Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
DKW 175
Di nuovo, con la gioia del collezionista di antiche fotografie, alcune immagini sulle quali esercitare la riflessione tecnica ed estetica sulle motociclette dell’aurea decade 1930/1940. In quella qui seguente il pilota e scrittore Graham Walker ci riporta indietro nel tempo, nel 1931, dopo una meritata vittoria con il piccolo bolide di Coventry, la Rudge Whitworth 250. Robusto e alto il pilota inglese non deve aver avuto soverchia difficoltà a dominare la snella macchina da 19 cavalli. Piuttosto ci si domanda se gli sia stato possibile spingersi, appiattito sul serbatoio, ai 150 orari promessi dal generoso motore. Una mano posta sul manubrio con troppo divaricare i gomiti, un leggero rialzare la testa da dietro la targa portanumero che fa pure da rudimentale spartivento calano drasticamente, per l’aumento della resistenza aerodinamica, i chilometri orari. Anche cinque o sei o più. Ed in questo i piloti di grossa taglia hanno un evidente svantaggio. Più che sulla possente 500 è qui necessario cambiare con un occhio sul contagiri laterale: la Rudge 250 poteva salire fino oltre gli 8000 giri, un regime di rotazione che all’epoca era davvero gravoso per alberi motori e distribuzione. Soprattutto se quest’ultima non avveniva con alberi a camme in testa ma con il sistema delle aste e bilancieri peculiare, con le quattro valvole per cilindro, della marca di Coventry. La 250 qui rappresentata era in ogni caso abbastanza competitiva e permetteva ai preparatori, grazie alla sua robusta base, buoni aumenti di prestazioni. Se ancora nel 1940, un pilota austriaco con la divisa della Luftwaffe, Helmuth Krackowitzer, sperimentava sulla sua Rudge 250 a due valvole, una macchina tratta dal modello di serie e non certo raffinata come la 250 quattro valvole di Walker, oltre 150 orari, non è impossibile che, spremendo con varie modifiche la quattro valvole ed usando solo alcool come carburante, i 165 orari fossero raggiungibili. Oggi, gli appassionati del Rudge Enthusiast Club, che trattano le loro bellissime macchine come gioielli, riescono ad estrarre dalle vetuste 250 oltre 25 cavalli.
Questa immagine rende perfettamente l’idea dello stile in corsa dei piloti italiani. Siamo al Gran Premio di Monza del 1932 e nella classe minima delle 175 Tonino Benelli contende con un avversario l’arrivo per primo al traguardo. Le due macchine sono le Benelli 175 a doppio albero a camme in testa con comando a cascata d’ingranaggi. Sono le motociclette che preludono alla raffinata e rapida 250 che sette anni dopo arriva prima al Tourist Trophy. Entrambe le 175 hanno ruota posteriore a disco, carter motore, testa di forcella e forcella schermate per un migliore penetrazione aerodinamica. Al termine della sua evoluzione, intorno al 1934, questo motore raggiunge i 10000 giri, un regime eccezionale per il tempo, e arriva a dare sui 16/17 cavalli. La velocità massima viene cronometrata dagli ingegneri pesaresi ed è di 150 chilometri orari con il pilota ben appiattito sul serbatoio e raccolto con gomiti e ginocchia in modo da offrire al vento di corsa una sezione maestra minima. Come si vede dalla fotografia Tonino Benelli appoggia i piedi su due pedane ausiliarie poste nei pressi del mozzo della ruota posteriore per raggiungere una postura ancor più ribassata.
Su di un rettilineo, forse quello di Tat in Pannonia, offerto dall’Automobil Club locale ai costruttori in cerca di record, vola una minuscola DKW 175 con Walfried Winkler come pilota. Il motore due tempi a cilindro sdoppiato con sovralimentazione a cilindro pompa e ammissione regolata da membrana è l’alternativa ideata dall’ingegner Zoller per raggiungere potenze che possano eguagliare quelle dei motori quattro tempi di pari cilindrata. Alternativa resasi necessaria dopo che il vetusto motore a due tempi con cilindro normale e pistone a deflettore pure se sovralimentato dal cilindro pompa mostrava di non esser suscettibile di ulteriore evoluzione. I nuovi propulsori disegnati da Zoller lasciano subito intravedere un interessante potenziale di sviluppo ed il primo banco di prova non può che essere la ricerca di un record di velocità al quale il pubblico tecnico dei primi anni trenta è sensibilissimo. La fotografia è del 1932 ma i dati sul record sono davvero poco entusiasmanti e quindi li tralasciamo. Piuttosto vale di appuntare l’attenzione sulla disarmonia estetica di pilota e macchina. Non vi è continuità fra serbatoio e sella ma quest’ultima è issata su di una sorta di sgabello a cavaliere della ruota posteriore. La quale è schermata a disco per diminuire le resistenze aerodinamiche.
