I tanti perché di un conflitto

La guerra tra Israele e Hamas:sangue, sofferenza e disinteresse USA

Appena la contesa sarà finita, nulla sarà mutato in un’ottica che nella sua fluida provvisorietà e precarietà non prometterà assolutamente niente di positivo...

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La guerra tra Israele e Hamas:sangue, sofferenza e disinteresse USA

Donna palestinese tra le macerie

Ormai c’è veramente poco da commentare, ogni giorno strazianti bollettini di guerra ci relazionano in merito alle vicende tra Hamas e Israele.

Un conflitto inutile, solo ed esclusivamente politico. 

Voluta in primis da Hamas, affrontata anche da Israele forse, sottolineo forse, controvoglia.

E che fa vittime soprattutto tra i civili.

Una guerra sporca, deturpante. Un contrasto cominciato dalla Striscia di Gaza, dai palestinesi, e non si capisce il perché fino in fondo, poiché militarmente nettamente più deboli.

Uno scontro che sembrerebbe alquanto folle, mentre invece al contrario è furbo, acuto, sottile, da parte di una guida ideologica che non ha a cuore la vita delle persone, della propria gente.

Una guerra evitabile, ma inevitabile allo stesso tempo dall’ inattività di qualsiasi negoziato equilibrato, logico, nell’incolto terreno dei protagonisti della politica mondiale, primariamente gli USA, mai stati così insicuri, deboli nella loro rappresentazione internazionale.

Un conflitto che è stato facile provocare: è “bastato”, controllare le virgolette per favore, rapire e massacrare tre ragazzi ebrei che tornavano da scuola, e continuare, poi, nello stillicidio di razzi da Gaza su obiettivi civili israeliani.

Inesorabile la risposta di un riottoso Netanyahu, che a dispetto della sua fama moderata non essendo un militarista, rischia tragicamente di vincere definitivamente questa guerra, ma di perdere ogni possibile spiraglio di pace nel dopoguerra.

Perché, chi ha seguito passo passo le vicende, sa che Hamas resterà al suo posto, reso indirettamente più forte “grazie” allo scontro impari col nemico storico. Sarà la vittima sacrificale che è ancora viva e pronta a impugnare le armi in nome della libertà.

Appena la contesa sarà finita, nulla sarà mutato in un’ottica che nella sua fluida provvisorietà e precarietà non prometterà assolutamente niente di positivo, dalla Siria che sa produrre solo morti e profughi, per giungere alla Libia sempre sull’orlo del tracollo definitivo.

Da mesi ormai le truppe di Hamas hanno lanciato l’ennesimo razzo su Israele dall’inizio di questo terzo round di ostilità, dopo quelli del 2009 e 2012, ma ancora una volta con Israele che dimostra la propria indubbia supremazia militare.

La risposta dei raid israeliani, anche senza impegno di terra, hanno causato distruzione e morte a Gaza e, a morire sono i civili, perché la leadership palestinese della Striscia di Gaza non ritiene priorità assoluta la vita dei propri cittadini.

Donne, bambini, vecchi, disabili, malati, esseri umani di una percentuale di terra tra le più popolate al mondo continuano quotidianamente a morire sotto i missili, a spregio degli avvertimenti che consigliano i residenti a lasciare le zone indicate pubblicamente come bersagli dall’esercito israeliano.

Alcuni rappresentanti dell’ONU in loco hanno detto che le famiglie non sanno dove andare. Gaza è diventata esclusivamente un poligono a cielo aperto, da dove partono i razzi, e sul quale si scatena periodicamente la durissima reazione israeliana. 

La colpa di tutto ciò?

La vergognosa latitanza degli Stati Uniti, dopo mesi d’inconcludente retorica del Presidente Obama e del suo burattinaio Kerry, l’assenza divenuta tristemente storica dell’Europa e l’incessante disgregazione di tutta la cornice regionale di riferimento, ha portato velocemente e senza tregua alcuna a uno dei drammi civili più devastanti degli ultimi anni, con un’unica provvisoria, ma poco credibile soluzione: quella di affidarsi all’Egitto che confina con la Striscia.

L’interruzione dell’azione bellica ora come ora può passare solo di là: dalla terra del Faraone.

E, certamente, non è un espediente che può garantire un futuro migliore…

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