Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
In un pamphlet apparso alcuni mesi or sono con un titolo esaustivo Vent’anni dopo. La parabola del berlusconismo, Piero Ignazi ne ha tracciato un bilancio del tutto negativo con il fallimento della costruzione del grande partito liberal – conservatore, con la mancata modernizzazione del paese, con l’insuccesso della tanto conclamata rivoluzione liberale.
Sono tutti fiaschi dovuti al cesarismo soffocante ed egemonico, ai grossi problemi personali e professionali del divo di Arcore con la giustizia. Ora – ancora secondo il politologo bolognese – esistono le condizioni e le domande rimaste senza esito e senza risposta e nella capacità di dare risposte a quelle richieste a quelle sollecitazioni, in una sorta di staffetta tra il berlusconismo ed il renzismo, si pone il futuro della politica italiana. Se fortissima è la somiglianza caratteriale e comportamentale tra i due, Berlusconi vanta dalla sua parte esperienza umana e capacità operativa che l’altro non possiede, ed è lontano dai toni bulleschi e puerili del toscano, che sfidiamo ad esibirsi con gli stessi modi prepotenti e con le consuete frasi sparate a vanvera di fronte ai No Tav, ai disoccupati ed ai movimenti di protesta organizzati.
Non si può rimanere passivi e silenziosi di fronte alla raffica di articoli apparsi sul quotidiano della famiglia Berlusconi di pieno consenso alle iniziative separatiste del Veneto con titoli del tipo “Sì al Veneto indipendente, poi tocca alla Lombardia” e di consenso imitativo al referendum scozzese Lasciate al Veneto la libertà della Scozia oppure La lezione di una secessione democratica. Articoli tali da suscitare sconcerto ed incredulità, in cui frasi come "L’aver riconosciuto il diritto degli scozzesi a votare sul proprio futuro potrebbe allora produrre significative conseguenze in Italia" con la polverizzazione degli Stati, la loro marginalizzazione, il loro impoverimento. O come, al limite della farneticazione e della minaccia, "una cosa appare certa: ed è che in questi giorni a Londra e a Edimburgo hanno vinto la civiltà e un attaccamento alle ragioni della libertà. Qualcuno – a Roma come Parigi, a Madrid come Berlino – dovrebbe imparare la lezione".
Di fronte a tanto esplicito vilipendio dell’unità e dell’integrità della Nazione, cosa fanno e come si muovono i vessilliferi della destra, ora dispersa ed evanescente, dopo aver accettato (salvo qualche eccezione, come Storace, ora redentosi nel berlusconismo) l’imposizione del dittatorello alla bolognese, ora finito nella polvere, che ha portato prima all’asservimento, poi all’annichilimento ed infine all’affossamento? Pensano ad argomenti molto più interessanti, ad Atreju e all’elaborazione delle liste per provinciali di II grado, in cui vengono segnalate "strane alleanze".
Tra breve, tanto e tale è l’entusiasmo e tanto profondo e sentito è il credito goduto dallo statista di Pontassieve, potremo leggere, incise a caratteri cubitali sui muri dei palazzi, abitati dai comuni mortali o delle ville dei fans più accaniti, trasudanti intelligenza e traboccanti di cultura, le frasi o i motti che il sullodato distribuisce quotidianamente, da "Troppo grasso che cola", a "Scioperino pure", a "Non sfidatemi" a "Che paura". Nel frattempo – particolare trascurabile - il reddito disponibile delle famiglie è tornato ai livelli di 30 anni or sono così la crisi immobiliare ha riportato il mercato a quello di tre decenni fa.
Fervono le manovre, tanto da poter avvertire prossimo un accordo FI – NCD, sulle regionali. Renato Brunetta ha rilasciato una dichiarazione tanto altisonante quanto vuota e peregrina: "E’ il momento di dare forma chiara e forte ad un centrodestra unito negli ideali [??????] e nei programmi [??????]. Questa unità è nelle cose. Occorre che si trasformi in proposta elettorale vincente".
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