La giornata politica vista da Vincenzo Pacifici

E adesso ci si mette anche Passera, passerà anche lui senza lasciare traccia

di Vincenzo Pacifici

E adesso ci si mette anche Passera, passerà anche lui senza lasciare traccia

Corrado Passera

Ci voleva Corrado Passera per gettare un sasso – credo alla fine un sassolino, non certo un macigno – nella "morta gora" del centrodestra italiano.

In una lettera pubblicata da «Libero», il quasi sessantenne comasco, ministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture e Trasporti del gabinetto Monti (16 novembre 2011 – 28 aprile 2013), dopo un capoverso, sicuramente sgradito a Berlusconi per le critiche mosse alla situazione generale del paese e alla 'salvifica' riforma del Senato, nel secondo comincia la preparazione autoreferenziale ed ugualmente miracolosa del progetto "Paese coraggioso" , capace di cambiare verso, grazie alle "persone capaci di elaborarlo e realizzarlo" presenti tra le sue file.

Prima di fornire i dettagli dell’alternativa efficace, attacca, pur tra immeritati ed infondati elogi iniziali, sia Grillo quanto il boy scout, al quale addirittura arriva a riconoscere il "grande contributo" recato "al rinnovo della politica" e il merito di avere "ricompattato, grazie a uno stile diretto e inclusivo, milioni di italiani desiderosi di novità e di decisionismo".

Una volta letta la ricetta preparata per risolvere la crisi, ci si avvede che essa è priva di originalità, rispolverando temi triti del berlusconismo ed obiettivi dallo stesso anticipati ma non raggiunti. La sintesi di fondo – intuita sin dall’avvio – si scova nella frase :  "Diciamolo chiaramente: un nuovo progetto Paese e una rinnovata capacità di guida non possono venire semplicemente riassemblando vecchie sigle o modificando l’ordine degli addendi di costruzioni politiche che appartengono al passato". Quindi siamo all’atteso "Ci siamo noi salvatori della patria", perché – scomunica generale ed inappellabile – sulla scena politica esistono solo  "sigle partitiche sempre più lontane tra loro ma che sembrano lavorare a favore del Partito della Nazioni di Renzi, chi attraverso l’asservimento esplicito al Governo, chi attraverso l’asservimento di fatto, chi attraverso radicalismi in stile lepenista".

Prima di proseguire l’analisi, è opportuno e soprattutto necessario creare una sommaria fisionomia del proponente con i suoi precedenti professionali e politici. Illustrati già i dati anagrafici, ripercorriamo il Corrado Passera nell’attività civile, che inizia – dati da non perdere – quale direttore generale del CIR, holding del gruppo De Benedetti, poi della Mondadori e del Gruppo editoriale «L’Espresso». Nel 1998 è nominato dal governo Ciampi amministratore delegato della neonata Poste italiane, il cui successo in campo assicurativo e bancario è stato ottenuto grazie alla capillare diffusione della rete dei vecchi uffici postali. Tra il 2002 ed il 2006 amministratore della Banca Intesa, figura tra gli artefici della fusione da cui deriva l’istituto Intesa San Paolo. Nel 2008 è advisor dell’operazione di salvataggio della compagnia di bandiera nazionale, operazione invero precaria visto il recente accordo con Etihad.

Conclusa nel modo a tutti noto l’esperienza dell’esecutivo Monti, Passera,  destinato chiaramente ad un ruolo di comprimario e non a quello di punta, rifiuta di "partecipare alla fondazione di Scelta Civica, perché nasceva un cartello elettorale di vecchio stampo e le spinte più originali e significative di quel progetto venivano così depotenziate e annullate". Dimentica però di riconoscere l’inconsistenza di quelle "spinte originali e significative",  che hanno responsabilità - come oggi viene pesantemente dimostrato - nella situazione politica, nel quadro sociale, nell’arretramento economico.

 Il porro unum è rappresentato dal passaggio: "Sono convinto che dobbiamo rifondare il Centrodestra con grande ambizione, chiamando a raccolta le migliori esperienze della società civile, dell’amministrazione pubblica e della stessa politica. Puntando a costruire un partito moderno che miri alla maggioranza senza accettare alleanze di compromesso né fusioni con vecchi esponenti della seconda repubblica. Nel Paese c’è una grande domanda per un’alternativa al Centrosinistra di Renzi. A questo impellente bisogno di nuovo, credo noi possiamo dare risposta".

Passera è liberissimo di manifestare tali intenzioni ma noi non possiamo credere assolutamente in lui, perché i suoi  - come già detto - sono discorsi identici a quelli ascoltati 20 anni or sono da un esponente della società civile dalle realizzazioni solide (non l’Alitalia), in cui milioni di italiani – non il sottoscritto – hanno creduto.

Serve un progetto diverso, meno presuntuoso, meno altezzoso  e meno narcisista, in cui la destra, che dovrebbe rifiutare l’assorbimento e l’impacchettamento senza il minimo riguardo o collusioni innaturali, può recare il proprio contributo autonomo, ricco delle proprie idee, oggi sopite ma sempre vive e principalmente valide

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