Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Goethe, Costa in Italia
Sono in una piccola casa sui monti Lessini, all’ombra del Corno Mozzo. Alterno le passeggiate nei campi limitrofi alla valletta dove sorge la costruzione con qualche veglia pomeridiana nella parte in ombra d’un cortile lastricato in pietra sul quale sbuca, come per grazioso intermezzo, la scala interna che dalla cucina da basso porta a due minuscole camere sotto il tetto. Nella mia camera l’ospite ha una collezione di volumi davvero encomiabile per una località di montagna così dispersa. Romanzi, poesie, e una lunga teoria di quaderni d’arte illustrata. La sera, dato che alle nove e mezza si è già a letto, alla fioca lampada appesa al sottotetto, che posso toccare con mano essendo molto spiovente, scorro fino a che non mi addormento le immagini dei quadri dei grandi pittori, da Cimabue e dai bizantini in poi fino ai maestri fiamminghi e olandesi. Di primo pomeriggio la veglia, passati i primi giorni nei quali non sapevo che fare, diviene più operosa. Il mio ospite, che si è concesso una vacanza, mi ha affidato la cura del piccolo orto a gradoni. Ma questa è poca cosa e si riduce a dar da bere, sgorgando dalle botti per la raccolta dell’acqua piovana, alla verdura e ai fiori che danno un meraviglioso vedere multicolore attorno il cortiletto e salgono con le loro erbe di compagnia, gradone per gradone, il ripidissimo declivio sul quale si adagia il retro della casa. Ciò è solo verso sera, quando i raggi del sole non possono più bruciare le piante attraverso la lente delle gocce d’acqua.
Trovo una piccola enciclopedia letteraria. Gli autori son raccolti per ordine alfabetico alternati a illustrazioni, generalmente dei disegni di loro mano. Spesso davvero riusciti. Ho trovato dunque un primo compito per occupare queste veglie del primo pomeriggio. Stilare un rapido elenco degli scrittori che furono anche disegnatori o almeno scarabocchiatori. Idea che mi viene dall’aver letto dopo qualche giorno di acclimatazione alla mia villeggiatura ed al mio ufficio nell’orto “i racconti del Boscaccio” di Guareschi che avevo tratto da un vecchio armadio a vetri che funge da biblioteca ausiliaria nella minuscola camera. Ai piedi del mio grazioso giaciglio e con la grondaia che quasi tocca il sottotetto. Opposte al letto, allocate lungo la parete a monte rispetto allo spiovente sono infatti delle mensole ed un vetusto mobile che accolgono tutti i volumi disposti in ordine. Balzac, Baudelaire, Bulgakov, e via di seguito. I racconti del Boscaccio promettevano una lettura distensiva e in ogni caso utile. Cosa che si è confermata. Passavo anche dei quarti d’ora a studiare, d’ogni racconto la vignetta che Guareschi vi allegava a caporiga. Il motivo è nel fatto che le vignette guareschiane sono d’una semplicità disarmante ma pure espressive e precise. Mai puerili né banali. Segno d’un talento incomune.
Le prime note avevo scritto su foglietti volanti ricopiati a loro volta su di un quaderno. Caso dilettevole è che ritrovo ora pure gli scarabocchi che tracciavo per assimilare qualche disegno che mi aveva colpito e che potevo facilmente imitare.
Di Hans Christian Andersen, e del 1833 è un paesaggio nordico, Lode, disegnato con mano capace. Fin qui la piccola enciclopedia. Ma sono soprattutto i 100 e più disegni a cartolina dal viaggio in Italia degli anni 1834/35, sbozzati in margine al romanzo L’improvvisatore ad essere davvero belli. È stato scritto che l’immortale favoliere avrebbe potuto divenire un pittore di vaglia. Non vi è esagerazione. Nell’”Improvvisatore”, edizione recente e completa, i paesaggi, le architetture, gli alberi, gli scorci formano un diario d’immagini del viaggio.
