Gli USA l'hanno avuto tra le mani, ma...

Abu Bakr al Bagdadi, il califfo che terrorizza il mondo

Dispone già di un vasto territorio nel nord dell'Iraq e della Siria, e quasi 100.000 jihadisti, secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani

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Abu Bakr al Bagdadi, il califfo che terrorizza il mondo

Quando nel 2010, per la prima volta, sentimmo nominare un certo Abu Bakr al Bagdadi, dopo la sua elezione di fronte a quello che rimaneva dell’organizzazione di Al Qaida in Iraq, nessuno nei circoli ufficiali di Baghdad né alla CIA avevano notizie su di lui. Il nuovo leader del ramo iracheno di Al Qaida era allora a capo di un pugno radicale di piccoli paesi, ostinati nel fare la guerra agli Stati Uniti.

Oggi al Bagdadicomanda un esercito disciplinato e motivato fino all'estremo, composto da quasi100.000 combattenti, come stima l'Osservatorio Siriano dei Diritti umani. E inoltre si è proclamato califfo del territorio, conquistato nel nord della Siria e dell'Iraq.

Ma chi è realmente costui? Le informazioni che si hanno sono piuttosto scarse e a volte contraddittorie. Si sa che è un eccellente predicatore musulmano, sopra i quarant’anni, come ebbe a rivelare al Bagdadi stesso in una videocassetta quando recitò il suo sermone in una moschea di Mosul dopo la conquista di quella città irachena annessa allo Stato Islamico. Per molti dei suoi seguaci, quello fu anche il loro primo incontro visivo col leader.

La scheda biografica in potere dei nordamericani è sorprendente. Al Bagdadi, registrato come Ibrahim Awad Ibrahim al-Badry, fu fermato in una retata dell'esercito statunitense contro i jihadisti sunniti nel 2004. Non era la figura che cercavano e dopo alcuni giorni di detenzione a Camp Bucca fu liberato. Un militare nordamericano dichiarò alla CNN che, salutando, il detenuto gli disse in inglese con tono ironico: “Ci vediamo a New York”.

Il profilo tracciato da alcuni investigatori arabi pretende di inserirlo nella leggenda. Il leader islamista sarebbe nato nel seno di una famiglia umile vicino alla località irachena di Samarra. I suoi genitori erano musulmano sufisti - il ramo dell'islam più tollerante e spiritualista -, ma al Bagdadi si radicalizzò a Baghdad mentre portava a termine i suoi studi di teologia musulmana per trasformarsi in predicatore. Per dargli una genealogia più importante lo imparenteranno con la tribù del profeta Maometto. Al Bagdadiindossa un turbante nero, proprio dei sayid, discendenti del profeta.

Gli USA, senza saperlo, facilitarono la sua strada alla star system delle persone più pericolose al mondo. Nel 2006, un'operazione armata nordamericana pose fine alla vita dell'allora leader di Al Qaida in Iraq, il giordano Al Zarqaui.

Quattro anni più tardi, in un'altra operazione, questa volta combinata con le forze irachene, morirono vicino a Tikrit i due dirigenti più prominenti del gruppo jihadista sunnita. Fu il momento dell'apparizione in scena di Al Bagdadi che rinnovò il suo vassallaggio ad Al Qaida e la sua promessa di espellere dall'Iraq le forze infedeli americane e occidentali.

La CIA, dopo poco tempo, ebbe a chiedere: “ Chi è quel tipo?”, ai suoi contatti a Baghdad - e cominciò a ricostruire la trama ordita con pazienza orientale ed un gran senso dell'opportunità.

Al Bagdadi unì alleanze con le tribù sunnite del nord dell'Iraq, imparentate sin dall’antichità con quelle Siriane, alle quali unì il desiderio di rivincita per la discriminazione sfrenata del nuovo regime prochií di Baghdad. E approfittò della guerra civile siriana per coltivarsi una reputazione mondiale, come feroce e disciplinata avanguardia della yihad, la guerra sacra. Quando Al Bagdadi lanciò le sue unità contro Baghdad a metà di quest’anno, la rete ormai era stata tesa e al governo prochiídell'Iraq non valse niente tentare una disperata reazione.

Il califfato conclamato in Luglio dallo Stato Islamico cerca di rivoluzionare tutte le frontiere del Medio oriente, tracciando i suoi confini immaginari in mezza dozzina di paesi. Ma, ironicamente, il nucleo duro di Al Bagdadi è formato, secondo gli esperti, da ex ufficiali del partito Baasdi Saddam Hussein che tanto gli sciiti iracheni come gli Stati Uniti tentarono di annientare durante l'invasione nordamericana del 2003.

La disapprovazione ricade in prima istanza sul presidente George W. Bush, artefice di quella rozza strategia politica che fu l'invasione dell'Iraq. Ma colpisce anche il presidente Barack Obama, al quale si rimprovera molto la ritirata precipitosa delle truppe nordamericane dal Paese nel 2011 - quando l'esercito iracheno era ancora formato da vecchie volpi militari – così come la negativa strategia di armare i ribelli siriani pro-occidente. Le successive sconfitte degli insorti moderati con l'intervento dell'esercito siriano di Bashar all'Assad hanno prodotto, come effetto collaterale, il rinvigorimento dei ribelli radicali dello Stato Islamico che hanno utilizzato la Siria come banco di prova per l'invasione dell'Iraq.

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