Editoriale

Roma e i rifiuti. Perché un chirurgo non funziona in Campidoglio

La capitale non ha bisogno di un mago della sala operatoria ma di un équipe capace di curare le varie patologie in una sinergia fra medici, chirurghi e infermieri

Simonetta  Bartolini

di Simonetta  Bartolini

a giorni i quotidiani romani riportano la querelle fra il sindaco Marino e il resto della città (politici, amministratori, imprenditori del settore, semplici cittadini) a proposito dei rifiuti.

La questione per chi non abiti nella Capitale è facilmente riassumibile in poche parole: Roma è sporca in maniera intollerabile. Nessuno la pulisce, pare che non sappiano dove mettere i rifiuti o come avviarli allo stoccaggio.

Un problema simile a quello napoletano? Non proprio. Nella città partenopea, come abbiamo saputo, le cosche avevano in mano il traffico dei rifiuti e ricattavano di fatto l’amministrazione, a Roma un sindaco abituato a fare il chirurgo non sa gestire quel che sarebbe di sua competenza e rimpalla le responsabilità a questo e a quello lavandosene di fatto le mani, pratica quest’ultima che oltre ad essere esercitata da Ponzio Pilato è particolarmente consueta a chi operi in una sala chirurgica.

Già perché il chirurgo-sindaco non sembra essere riuscito a dimenticare le caratteristiche della sua professione le cui dinamiche applica pedissequamente alla gestione dell’amministrazione capitolina.

I chirurghi, è cosa diventata addirittura proverbiale, una volta entrati in sala operatoria con le mani alzate e ben guantate per garantire l’asetticità, praticano la loro meritoria arte su una porzione di corpo  isolato dal resto. Tagliano, asportano, riparano, inseriscono, cambiano (secondo le necessità), richiudono e passano all’operazione successiva.

Qualche volta non sanno neppure chi sia il paziente al quale hanno trapiantato un cuore o un fegato, riparato un’aorta, o tolto un tumore.

È giusto così, l’ignoranza in questo caso aiuta a mantenere la necessaria freddezza, a evitare una partecipazione emotiva che potrebbe mettere a rischio la buona riuscita dell’operazione.

In sala operatoria quando occorre mano ferma, scienza, professionalità per salvare una vita va bene così.

In sala operatoria e solo lì. Se un chirurgo pensa di applicare il medesimo sistema all’amministrazione della città il disastro è assicurato e colpevole.

Marino pare che non si sia liberato dalle peculiarità di chirurgo (dicono formidabile per i trapianti di fegato) e come tale agisce dal suo ufficio in Campidoglio.

Ma Roma non è un paziente sul quale intervenire chirurgicamente, è una malata che ha bisogno di un équipe capace di curare le varie patologie in una sinergia costante fra medici, chirurghi e infermieri tenendo conto della personalità e delle caratteristiche generali.

Roma ha bisogno di qualcuno che la conosca, che abbia capito le sue caratteristiche intrinseche, che abbia le conoscenze professionali per curarla ma anche le capacità manageriali per gestirla, e quelle di umanità per capirla.

È ormai evidente che Ignazio Marino non è la persona adatta.

La questione dei rifiuti trattata in maniera dilettantesca e superficiale, a suon di rimpalli di responsabilità e di polemiche che hanno il sapore della ripicca per nascondere l’incapacità ne è una dimostrazione lampante, l’ennesima, ma la più grave perché se in una città come Roma si litiga sui rifiuti è il segno che la civiltà è finita. Grazie sindaco Marino!

 

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