Charles Baudelaire, ritratti a penna di Jeanne Darrel, la bruna ispiratrice del verso je t’adore à l’égal de la voûte nocturne ô grand taciturne, io ti adoro come adoro la gran volta notturna o gran taciturna, e poi i riusciti autoritratti di sé mentre scrive. O di sé nell’ebbrezza dell’oppio. Quest’ultima autocaricatura gustosa per l’ironia e l’abbigliamento elegante, in mantello e cilindro con sullo sfondo il cielo grigio ispiratore dello spleen de Paris, una colonna con statua, architetture.
Adalbert von Chamisso, disegno per “Frauenliebe und –leben des Schlosses Boncourt”.
Gilberth Keith Chesterton una gustosa autocaricatura che mi sono ingegnato di stilizzare ulteriormente. Un omaggio allo scrittore che ha ritratto con senno e profondità, e una lingua magnifica per stile, Francesco d’Assisi. Da Chesterton l’illuminante immagine della modestia assoluta del Santo e della semplicità insuperabile congiunte ad una distinta cortesia. Da meditare questa composizione di senso della nostra piccolezza e tocco aristocratico di cortesia. Eredità non per mera discendenza ma per nascita spirituale.
Di Théophile Gautier dei disegni per “Emaux et Camées” e “Le Capitaine Fracasse”.
Goethe scarabocchia con talento casa Brion a Sesenheim, e poi s’inventa una sorta di architettura che possiamo dire, senza timore di esagerare, futurista ante litteram: il nome della principessa sua protettrice Amalia trasfuso in un colonnato con arzigogoli vari in guisa di antico acquedotto. Belli sono poi i paesaggi laziali con rovine e architetture sbozzati e acquerellati in un solo colore, a parte qualche suggestiva eccezione, per i quali il poeta tedesco durante il celeberrimo soggiorno romano aveva meritato un complimento, che a leggersi bene è lusinghiero, da parte della grande pittrice Angelika Kaufmann.
Nikolaj Gogol disegna le due dame per la novella dell’ispettore generale.
Franz Grillparzer disegna una bella scena per gli Argonauti. Sono sorpreso del suo talento. Concise le sue considerazioni sulla nostra esistenza
Was ist der Erde Glück? Ein Schatten
Was ist der Erde Ruhm? Ein Traum.
Da voltare come impressioni in
Cos’è la fortuna del mondo? Un’ombra
Cos’è la fama di esso? Un sogno.
Rammenta il poema pindarico del nostro essere e vivere quali sogni d’un’ombra.
E poi, ancor più duramente
Ein Menschenleben - Ach, es ist so wenig
Ein Mnschenschicksal – Ach, es ist so viel.
La nostra vita, ahi! è poca cosa e sì troppo il nostro fato.
E.T.A. Hoffmann: disegni per “Ritterglück”, e per “i Dolori musicali del direttore Kreisler” e poi per “Nachtstücke”.
Victor Hugo: davvero suggestivi i disegni acquarellati di notturni e le fortezze sul mare. Colori bruni e neri abbondano per le nubi marine in attesa di scatenar tempeste su isolati castelli e velieri in mezzo al mare. Agiva il ricordo della fortezza che si leva sulle acque e le sabbie normanne di Mont-Saint Michel? Certo le nubi procellose rammentano ciò che si può vedere nell’isoletta di Jersey o Guernsey, dove il poeta francese fu in esilio alcun tempo. Paesaggi atlantici. Un bravo pittore ne potrebbe trarre bellissimi quadri.
Gottfried Keller disegna per le Zürcher Novellen il villaggio di Ritterswil sul lago di Zurigo. Si riconosce una mano capace. D’altra parte la frequentazione di Keller con il suo grande compatriota Arnold Böcklin è ora più che comprensibile. Lo scrittore non essendo digiuno di comprensione per l’arte figurativa, in virtù del suo talento per la stessa, poteva benissimo discutere e scambiar impressioni con il grande maestro dei colori.
Del poeta russo Lermontov un cavaliere disegnato.
Un paesaggio americano irto di maestosi alberi che ombreggiano la classica farm ottocentesca è disegnato con grazia da Longfellow, poeta e parente anziano d’uno scintillante e frammentario Pound.
