Editoriale

«Tradizione», il punto sulla politica

Gli esiti di un convegno promosso dalla rivista diretta da Anderson

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

er un giorno teniamoci lontani dalla politica e dalle sue notizie presentate come nuove, invece vecchie e risapute. Due fra tutte l’annunzio del commissariamento deciso da Napolitano sul boy scout, in effetti ed in realtà esistente sin dal primo vagito, e le manovre da sempre compiute da Berlusconi per indebolire e svuotare il gruppo senatoriale del partito di Alfano, che dovrebbe poi essere riportato alla casa madre per la futura o futuribile coalizione dei moderati. 

Portiamoci dunque con Manzoni in "più spirabil aere", presentando il IV numero del periodico trimestrale di studi e azione politica «Tradizione», diretto da Massimo Anderson, Riccardo Pedrizzi, Angelo Ruggiero e con Pietro Giubilo, nomi di assoluta garanzia  ed uomini di destra senza aggettivi e senza riserve. La rivista riprende, rianimandolo e aggiornandolo il titolo di una testata, presentata nel 1963. 

L’elenco dei collaboratori è ricco e qualificato, gli articoli sono tutti ben argomentati e sensati, attenti alla realtà politica e pieni di indicazioni, di informazioni e di suggerimenti. Lo scorso 5 giugno si è tenuto un convegno organizzato dalla direzione della rivista per illustrarne le intenzioni e le finalità Di particolare valenza  e particolare utilità formativa sono state le relazioni di Riccardo Pedrizzi, Gennaro Malgieri e Domenico Fisichella. Per il primo è venuto "il momento della Tradizione, del conservatorismo, dell’identità, delle radici, del Dio, Patria, Famiglia, quindi dell’alternativa popolare", il momento di riproporre e rilanciare "la nostra concezione del lavoro artefice e protagonista della ricchezza". 

Malgieri, dal canto suo, ha invitato a non "intestardirsi attorno a delle prospettive impossibili e velleitarie", impegnandosi in "pochi e qualificati temi che dovrebbero dare il senso ad un’azione politica tesa al ristabilimento della democrazia e della sovranità". 

Domenico Fisichella non poteva che rilanciare le idee o meglio i principi salienti, posti alla base di Alleanza Nazionale, ingiustamente ed immeritatamente sabotata e poi affondata, principi da salvaguardare e da rilanciare indispensabili per la rinascita per una nuova Destra. "Per recuperare – ha osservato – certo con immensa fatica e impegno di lungo tempo, in questo quadro è cruciale e ineludibile la rivendicazione dell’unità dello Stato nazionale" all’interno di una tradizione, il cui criterio selettivo "è la storia, che per noi significa costruzione, salvaguardia e sviluppo della Stato nazionale unitario". "Questa – è per Fisichella e non solo per lui – la cornice politica e istituzionale della tradizione italiana. Entro tale cornice un molteplice corredo di posizioni e orientamenti può avere spazio, tranne ciò che la nega alla radice e nelle radici storiche". Quindi il federalismo, il leghismo e qualsiasi frazionismo regionalistico. 

Tra le firme presenti nel numero di aprile – giugno  figurano anche Giuseppe Parlato, Fausto Belfiori e Giuseppe Del Ninno. 

Su un solo articolo, a mio avviso, vanno espresse riserve. E’ quello in cui l’ex senatore Domenico Gramazio esprime una incondizionata fiducia nella riforma presidenzialista, vecchio cavallo di battaglia prima di Randolfo Pacciardi, poi di alcuni esponenti democristiani (Ciccardini, Zamberletti e Destefanis) ed infine di Giorgio Almirante. Ora Gramazio, diventato berlusconiano con il figlio consigliere regionale sempre dello stesso partito, nel difendere l’abolizione del Senato, arriva a sostenere che la presenza di due Camere con gli stessi poteri abbia "indebolito la democrazia" e sia stata causa del crescente, ormai dilagante, astensionismo. E’ una tesi francamente insostenibile, al limite dell’ incredibile e dell’illogico.  Lo stesso tifo presidenzialista – a mio avviso – va moderato alla luce della situazione politica e della consistenza degli schieramenti in campo. E’ vero che l’Italia è stata superata perfino dalla Turchia, che ha introdotto l’elezione diretta, ma non vorremmo che una volta realizzato questo sogno, si dovesse piangere. "Intelligentibus pauca verba"


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