Le vecchie e arrugginite armi dell'esercito italiano in Kurdistan. A che pro ci chiediamo

L’armamento è un’azione bellica? Non è che senza volerlo ne siamo attivamente dentro sebbene in maniera, per ora, più disimpegnata?

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Le vecchie e arrugginite armi dell'esercito italiano in Kurdistan. A che pro ci chiediamo

Pinotti e Mogherini

E’ appropriato che l’Italia consegni così tante armi in Iraq? E’ giusta la linea intrapresa dal Governo?

Una cosa è chiara a tutti: i militanti dell’Isis sono serial killer e dei peggiori.

Ciò che noi, comuni mortali, conosciamo delle armi sono l’effetto deturpante che fanno sui corpi. E poi ci hanno insegnato che esse allontanano l’uomo dalla pace.

Insomma, siamo nuovamente tornati alla strategia distruttiva di “armiamo il meno peggio, quello che appare meno cattivo, il più debole”, facendo finta di dimenticarci che con tale pianificazione militare sono stati creati i talebani.

Quindi, riproponendo la domanda, “è corretto armare i curdi fini ai denti?”

Il ministro degli Esteri Mogherini e quello della Difesa Pinotti, sembra stiano alacremente lavorando a un progetto che conduca a una via di mezzo, mentre la realtà ci porta a conoscenza che il carico dovrebbe partire tra pochi giorni.

Il Ministro della Difesa tiene a puntualizzare che invieremo “armi leggere” e cioè fucili mitragliatori, pistole vecchio modello Browning, mitragliatrici, vetusti MG, razzi anticarro e altra ferraglia sequestrata nel 1994.

A parte il fatto che di armi cosiddette leggere non ne esistono, a meno che non inviamo loro delle scacciacani, ma siamo sicuri che con tutta questa montagna di ferro arrugginito, magari neanche testato, riescano ad opporre una valida difesa, magari aprendo un corridoio umanitario?

Non sarebbe, alternativamente parlando, più consigliabile inviare una delegazione dell’ONU così da iniziare vere trattative diplomatiche con i jihadisti?

La guerra in Iraq c’era dieci giorni fa, due mesi fa e un anno fa.

Da quando la missione militare USA-Alleati è stata annunciata conclusa, da quando i presidenti americani che si sono succeduti hanno “esportato la democrazia” ci sono stati decine di morti ogni giorno.

Il vero grande problema da risolvere, e che molti cercano di scansare come la peste -mi rivolgo alle organizzazioni di tutte le nazioni che si dicono unite, congiuntamente alle varie comunità europee altrettanto unite- è chi mai abbia armato così efficacemente gli assassini dell’Isis e tutti i tagliatori di teste del mondo Islamico.

Comunque è bene ricordare che non c’è solo la guerra in Iraq, ma continua anche quella di Gaza;

la Repubblica Centrafricana ha in seno un conflitto che vede migliaia di morti e feriti ogni anno, così come l’Afghanistan ormai messo del tutto nel dimenticatoio.

Ma tornando al Medio Oriente, il punto focale della situazione si chiama Palestina, trasformatasi da tempo in un’immensa prigione, e fino a quando continuerà l’assedio pressante, il controllo –come avveniva nel medioevo- dell’acqua, del territorio, del mare, ci sarà guerra.

Il Papa è arrivato a dire che siamo in piena terza guerra mondiale, ma di sicuro non è a pezzetti, come poi puntualizzato dal Pontefice, ora è guerra ovunque. Facciamo veramente fatica a riportare a mente estati così violente e sanguinose.

Ci sono linee di guerra, lungo le quali si affrontano gli eserciti avversari, che vengono raccontante, e altre volutamente dimenticate…chissà perché!

E’ importante sottolineare che il conflitto Medio Orientale, allargatosi in maniera preoccupante in tutto il mondo, è portato avanti dai terroristi islamici e, primariamente, contro altri islamici, quelli moderati, quelli fortemente responsabilizzati.

E sono proprio loro, come in tutte le guerre del mondo, i civili e i moderati, le prime vittime ad essere colpite.

Lo sono però non solo dagli estremisti, ma anche dagli interventi definiti “esterni”, militari, e “democratici”.

Quando si arriva a bombardare ripetutamente, quando s’invade un territorio, la prima conseguenza è quella di ottenere una risolutiva configurazione d’intransigenza e esasperazione.

In Iraq, grazie alla democrazia esportata e configurata dagli USA, bisogna ripartire da zero: dopo Saddam Hussein è la volta dell’Isis, non appare un po’ strana la cosa?

Quindi, l’invio delle nostre armi, oltre ad inimicarci ancor di più il fronte estremista islamico, risulta del tutto inutile.

Ed è assolutamente inquietante che, invece, sia l’unica risposta che i Paesi più influenti del mondo sanno dare.

È sconvolgente perché detta risposta arriva proprio da quelle Nazioni che si candidano e dichiarano di voler portare la pace, mentre in realtà altro non sono che i veri, grandi responsabili del macello, perché è proprio la presenza massiccia degli armamenti che permette ai diversi gruppi estremisti di fare e reggere stabilmente un conflitto.

Allora, prima di inviare in Kurdistan vecchie e arrugginite armi, dovremmo valutare la creazione di una forza Onu pronta ad un confronto verbale, ad una trattativa con l’Isis e i vari gruppi intransigenti.

Poi ci sarebbe un’altra importante strada da percorrere, quella dei soldi. Come si finanziano questi serial killer, mozza teste?

Forse, allora, scopriremmo contatti con i governi amici?

E poi, un’ultima cosa: l’armamento è un’azione bellica? Non è che senza volerlo ne siamo attivamente dentro sebbene in maniera, per ora, più disimpegnata?

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