Majakovskij aveva iniziato la sua ascesa alle Muse da studente della classe di pittura e scultura in un’accademia di Mosca. Lungo la temperie di guerra e rivoluzione si era dato alla propaganda riscoprendo con altri suoi sodali la vetusta arte dei lubki, incisioni o silografie assai rudimentali nella fattura ma efficaci e nei migliori casi vere opere d’arte popolare. Date ai Russi per proporre loro esempi di vita eroica. Ricordo ad esempio il ciclo settecentesco, del tempo di Pietro il Grande dedicato ad Alessandro il Macedone. Majakovskij disegna dei lubki rivoluzionari a vignette gustosissime con capitalisti da prendere a pedate e prussiani con l’elmetto a chiodo da ricacciare a casa loro, a Berlino. Ma altrettanto gustose son le sue letterine costellate di disegni. Fra questi ricordo il gatto accoccolato sulla sua Renault acquistata in quel di Parigi alla meta degli anni venti. Se fosse vissuto più a lungo Majakovskij si sarebbe potuto bene intendere con Céline in grazia del gatto Bébert. Ma prese quella famosa decisione di commettere suicidio. Decisione che comunque non consigliava a nessuno. Se i quadri semifuturisti e semiavanguardisti di Volodia, così lo chiamavano i suoi sodali, possono lasciare perplessi, così non è per i lubki e gli scarabocchi. E mai e poi mai per alcuni suoi poemi. Come quello in cui, nella notte e nella nebbia a Pietroburgo Volodia, per un istante non più fanfarone, si approssima alla statua di Pushkin per dirgli che la solitudine dei poeti è comune a entrambi.
Eduard Mörike: ritrae nel 1830 sé stesso nello studio col Kachelofen, la famosa stufa a muro delle case tedesche. Un disegno che rende bene la temperie della modestia Biedermeier. Ma la classificazione da storia della letteratura non trae in inganno chi legge il poemetto Gelassen stieg die Nacht ans Land, quieta saliva la sera alla collina, o la novella “Mozart auf der Reise nach Prag”, Mörike è poeta di vaglia e raccontatore vero.
Ippolito Nievo: i suoi panorami delle colline fiorentine e pisane con i borghi medievali arroccati son assai belli
Il Pascoli non tradisce la sua vocazione a ricreare il focolare domestico e disegna infra composizioni di lettere dell’alfabeto ellenico la facciata della sua casa di Castelvecchio, poi si abbandona ai ricordi e schizza una cavallina storna, infine cede alla sua passione pel vino e nella gaia atmosfera di questo abbozza una riuscita autocaricatura col fido cagnolino a passeggio.
Friedrich Schiller: un suo quadretto ingenuo di donne attorno un tavolo che pettegolano. Ingenuo ma non troppo.
Stendhal: non poteva al raccontatore dell’epopea napoleonica e del deprimente ritorno all’ordine seguito al naufragio di Waterloo mancare un talento plastico anche nei disegni. Di suo ho visto degli scarabocchi interessanti.
