Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Antonio Catricalà
Dopo l’abituale selezione dei titoli – mi si perdoni il riferimento personale – ho optato per l’acquisto de «Il Giornale», colpito, non attratto o interessato, dal titolo "La strategia del cav. . Centrodestra, ultima chiamata. Berlusconi a Ncd: noi alternativi a Renzi, ricostruiamo subito l’area dei moderati".
Il titolo meritava attenzione, anche se la vicenda della elezione dei membri del CSM e dei giudici della Corte costituzionale ha confermato la liaison, si perdoni il francesismo per non ripetere il più comodo e più veritiero inciucio, tra i due Cesari, secondo le notizie odierne destinato a conclusione positiva nonostante i contrasti interni nei due raggruppamenti. Per il PD, dopo il tentativo di sabotaggio, dovrebbe farcela il settantatreenne Luciano Violante, da sempre ostile al mangiatore di gelati, mentre in FI dovrebbe essere stata repressa la ribellione alla designazione di Antonio Catricalà, gradito all’azienda Berlusconi, ma reputato giustamente del tutto estraneo al partito. Il caso giunge proprio a proposito per ribadire una volta per sempre la natura assolutistica del minestrone, in cui – se ne è accorto persino il neofita Storace – non si discute ma si ubbidisce soltanto a decisioni assunte dal Cesare e dall’infima minoranza dell’immarcescibile cerchio magico.
La lettura della nota, presentata con incredibile enfasi, è stata a dir poco deludente per la oramai noiosa ripetizione dell’invito rivolto all’ NCD (che si dice stia preparando l’eliminazione dalla sigla della D, che vale, del tutto impropriamente ed arbitrariamente, per destra) a costituire un’alternativa a Renzi. Come può essere credibile e principalmente logica la posizione di Berlusconi, che non perde occasione per ribadire la validità dei patti sottoscritti con Renzi, a partire dall’unica riforma votata da un ramo del Parlamento, l’obbrobriosa e vergognosa trasformazione del Senato in Camera delle autonomie, e poi corteggia il gruppo di Alfano in nome dell’alternativa a Renzi? Quanto è credibile e, ripeto, logica una scelta di campo contraddistinta da un nome, che in italiano "possibilità di scelta tra diverse forme o orientamenti di governo" mentre si continua a tenere contatti e a manovrare con la formazione comunque contrapposta, tanto da giungere al consociativismo più smaccato nelle elezioni farsa delle Provincie e delle Città Metropolitane?
Non mancano, a fianco dei corteggiamenti, gli interventi di altri berlusconiani, che lasciano trasparire la musica consueta, l’orientamento già usato e del tutto fallito, quello della satrapia. Toti, ad esempio, in occasione della conferenza, inizio del corteggiamento, sostiene che "Questo è un percorso faticoso che inizia oggi. Non ci nascondiamo le difficoltà, ma crediamo, essendo il partito più forte della coalizione, di portare a sintesi queste posizioni" mentre per Romani meno apertamente definisce l’incontro di piazza S. Lorenzo in Lucina "il segnale che vogliamo dare è quello di fare un lavoro accurato che tenga conto delle sensibilità di tutti". Di fronte alle telecamere, per rispetto della verità storica, è intervenuto anche con alate ed acute osservazioni Matteoli.
All’esecutivo e al partito, egemonizzati dal pifferaio, hanno dedicato due “fondi” Angelo Panebianco e Antonio Polito. Il primo ha notato che gli italiani "non si mostrano stupidi, non si fanno prendere in giro. Fino ad oggi il governo non è risultato molto convincente nella sua azione e i sondaggi lo registrano". "Di poco convincente – rileva benevolmente il cattedratico bolognese – c’è il fatto che non si è visto fin qui nessun provvedimento volto a restituire agli italiani i diritti di cittadinanza, nessun provvedimento che dia l’impressione di volerli trasformare da sudditi, quali per molti versi sono, in cittadini". Forse "poco convincente" il bilancio è per Panebianco e per Berlusconi e "compagnia cantando" mentre per tanti altri è squallido e fallimentare.
Polito, dal canto suo a proposito della vicenda emiliana nota che "l’inchiesta di Bologna è una bella tegola per il PD renziano. Innanzitutto perché ricorda che il nuovo gruppo dirigente non è così vergine […] né è così fraternamente unito da non conoscere le notti dei lunghi coltelli, come quella che si sta consumando nella roccaforte emiliana e che soli i nuovi cremlinologi del renzismo sanno spiegare. Una macchia fastidiosa, insomma, per la generazione Dash, con camicia bianca che più bianco non si può".
Una "macchia fastidiosa" che dovrebbe far riflettere i tanti della sponda ufficialmente avversa e che dovrebbe recare nuova linfa e carica più intensa ad una destra, però meno romanocentrica, meno familistica, maggiormente sulla "breccia", ancora più fedele alle proprie tradizioni e ai propri canoni storici.
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