Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Marika Guerrini nasce a Pozzuoli. Scrittrice, indologa, storica dell'Afghanistan, studiosa di antropologia culturale e pedagogica e del pensiero filosofico di Rudolf Steiner. Ideatore del "Sakura Arte Roma" da tempo ha rivolto la sua attenzione alla geopolitica internazionale con particolare attenzione alla regione centro asiatica meridionale India inclusa. Ha vissuto in Afghanistan e Iran. Vive e lavora a Roma. Autrice di "Grigiarancio" Asefi Terziaria 2000 ( seconda ediz. ampliata, Amazon 2011, Smashwords Edition 2011, lulu book 2011); "Massoud l'Afghano il tulipano dell'Hindhu Kush" Venexia 2005; "Afghanistan Profilo Storico di una Cultura" Jouvence 2006; saggi e articoli in volumi collettivi tra cui "Tripartizione Umana ed Educazione" Graus 2007; "L'orientalista guerriero" Il Cerchio 2011. Il suo blog http://occiriente.blogspot.com
re quindici, minuto più, meno... Un ristorante, qui, a Trastevere, l'esterno di esso... e tavoli rigorosamente vuoti... qualcuno poggia su quel tavolo una piccola radio portatile... sono lì, sto passando... Il volume è piuttosto alto. Rallento. Distinguo rumori, sirene. Una voce ansima, sovrasta i rumori, prova a farlo... Mi fermo.
New York colpita... Twin Towers... paura... ecco... Parole scollegate in un contesto sconosciuto.... Penso ad un racconto radiofonico. Di quelli che danno a volte sulla Rai. Sorrido. Cammino. La voce c'è di nuovo, continua nell'affanno. Retrocedo di qualche passo. Affanno, voce, rumori, sirene, troppo realistico. Tutto troppo. Sospetto. penso: reale.
Np. non è possibile. Ma ci credo. Subito.
L'atmosfera è ferma. Intorno silenzio... c'è un bar non distante... Vado verso il bar... un televisore acceso. Una delle Torri Gemelle di New York ha un aereo in un fianco, si vede la coda. Fumo nero fuoriesce dallo stesso fianco. L'immagine va a ripetizione. Fantocci volano dalle finestre. Sembrano corpi umani.
Mi guardo intorno. Immobile nella sua postazione, il barman ha un bicchiere vuoto in una mano. Nell'altra una fetta di limone all'estremità d'un coltello. Lo sguardo allo schermo.
Ho certezza delle immagini: sono reali, è una diretta. E' accaduto. Le parole dell'inviato neppure le sento... Una manciata di minuti, s'interrompe il replay, cambia il vociare, urla ancora in diretta, altra torre, altro aereo, altra facciata. Stessa dinamica.
Ci guardiamo, il barman, le quattro o cinque persone, io. Nello scorrere dello sguardo scorgo due persone in più, alle mie spalle.... Sono americani, si vede, si sente dall'accento della lingua bisbigliata tra loro. Nessun altro parla né bisbiglia. nessuno si muove... Sguardi scorrono tra noi. Poi il crollo sul video in tempo reale. Le torri si sono afflosciate su se stesse. Hanno ceduto.
Il simbolo economico d'occidente, della potenza, la modernità, della nostra civiltà è crollato su se stesso.
E la polvere. Bianca a imbiancare corpi umani vivi e morti. A imbiancare case, cose. E il rimbombo lontano come d'un tuono.
... E io non ho provato nulla. a quel crollo, quel vuoto, quel ground zero, come l'hanno chiamato, lo chiamano... Alcun pensiero che non fosse silenzio.
Poi sono uscita dal bar. Li ho lasciati lì, gli altri, ancora esterrefatti... i due americani erano andati via prima di me.
Era stato un film. Come fosse un film. Ancora un film. Di quelli visti, rivisti, sui disastri, le sciagure, le catastrofi. naturali o provocate, dagli uomini o dagli dei. Ce n'è una vasta gamma. Tutti hollywoodiani o di imitazione.
E tutti finiscono con gli eroi, l'inno nazionale... The day after. E la bandiera. E i protagonisti piangono, di dolore, di gioia, tra pacche sulle spalle e abbracci... E' la fiaba americana...
... E quel giorno ho pianto l'assenza del dubbio in me. Ho pensato: andranno in Afghanistan. E ho visto. Quella gente. Ignara. lontana da quest'America che qui, ora, alla radio, sul video, stava piangendo... Lì bombe sarebbero state sganciate su chi non avrebbe saputo perché né dove fosse l'America...".
Non possiamo nn dirci conservatori, e allora attenti con la santificazione della tecnologia
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