Non si era per nulla addentrato nell’ornata e deprimente landa dello snobismo culturale Scheiwiller figlio, l’editore coraggioso del “cavalcare la tigre” di Julius Evola, quando scriveva di essere attratto dagli scrittori che disegnano o dipingono e dai pittori che scrivono. Ci si deve piuttosto rammaricare che non vi sia ancora un’opera comprensiva, una sorta di bel volume spesso che raccolga il bel panorama completo cui queste poche linee hanno voluto dare un baleno di sguardo. Scheiwiller editò uno scabro volumetto introvabile che vorrei almeno poter sfogliare. Titolo fedele all’aggettivo usato di scabro: Pastelli e disegni. Autore, Eugenio Montale. Non posso che raccomandare al lettore di queste linee di guardare e dilettarsi dell’opera figurativa del poeta ligure. Qualcosa è per buona sorte visibile sull’internet: il laghetto nero con i cigni, una casetta modesta, erbe di contorno e sovrastante un cielo di nubi viola che presto porta la pioggia. Stilizzati tutti gli elementi con maestria. Ed esemplare la storia che ho letto d’un collezionista che a Parigi aveva portato per incorniciare dei disegni e delle incisioni. Il corniciaio, pittore egli stesso, visti fra tutti quelli di Montale disse senza saperne l’autore: “ma questi sono i disegni d’un poeta!” Del ligure sono visibili sull’internet pure graziose donnine nude, nature morte di soli frutti, conformi, in via consapevole o meno, al dettato di Schopenhauer, ammiratore di nature morte olandesi di fiori che tollerino d’altro solo i frutti per le belle fattezze e i colori e non istiganti, come le carni e i pesci e le uova i più miseri appetiti per nutrire la volontà di vivere. Scrivo ciò perché si dice che Montale sia stato attento lettore del filosofo di Danzica. Ancora del poeta ligure rammento al lettore un delicato pastello con laghetto d’Arcadia e graziose ninfe al bagno. Alberi d’intorno e un bel cielo blu e sereno. E poi gli scarabocchi a penna di spiagge della Versilia. Con le immancabili cabine, le onde, le navi a vele spiegate lontane.
Gli scrittori dell’elenco fin qui esposto datano tutti d’un passato prossimo. Abbozzo una possibile ragione del fatto sulla quale medito da tempo ma senza riuscire ad afferrarla. Do quindi una rudimentale descrizione delle mie impressioni. Agitandosi il tempo a cavallo della grande rivoluzione, della bufera napoleonica, del ritorno depresso all’ordine la facoltà d’incanalarsi in un solo alveo dell’ispirazione all’arte cede e vacilla. Come le acque agitate tracimano e una fonte scorre le sue acque in rivoli diversi così gli scrittori del tempo, in grazia della maggior potere di riassumere un panorama conferito loro dalla scrittura rispetto all’arte figurativa, arrivano presto al confine delle loro facoltà espressive. E si inoltrano vuoi sapendolo, vuoi senza precisa cognizione, entro altri domini. Un fatto pratico del Romanticismo si potrebbe dire. Un effetto collaterale di esso.
Ma scrittori che disegnano così come pittori che scrivono sono anticipati di alcuni secoli. I primi da Petrarca, i secondi da Michelangelo. Non così estranei i due grandi ad una prefigurazione dell’inquietudine romantica. Del poeta che riposa in Arquà è dilettevole e bello il disegno con il monte roccioso che alberga al culmine una pieve da raggiungere salendo per un’erta serpentina ben indicata. Agiva il ricordo dell’ascesa al picco del Ventoux? Sui declivi del monte qualche fiore e ai piedi di esso erbe e una fonte dalla quale le acque si incanalano in un ruscello. In primissimo piano una gru, riuscita con grazia e precisione, con il capo volto in basso stringe nel becco un pesce.
Poscritto
Piero Buscaroli nel magnifico affresco storico e musicale che sa ritrarre in margine alla sua biografia di Ludovico Beethoven acclude alcuni suoi scarabocchi. Appunti figurati del viaggio in visita alle dimore dell’eroe delle nove sinfonie. A guardarli se ne trae vero diletto colle prospettive, i rampicanti, gli alberi d’intorno ora spogli ora colmi di fronde, il flebile lampioncino d’angolo. Se ne trae netta la sensazione che deve aver albergato il disegnatore appassionato: qui visse, qui creò un monumento imperituro il grande compositore. Nel volume di questa biografia, che con quella di Bach dona al nostro latino una diade di capolavori, ad ogni schizzo era apposta la legenda “da un taccuino dell’autore”. Forse i taccuini sono molteplici e costellati di altri scarabocchi. Essendo il Buscaroli, e su ciò non v’è dubbio, un grande scrittore è da augurarsene la raccolta in un volumetto a parte. Esso diverrebbe un regalo non solo per la legione dei collezionisti e dei bibliofili ma anche per il semplice ascoltatore della musica beethoveniana.
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