Storie di ordinaria follia

Due carabinieri si divertivano a spaccare il motore dell’auto di servizio: intercettati e... assolti!

E pensare che per tale sentenza siamo arrivati addirittura alla Sezioni Unite della Cassazione, che aguzzate le orecchie, non sono servite per dimostrare l’innocenza dei due Carabinieri...

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Due carabinieri si divertivano a spaccare il motore dell’auto di servizio: intercettati e... assolti!

Il motto dell’Arma dei Carabinieri, creato nel 1914, «Nei Secoli Fedele», forse non era rimasto impresso nelle menti di questi due “spericolati”, definiamoli così per commiserazione, carabinieri.

A Muggia, comune in provincia di Trieste, nel dicembre del 2007 due rappresentanti dell’Arma più amata dagli italiani, durante il loro turno di pattuglia, invece di ricoprire il ruolo di controllori della sicurezza dei muggesani, se la spassarono allegramente a guidare l’Alfa Romeo di servizio come un’ autoscontri presso una fiera paesana.

I due bambinoni si divertivano a “portare” la macchina oltre i cento all’ora per poi scalare in seconda così da ascoltare l’urlo straziante del rumore e il cambio che si schiantava puntualmente. Una triste storiella che è arrivata al termine poche ore fa, con il verdetto che, guarda un po’, assolve i due militari.

E pensare che per tale sentenza siamo arrivati addirittura alla Sezioni Unite della Cassazione, che aguzzate le orecchie, non sono servite per dimostrare l’innocenza dei due Carabinieri, ma solo perché la prova fondamentale a loro carico è stata dichiarata, dai giudici, inutilizzabile.

L’accertamento si è verificato con una cimice posizionata all’interno della Gazzella, e che ha riportato, senza possibilità di smentita, le parole dei due uomini mentre si dilettavano a spaccare l’auto.

Come in ogni film poliziesco che si rispetti, anche nella realtà c’era il Carabiniere cattivo, che istiga quello buono ad elevare i giri e a scalare, e lui, quello buono, che  pedissequamente esegue di buon ordine.

Il tutto accompagnato dalla musica sgraziata del rombo delirante del motore dell'auto pagata profumatamente da noi contribuenti.
Oltre che furi di testa i due militari si dimostrarono pure iellati, poiché proprio sulla gazzella era stata installata la microspia che, però, doveva servire a un’altra indagine.

Insomma, una bella e seria caserma quella di Muggia.

Di cosa trattasse l’inchiesta, il verdetto non lo chiarisce, arrivando solo a pronunciare che riguardava «reati comuni commessi da militari dell'Arma ai danni di utenti della strada» e senza minimamente esternare come sia andata a finire.
Sulla storiella, alla Jerry Lewis e Dean Martin, si è aperto un contenzioso paragonabile a una causa di mafia.

E indovinate quel è l’oggetto del contendere? Indovinato, le intercettazioni.

E’ riaffiorato coerentemente il dubbio amletico di come comportarsi se investigando su un crimine si scopre invece un altro reato, magari un illecito per il quale - con supporto del codice – le intercettazioni non si potevano fare!?

In pratica, le intercettazioni in questo caso sono risultate inadoperabili.

Le Sezioni Unite della cassazione nella sentenza dell'altro ieri hanno infatti deliberato che una intercettazione « è un corpo di reato solo quando costituisce essa stessa l'elemento del reato», come nei casi dei dibattimenti per violazione della privacy o intelligence.

Ma, a ben vedere, non è certo questo il caso dei carabinieri folli di Muggia.

Com’è finita? Che il nastro è stato fatto sparire durante la fase processuale, e gli accusati alla pari della bobina sono svaniti come neve al sole.

Di conseguenza: si sospetta che dei subalterni del debito pubblico, stipendiati perciò con i nostri soldi, per vigilare la comunità mugessana, siano in realtà in circolazione, invece, allo scopo di perseguitare i cittadini contribuenti attraverso l’irrogazione di sanzioni ed eventualmente estorsione di denaro e, tal proposito, viene piazzata una "cimice" nella Gazzella. Cercando le prove di un reato odioso se ne scopre invece un altro: il cretino divertimento di fracassare auto di proprietà dei contribuenti.

Non sono qui a discutere la decisione della Cassazione presa in punta di diritto, spero però che, venuti a conoscenza di tal misfatto, chi di competenza controlli tutte quelle persone che dovrebbero essere i nostri vigilanti della sicurezza e quando scopriranno siffatti personaggi provvedano a cacciarli immediatamente senza stare a pensare che siano militari dell’Arma dei Carabinieri, un’arma appunto che non prevede simili rappresentanti.

La giustizia, l’ho più volte scritto in queste pagine, non funziona, e molti mi hanno controbattuto affermando che i magistrati hanno troppo lavoro!

Dico solo una cosa: quanti PM, giudici e impiegati hanno messo mano a questo caso per 7 anni di fila? E con quali risultati?

L’unica, indubitabile, innegabile verità è che a pagare sono sempre i soliti: NOI!

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