi bombardamenti avrebbe potuto trovarci un motivo  di  fascino qualsiasi: solo i cavalieri dell’aria, con i loro duelli nei cieli conservarono un tratto di nobiltà, il resto fu solo uno spaventoso massacro di poveri ragazzi che andavano incontro al ruggito delle mitragliatrici, falciati senza poter avere neppure una possibilità.  

Eppure sul momento furono in pochi a capire la gravità del gesto e le terribili conseguenze che doveva scatenare. Francesco Ferdinando non era molto popolare in Austria; anche se una certa propaganda provvide già in vita a creare una sorta di “leggenda nera” sul suo conto, facendone un guerrafondaio  (cosa tutt’altro che vera) e esagerando i suoi contrasti con il sovrano regnante, il leggendario Francesco Giuseppe, certo  non aveva il fascino, l’aurea semplicità e affabilità caratteristiche di suo nipote Carlo, nuovo erede al trono e futuro imperatore.  Con Francesco Giuseppe i rapporti erano corretti, ma non certo idilliaci; pesava anche l’evento di un altro 28 giugno di 14 anni prima (data evidentemente fatale per l’arciduca), quando davanti al sovrano, alla famiglia imperiale, agli arciduchi  e ai più alti dignitari dell’impero, aveva giurato che il suo matrimonio sarebbe stato “morganatico”.  Sofia, la sua fidanzata, non sarebbe mai arciduchessa, anche se ricevette poi  dall’imperatore il titolo di  Duchessa di Hohenberg; e quel che è peggio, non avrebbe potuto avere il rango di imperatrice,  e i figli nati dal matrimonio sarebbero stati esclusi dalla successione.  Francesco Giuseppe non fece che applicare le ferree leggi della successione dinastica, per cui solo una donna di sangue reale poteva sposare un arciduca: Sofia, nata contessa Chotek, era sì nobile, ma non certo di rango reale. Esagerazioni? Forse, a leggerle con la mentalità d’oggi, ma se si considerano gli effetti di certi matrimoni principeschi degli ultimi anni viene da chiedersi se fosse poi così sbagliato.  Bisogna però riconoscere a Sofia Choteck  di essere stata  un’ ottima moglie, personaggio di grande dignità e sempre a fianco del marito anche in quella terribile giornata;  e se non ebbe mai un titolo regale, morì veramente da sovrana.

Francesco Ferdinando poi  non condivideva affatto la “soluzione dualistica”che dal 1867 aveva trasformato l’impero austriaco in “Austria Ungheria” facendo dei magiari la seconda etnia egemone dell’impero. Il suo progetto politico era quello di abolire la soluzione “dualistica” , dando vita a una sorta di “trialismo”, rafforzando la componente slava, soprattutto i Croati:  una sorta di “soluzione iugoslava” sotto però l’egida dell’impero. Per quanto fosse un progetto molto difficile da attuare, spiega però facilmente perché la Serbia, desiderosa di diventare lo stato egemone dei Balcani,  nutrisse una profonda avversione nei confronti dell’arciduca e il coinvolgimento  “ufficiale” del governo serbo nell’attentato di Sarajevo è oggi ben più che un semplice e fondato sospetto. Francesco Ferdinando lavorò a lungo a questo progetto con un nutrito staff di collaboratori, ma proprio molti di essi  nutrivano serie perplessità in merito a tale soluzione ed è assai probabile che l’arciduca stesso alla fine la abbandonasse, in favore se mai di una riforma elettorale che comportasse parità di diritti per tutte le nazionalità della parte ungherese.

“Niente mi è stato risparmiato su questa terra!” Esclamò il sovrano apprendendo la terribile notizia, forse presentendo quello che sarebbe accaduto. Un giornale francese, l’Excelsior,  il giorno successivo all’attentato si pone il problema del futuro della “pace europea” auspicando che Francesco Giuseppe “ viva ancora abbastanza perché possa formare e imporre al nuovo arciduca ereditario il suo testamento politico.”  Per la verità nessuno meglio del giovane arciduca Carlo avrebbe potuto essere all’altezza della situazione, ma  neppure lui riuscirà a mutare il terribile corso degli eventi.  Parole profetiche, lo stesso giorno,  anche sul quotidiano italiano la Gazzetta del popolo:   Poche sventure hanno avuto, nei riguardi della politica europea, tante conseguenze quante potrà averne la scomparsa di Francesco Ferdinando che pareva riassumere in se stesso  ormai il futuro politico dell’Austria”.

E oggi,cento anni dopo? Per molto tempo, soprattutto su quegli stupidari e collettori di luoghi comuni che sono i libri di testo scolastici, il dramma di Sarajevo è stato presentato in luce positiva, come primo evento di una catena che avrebbe poi disegnato un’Europa migliore. Due guerre mondiali, l’età dei totalitarismi con milioni di morti  e la ricerca di una nuova “unità europea” che l’impero asburgico, erede del Sacro Romano Impero, garantiva più e meglio di chiunque altro, ai suoi tempi e ai nostri: ecco il risultato e si può dire che in definitiva anche all’Europa di quest’ultimo secolo è stato risparmiato ben poco, ma in buona parte per responsabilità propria.   Agli imperi per diritto divino si sono  oggi sostituiti quelli per diritto finanziario, che però a differenza dei primi non hanno a cuore il destino dei loro popoli, le loro culture, identità e tradizioni.  L’ultimo dei tanti frutti velenosi dell’infame delitto di Sarajevo potrebbe per certi aspetti essere peggiore dei precedenti: la cancellazione di una civiltà intera sacrificata sull’altare dell’interesse di potentati economici senza nome e senza volto, la scomparsa dell’Europa nata dalla civiltà greco romana e dal medioevo Cristiano. Forse Giovanni Paolo II, elevando giustamente agli onori degli altari l’ultimo imperatore d’Austria, il generoso e cavalleresco Carlo, ultimo grande esempio di sovrano cristiano nel senso più alto e nobile del termine, ha voluto dare un segnale forte, un monito  all’Europa a non rinnegare se stessa e la sua storia. Possa il beato Carlo proteggere l’Europa da se stessa, dalla folle e stupida demagogia ed insipienza dei suoi governanti di oggi, dalla minaccia di un nuovo Oscuro Signore e di una nuova Mordor. 

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