Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Da qualunque latitudine la si guardi, il processo Ruby racconta l’ennesima irregolarità per l’Italia e per la giustizia di detto Paese.
Quelli con gli occhi ovattati di prosciutto stantio della sinistra, si domanderanno perché noi di Totalità continuiamo a dire che questo ennesimo processo a Berlusconi è una vera e propria farsa.
E’ un dibattimento anomalo perché la cosiddetta vittima del reato dichiara e giura da tempo di non essere mai stata una vittima, ove un funzionario che, i PM e i giudici vorrebbero minacciato, afferma che la ragazza non apparve mai come vittima, anzi,.. e ancora ove chi ha arrischiato a rinforzare la teoria della difesa è finito egli stesso alla sbarra per falsa testimonianza.
Siamo di fronte all’esaltazione ubriaca e senza senso della totale ingiustizia.
E se tanto ardire viene perpetrato con un potente della terra come Berlusconi, pensiamo un po’ cosa potrebbe capitare a noi comuni mortali, individui dal portafoglio semi deserto e dalla fama in continua e perenne discesa.
Io, personalmente né so qualcosa, forse un tantino più di qualcosa…
Riassumendo, in breve, questa commedia dai risvolti inquietanti possiamo tranquillamente scrivere
che: volevano il Cavaliere colpevole a ogni costo e maniera.
Dal momento che l'accusato è Silvio Berlusconi tutto appare di più chiara condiscendenza.
Si parla, infatti, di colui che ebbe a sfoderare le corna dietro alla paffuta Cancelliera e che, da allora, quando chiunque la vede, non può esimersi dal ripetere simil gesto.
Una cosa è certa, lo hanno ammesso anche i manettari più accaniti d’Italia: la condanna a sette anni è incomprensibile. Incomprensibile anche a sette mesi aggiungiamo.
Poiché, se ben ricordate, si base totalmente sulla famosa telefonata in questura la sera in cui Ruby venne fermata dalla polizia.
Secondo le menti vivide dei giudici di primo grado, nel colloquio con il funzionario d’ufficio, il Cavaliere avrebbe tenuto un atteggiamento così prepotente da «costringerlo» a rilasciare Ruby per il grande timore di subire ripercussioni.
Ora, tuttavia, a smentire le toghe giustizialiste è stato lo stesso poliziotto che ebbe a definire la conversazione telefonica con l’allora Premier “ totalmente all’insegna del garbo e della gentilezza”. Insomma, Berlusconi, non «ordinò» al funzionario di porre immediatamente in libertà la giovane. Ciò nonostante, per quest’«obbligo», mai confermato dal poliziotto, i giudici si sono dovuti inventare il solito, super usato e scontato, fattore psicologico, in questo caso legato all’alta carica ricoperta da Berlusconi.
C’è da dire un’altra piccola cosa però che molti tendono a non analizzare: ammesso e consesso che il funzionario fosse stato sottomesso psicologicamente dal Cavaliere, perché oggi con Berlusconi fatto fuori da palazzo Chigi, cacciato dal Senato, obbligato ai servizi sociali, il summenzionato poliziotto non si scrolla di dosso questo vincolo psicologico e dichiara quello che vorrebbero fargli dire i pipistrelloni col martello di legno?
Sapete perché non lo fa e mai penserà di farlo?
Perché ha sempre detto la verità, quella che non vuole accettare la bizzarra giustizia italiana.
Quanto sopra è per me la più grave anormalità di un processo che si è cibato cannibalescamente del voyeurismo giudiziario, di un tamburo mediatico rimpinguato da una selva di intercettazioni al limite del porno, che ambiva ad ogni costo, passando al setaccio chiunque fosse dalla parte del Cav, lo scalpo dell’odiato Berlusca e di una parte politica sempre perdente.
Questa è pura storia.
L’Italia non è un Paese di coraggiosi o cuor di leoni, ma in questa situazione occorre solo raccontare come stanno davvero i fatti, dire la verità.
Quella che dovrebbero raccontare gli atti, non quella fissata nei frivoli registri del disprezzo.
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