Davide Bifolco: la pietà negata

Una morte inaccettabile in condizioni incomprensibili

Diciassette anni non ancora compiuti, ucciso a Napoli dopo essere sfuggito a un posto di blocco, in sella a un motorino con due sue amici, a quanto pare, poco “raccomandabili”.

di Domenico Del Nero

Una morte inaccettabile in condizioni incomprensibili

Davide Bifolco

Caro Davide, vedendo la tua foto sui giornali,  il tuo sorriso da adolescente e la luce nel tuo sguardo  non riesco a fare a meno di pensare che avresti potuto essere un mio studente, o comunque che tutti i giorni vedo e frequento tanti ragazzi come te. E’ per questo, forse, che mi riesce terribilmente difficile accettare quello che ti è accaduto.  I giovani sono, o dovrebbero essere, la bellezza e la solarità della vita che si apre.

Non voglio e non posso giudicare; a che titolo? Sicuramente ti sei trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e a quanto pare anche con le persone sbagliate. Non so quello che pensavi,  in che direzioni andassero i tuoi progetti. So solo che i tuoi sogni sono stati bruscamente troncati e che qualunque colpa tu potessi avere, la punizione è stata tremenda. Forse meritavi di essere punito, ma non certo in quel modo.

Ma vedi, caro figliolo, questa è l’Italia. E’ un paese in cui abbiamo una gran massa di gente che quando chi scrive aveva la tua età, faceva il progressista, il barricadiero, insultava le forze dell’ordine e tutti coloro che venivano etichettati con la parola – ghetto  fascisti. E sai qual è la cosa che ora mi fa più effetto? Che molti di questi bei personaggi, che magari in gioventù avranno tirato anche qualche bullone in testa a un ragazzo poco più grande di te che stava facendo il suo dovere con una  divisa addosso, ora dice che sì … certo,   non meritavi di morire (bontà loro) ma in definitiva, è ora di farla finita con il degrado, con la delinquenza, etc. etc. etc. Qualcuno addirittura ti paragona a Carlo Giuliani, dimenticando che sino a prova contraria non avevi in mano un estintore per fracassarlo in testa a un carabiniere: a quanto sembra, non avevi neppure un temperino.

Paragoni assurdi a parte, non che abbiano torto  su tutto,  anzi.  Io la pensavo così già alla tua età e per questo mi sono schierato sul fronte opposto. Non che per questo, spesso e volentieri, le forze dell’ordine ci volessero “più bene”, ma questo è un altro discorso.  So solo che mentre certi “progressisti”  facevano i fricchettoni con lo spinello in bocca e altre simili “amenità” noi cercavamo di spiegare ai ragazzi come te che la vita è ben altro.

Peccato che a te questa possibilità di scelta non sia stata data. I commenti sui giornali si sprecano, tra chi incolpa il carabiniere che ti ha sparato – anche lui, per inciso, un ragazzo o poco più – e chi invece Napoli e il suo “degrado”.

Tutti discorsi che possono avere una loro logica e un loro fondamento: e certo su quanto ti è successo si dovrà pur fare chiarezza; sarebbe il minimo. Ma adesso non è questo che conta.

Quello che mi spaventa è che in questo paese pronto a giustificare i peggiori inciuci, le peggiori porcherie; dove il degrado e la delinquenza sono purtroppo davvero all’ordine del giorno, tanto che, non paghi degli” indigeni” che certo non scarseggiano,  sentiamo il bisogno di andare a prelevare personaggi inquietanti da altri lidi; dove ci si commuove per la carcerazione di un Kabobo che ha massacrato a picconate tre povere creature che hanno avuto il solo “torto” di incrociarlo, nessuno provi  un minimo di commozione,di pietà per te.   Un ragazzo che ha sbagliato e che avrebbe dovuto essere fermato, multato ed eventualmente anche arrestato; ma non certo ucciso.  Mentre chi uccide, spesso, chi falcia vite giovani come la tua perché si mette al volante ubriaco fradicio, se la cava con poco o nulla. Oggi la condanna a morte non si commina più neppure ai peggiori assassini; a un ragazzo che non si ferma un posto di blocco sì?

Anche nei confronti delle Forze dell’Ordine, l’atteggiamento oscilla tra una sistematica denigrazione e una giustificazione “a prescindere”.  Sono uomini come gli altri, spesso coraggiosi e benemeriti, ma che possono sbagliare come chiunque altro: come può sbagliare un medico o un magistrato. Il grosso problema è che quando capita a queste categorie di sbagliare, le conseguenze possono essere devastanti e irreparabili.

Ecco a cosa ci siamo ridotti:  nei confronti dei nostri giovani, non siamo più capaci di usare la fermezza e di punirli quando necessario,  ma neppure di proteggerli e tanto meno di amarli.  La loro morte ci lascia indifferenti, che sia per eccesso d’alcool o droga o quando per l’appunto succede un caso come quello di Davide. Diventano solo numeri da statistica o argomenti su cui dividersi, litigare, strumentalizzare: i social network per qualche giorno almeno hanno qualcosa di diverso di cui occuparsi, che non siano le tette della ministra, le corna  di qualche bellimbusto o il Balotelli di turno; mentre quelli che hanno sostituito l’eskimo col doppio petto giustizialista possono sfogare la loro bolsa retorica.

Caro Davide, non so se eri un angelo come – comprensibilmente – ti ricordano i tuoi familiari ed amici o  se stavi avviandoti su una brutta china. Questo lo sa Dio e  io mi  auguro solo  che Egli  ti accolga tra le sue braccia con quella pietà che molti uomini ti hanno negato.

 

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