Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
inalmente, dopo anni d’inutili studi su una materia del tutto superflua qual è Storia dell’Arte ho finalmente compreso il vero significato della parola “mostra”. No no, non è come credevo io, ovvero derivante dal “mostrare”, dall’esporre alla visione delle genti, per nulla. Mostra indica il sostantivo femminile del Mostro, creatura orribile, deforme e sovente malvagia. L’ho capito finalmente grazie al meraviglioso manifesto ideato dagli artisti ed esperti in comunicazione della LGBT affisso a Torino in relazione all’imperdibile appunto, loro Mostra di opere d’arte gaiolesbotrans e chissà cos’altro.
Il manifesto raffigura un’immagine che giudicare brutta è un eufemismo. Intanto è un insulto alle donne di forme abbondanti, quelle generose forme che proprio la nostra cultura mediterranea ha sempre così valorizzato, poi è inutilmente offensivo sia nei confronti dell’arte, rappresentata dalle immagini delle icone che la “mostra” calpesta con aria disgustata, sia ovviamente, nei confronti della fede religiosa sempre da quelle stesse icone rappresentata. Il tutto circondato da un’atmosfera di degrado sociale e metropolitano che piace tanto oggi a chi fa arte contemporanea.
Ora di cose da dire ce ne sarebbero un po’, quindi vado per ordine a partire dalle più banali.
Come hanno detto già altri, se fosse avvenuto – ed è avvenuto – un fatto analogo, ma d’idee contrarie a quelle della lobby gaylesbotrans, sarebbe successo un finimondo con tanto d’interrogazioni parlamentari e anatemi contro i reazionari cattofascisti omofobi.
Se avessero insultato altre religioni si sarebbe alzato immediatamente un coro di proteste – sacrosanto – per la difesa delle minoranze oltraggiate. Qua offendono ben quattro culti in un colpo solo e pochissimi dicono qualcosa.
Così facendo, ancora una volta in modo assolutamente incomprensibile gli “artisti LGBT” – e io sciocco che pensavo che gli artisti fossero tali punto e basta a prescindere dal loro orientamento sessuale – si autoghettizzano dichiarandosi “altro”, diversi ed estranei all’ecumene.
Qualcuno gli faccia sapere che da duemila anni nelle nostre chiese cattoliche si venera il santo patrono degli omosessuali: San Sebastiano, del quale esistono innumerevoli opere d’arte e capolavori di pittura e di scultura. Persino un vero artista contemporaneo – anche, ma non solo, omosessuale - come Mishima Yukio riprese il tema del martire trafitto dalle frecce per le proprie opere.
Non riesco poi a capire veramente la necessità “artistica” né di “comunicazione” nel voler rappresentare una brutta creatura di sesso femminile, volgare perché inutilmente rappresentata nuda nella sua decrepitezza, nell’atto di schiacciare immagini sacre del Cristianesimo. Non vedo la “provocazione” intellettuale. Vedo soltanto bassezza d’animo e ignoranza crassa oltre che incapacità artistica.
E vedo anche mancanza di rispetto e disprezzo per la libertà altrui, proprio quel rispetto e quella libertà che tanto pretendono per loro i sostenitori del mondo arcobaleno.
Per “spiegazione” della loro scelta di immagine i creativi hanno detto “La nostra rassegna intende promuovere gli artisti LGBT ma da quest’anno abbiamo aggiunto una ‘e’ per comprendere anche il mondo etero. E la fotografia di Mauro Pinotti ha come unico intento quello di mettere in risalto la donna. Non di calpestare la religione”.
E ancora: “il simbolismo che ho scelto per il mio lavoro non vuole affatto denigrare la religione, ma solo esaltare la superiorità della donna rispetto l’uomo. I sette vizi capitali presentati in mostra hanno tutti dei simboli ben precisi, studiati nei dettagli. In questa foto ho scelto di simboleggiare la Superbia con una donna. All’inizio volevo mettere sotto i piedi di questa Donna/Superbia una pila di libri, volevo rappresentarla superiore alla cultura. Però mi sembrava banale, limitativo. Ho sempre considerato la donna assolutamente superiore all’uomo e pensato che sopra la donna c’è solo Dio. Così sono andato a cercare un manifesto qualsiasi in cui fosse rappresentata un’icona religiosa per metterla sotto i suoi piedi”.
Ora non so se ridere come il gufo Anacleto ne “La Spada nella Roccia” o veramente sconsolato arrendermi al fatto che avesse ragione Einstein sull’infinità della stupidità umana. La spiegazione è semplicemente straordinaria e sta nell’ultima frase dell’artista: “All’inizio volevo mettere sotto i piedi di questa Donna/Superbia una pila di libri, volevo rappresentarla superiore alla cultura. Però mi sembrava banale, limitativo. Ho sempre considerato la donna assolutamente superiore all’uomo e pensato che sopra la donna c’è solo Dio. Così sono andato a cercare un manifesto qualsiasi in cui fosse rappresentata un’icona religiosa per metterla sotto i suoi piedi”.
Temeva di essere “banale”. Quindi per non esserlo ha scelto di sostituire la “cultura” rappresentata dai libri con Dio. Complimenti, originalissimo. Punto banale.
Stia certo il nostro artista LGBT che se per Michelangelo Buonarroti la chiesa controriformistica ha scomodato Daniele da Volterra detto “Il Braghettone”, per lui questo non avverrà, perché non merita tanta considerazione.
Perché non ha fatto calpestare alla “donna” – che poi non era necessario fosse così – per esempio delle mine antiuomo, o dei pani di droga, o altro che sia realmente simbolo del male e di ciò che ci domina piuttosto che immagini sacre all’animo di qualcuno che ancora ci crede? Nessun rispetto appunto.
E poi facciamola finita con la giustificazione risibile quanto esile “ è arte”. No, questa NON È ARTE, perché è BRUTTA, perché non vi è armonia, equilibrio, rispetto di chi guarda. E non tiriamo in ballo, fuori luogo, i casi assolutamente unici che furono quelli di Caravaggio o Rubens. In loro non c’era oscenità né vilipendio, tant’è che le tele del Merisi ancora campeggiano nelle chiese di Roma e di Napoli.
Se non altro questo ci consola, che quest’ennesima affermazione del brutto e della bruttezza, svanirà e verrà dimenticata mentre la Lena di Caravaggio, la modella che fu prostituta e sua amante, continua a sorridere al popolo dalla sua tela, tenendo in mano il Bambino come la Beata Sempre Vergine Maria, che è la Madonna di tutti anche degli artisti omosessuali.
Fonte: http://www.tempi.it/torino-da-il-patrocino-alla-mostra-lgbt-e-basta-guardare-la-locandina-per-capire-tutto#.VAcv093W0ZF
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