Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
La globalizzazione ha stravinto: cultura, economia, mode e costumi tendono a perdere la propria identità per assomigliarsi sempre più. Il fenomeno è recente, ma si sta allargando a macchia d’olio, tanto da coinvolgere mercati economici e soprattutto culturali di ogni paese. Il risultato è l’omologazione della gente e delle città: dal Colosseo al Big Ben, è quasi impossibile non trovare la medesima offerta. Stessi negozi, stessi marchi, stessi prodotti, stessi gusti culinari: tra un monumento e l’altro è inevitabile ritrovarsi davanti a un Mc Donald’s.
L’influenza americana ha attraversato l’oceano ed ha invaso tutta l’Europa. I risultati più eclatanti si possono notare soprattutto in Inghilterra e più precisamente a Londra che, anche per dimensioni, ricorda le grandi città a stelle e strisce. Nelle principali vie, o meglio, “street” londinesi, non sarebbe così facile trovare grandi differenze rispetto a quelle americane, se non fosse per l’assenza dei grattacieli tipici delle metropoli statunitensi.
In generale per il turista a Londra non è agevole individuare quali siano le tradizioni tipiche inglesi. Certo l’orario della cena è anticipato rispetto a quello di alcune città europee, la guida è a destra, l’underground è puntuale ed efficiente. Sopravvivono le famose e tipiche cabine telefoniche rosse che però, essendo vecchie e guaste, sono spesso prese di mira dai cosiddetti homeless e destinate a scomparire. Se ne sopravvive ancora qualcuna è proprio perché sono uno di quei pochi simboli tipici rimasti del paese. Ma nel complesso, il centro della città non è troppo diverso da quello di molte altre capitali e rispecchia l’atteggiamento dell’odierno consumatore, inglese o non. E in una società come la nostra, ahinoi, dominata dal consumo, le tradizioni e le differenze culturali si dissolvono, sopraffatte dal consumismo omologato.
Anche le più importanti città italiane sono state colpite dagli effetti della globalizzazione, infatti la maggior parte delle vetrine dei nostri centri storici le ritroviamo a Londra o in qualsiasi altra capitale europea. Dai Mc Donald’s a Burger King, dal marchio Nike a Abercrombie & Fitch, da Ralph Lauren alla Apple di Steve Jobs con i vari I-Phone, I-Pad e Macbook; la sostanza è sempre la stessa: a cambiare sono solo dimensioni e quantità.
Se a New York, come la stessa Londra, in ogni angolo della strada c’è un Mc Donald’s, a Firenze non è stata, per il momento, raggiunta la doppia cifra. Se vicino a Piazza Navona a Roma è stato aperto recentemente un semplice negozio Nike, nella capitale del Regno Unito in Regent Street si trova il Nike Town, un palazzo di quattro piani esclusivamente dedicato a prodotti Nike. Oltre a dimensioni e quantità, un’altra differenza riguarda il tempo impiegato da un marchio americano ad essere esportato nelle varie capitali europee. Londra e Parigi sono le prime, l’Italia è stranamente tra gli ultimi paesi ad ottenere il prodotto USA. Forse non è del tutto un male, ciò significa che alcune tradizioni tipicamente italiane sopravvivono un po’ più a lungo: del resto, se invece di un fast food resiste ancora una buona pizzeria è tutto di guadagnato!
La globalizzazione è un fenomeno positivo o negativo?
Se di positivo c’è il superamento dei confini economici e culturali tra gli stati, il gran numero di beni e servizi che ci vengono quotidianamente offerti, la semplicità con cui possiamo accedere alle informazioni mondiali, il fatto di poter essere in contatto gratuitamente e in tempo reale con l’amico australiano; di negativo c’è invece non solo la tendenza ad un inasprimento del divario tra le classi sociali a danno dei più deboli economicamente, ma anche l’affievolirsi delle differenze tra i popoli a danno delle loro specifiche identità. Le tradizioni e i costumi si dissolvono a favore di un’omogeneità dilagante e preoccupante.
Ma la globalizzazione stravince proprio su tutto? Qualcosa resiste: il patrimonio artistico. Le città d’arte, almeno in quello, conservano la loro identità e custodiscono le radici e la storia di un popolo. Il Colosseo o il Big Ben, anche se non lontani da un Mc Donald’s, mantengono immutati il loro fascino e il loro valore; a noi il prezioso compito di difenderli.
Inserito da tattutemailia il 14/09/2020 15:46:16
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