Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Qui siamo già nel 1930 e questa è la O.E.C Temple a motore J.A.P. da quasi 1000 cc che si appresta a effettuare un vittorioso chilometro lanciato a oltre 244 orari. Il motore è il medesimo della Brough e veniva fornito dalla casa produttrice ai costruttori di motociclette, maggiormente specializzati nell’arte dei telai, che così avevano un buon propulsore capace di sopportare anche le preparazioni spinte dal montaggio del compressore volumetrico che si vede nella foto inscatolato anteriormente ai cilindri e leggermente in basso. Sono montate schermature aerodinamiche alle forcelle, al motore e compressore, alla ruota posteriore che è a “disco” come sugli aerei dell’epoca a carrello scoperto. La schermatura più effettiva tecnicamente ed esteticamente interessante è il cuneo spartivento sulla testa di forcella. Si sono nominati fin qui i fatidici record di velocità, essi però non sono limitati solo alle possenti bicilindriche come la O.E.C. Temple o la Brough Superior da 1000 cc. Solo poco tempo prima, W.D. Marchant con una Motosacoche 347 cc M.A.G. a Monthléry il 29 settembre del 1927 percorre le 50 miglia a 101,27 miglia orarie di media e i 100 km a 101,38 miglia di media. Ovvero 162,94 km all’ora tenuti lungo 80 km, che salgono a 163,12 orari sui 100 chilometri. Per l’anno 1927 una scintillante prova dell’affidabilità meccanica svizzera su di una macchinetta di soli 350 cc.
La O.E.C. Temple aveva approntato due macchine per il record di velocità entrambe sovralimentate dal compressore volumetrico. Una queste aveva un telaio cui si univa il curioso complesso sterzante visibile nell’immagine ma non facilmente comprensibile nella sua geometria. L’idea non era comunque strampalata: macchine con questo sistema di sterzo sono state costruite in serie e alcune di esse sono state collaudate in corsa nel duro Tourist Trophy. La motocicletta da record ha qui un bell’ornamento di schermature aerodinamiche coronate dalla ruota posteriore a disco e dall’elmo affusolato del pilota. I 244 orari sono stati però raggiunti dalla macchina più classica qui visibile in secondo piano sulla sinistra dell’immagine.
Graham Walker enjoys a smoke, ovvero si concede una meritata sigaretta, in sella alla Rudge 500 avendo a lato il figlio dopo una corsa vittoriosa. È il 1930. La mezzo litro di Coventry è la macchina di riferimento per i corridori privati dei Gran Premi. Elegante, leggera, ed armoniosa nelle linee, è nel propulsore robustissima e classica nelle soluzioni tecniche. Le valvole sono comandate da aste e bilancieri ma per raggiungere lo stesso alte potenze senza sollecitare il tutto i tecnici della casa inglese hanno reintrodotto la soluzione delle quattro valvole. La moto rende 33 cavalli che salgono nel tempo a 36 per finire a 42 con l’uso di solo alcol come carburante.
Di prove della sua proverbiale robustezza ve ne è una in Italia, dove ancora fino al 1964 un pilota privato correva colla vetusta Rudge 500, un modello del 1933 ereditata dal padre, un bravo corridore degli anni 30 che l’aveva a sua volta acquistata da Aldrighetti, un campione della scuderia Ferrari. A questa macchina va l’alloro di aver infranto per prima, lungo il fatidico 1930, il muro degli oltre 170 chilometri percorsi in un’ora con partenza da fermo e silenziatori allo scarico. Avvenne sul circuito di Brooklands. Sulla macchina di Walker pare inaugurarsi l’uso della disposizione laterale del contagiri la cui presa è sul rinvio che dall’albero motore va al magnete di accensione. La moto ebbe vita piuttosto lunga sui circuiti inglesi, dove le macchine pluricilindriche italiane e germaniche non venivano troppo a far man bassa di vittorie: su The Motorcycle del 28 maggio 1936 si ha che in quel di Brooklands, nelle corse domenicali per piloti privati, un certo Pope con la 490 Norton aveva il miglior giro a 105,07 miglia di media, e Greenwood con la sua 499 Rudge aveva il miglior giro a 104,63 miglia orarie. Sempre le Rudge si prestavano poi ai più impensabili collage meccanici: una Rudge artigianale con motore monocilindrico J.A.P. silenziato, priva di freno anteriore e alleggerita fino all’inverosimile al punto da parere uno scheletro a due ruote carenato sulla testa di forcella viaggia nella stessa occasione a 101,64 miglia orarie di media che sono pari a circa 163 chilometri orari.
Nel 1938 giunge invece notizia dalla Nuova Zelanda di una formidabile Rudge eguale a quella della foto ma aggiornata con la preparazione che vola in un rettilineo di gara a 118 miglia orarie: quasi 190 all’ora. Robusta e capace di essere anche veloce la macchina di Coventry resta comunque impareggiabile per la bellezza delle sue linee.
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