In Francia il costruttore Durandal si affida ai motori Rudge Phyton per muovere le sue motociclette e di serie e da corsa. Nelle due pagine di catalogo qui riprodotte sono riportate delle caratteristiche tecniche sulle quali è il caso di soffermarsi. Nella colonna di sinistra la fabbrica di Digione presenta le macchine da corsa, la 350 e la 500. Entrambe hanno il medesimo profilo, visibile nel disegno, e differiscono solo per la cubatura interna del cilindro. Trascurabile l’aumento di peso della 500 rispetto alla cadetta: 135 chilogrammi in luogo di 130. Variano naturalmente i rapporti al cambio, più corti nella 350. Non viene dichiarata la potenza dei propulsori quattro valvole ma sono indicate le velocità massime delle motociclette: 145 all’ora la 350 se fornita con il rapporto di compressione 8 a 1 per alimentazione a “benzol”, probabilmente sotto questo nominativo si allude ad una miscela di benzina ed alcool, 155 orari se fornita con compressione di 9 a 1 per alimentazione a “discol”, quasi sicuramente alcool cui si sia miscelato dell’additivo o un minimo di olio di ricino per non rendere la combustione troppo secca. Per la 500 le velocità sono di 155 orari con compressione di 7 e un quarto, ovvero 7,25, a 1 per l’alimentazione a “benzol”, che salgono a cospicui 175 all’ora se la compressione sale a 8 e un quarto, 8,25, a 1 con “discol” quale carburante. Notevole dunque l’incremento di velocità nella 500 raggiungibile con l’elementare modifica, effettuata solo montando sulla testa di biella un diverso pistone che sia di un minimo più alto e al punto morto superiore si avvicini maggiormente alla testata aumentando la compressione. Dalla data in alto si vede che il catalogo è anteriore al 1935. Infatti gli scarichi aperti sono del tipo a diametro costante e non a tromboncino o, come si dice nel gergo degli ingegneri, a megafono. È infatti la Rudge che introduce sui suoi motori per la stagione 1935 i tromboncini allo scarico, innovazione cui si conformano presto anche gli altri costruttori e che dà un tangibile aumento di potenza. Gli scarichi aperti a diametro costante avevano la caratteristica di favorire un buon tiro del motore anche ai regimi di rotazione bassi e medi, fatto che rendeva le macchine perfettamente adeguate ad ogni circuito con il cambio a soli quattro rapporti. Con l’adozione dei tromboncini il tiro dei motori si sposta verso i regimi più alti e diviene conveniente, se non è ancora necessario, disporre d’una marcia in più al cambio onde poter sfruttare al meglio il potere di accelerazione del motore nei circuiti misti dove siano numerose le curve da affrontare a bassa velocità.
Un brevissimo appunto sulla colonna di destra che presenta delle belle motociclette da turismo pure mosse dai robusti propulsori della Rudge. La Durandal offre una 350 e due versioni della 500, la normale e la Ulster. Notevoli le prestazioni che mettono parecchio in ombra le motociclette italiane da turismo di quegli anni: 130 orari la 350 e la 500 normale. 145 all’ora la Ulster. Usando in tutti e tre i casi la miscela “benzol”. Viene da pensare se non sia possibile anche per la Ulster elevare il rapporto di compressione sostituendo semplicemente il pistone e, usando la miscela carburante “discol”, avere una poderosa monocilindrica ultrasportiva capace di superare la 100 miglia orarie sulle strade normali, per la gioia d’un qualche avventuroso pilota che vuole correre in un baleno, condizioni atmosferiche e Gendarmeria permettendo, da Parigi a Bruxelles. Ma lasciamo cadere: la fantasia tende perennemente i suoi agguati da tergo a fotografie onorate dal tempo.
È intorno al 22 di ottobre del 1933 che la 250 DKW inizia a registrare qualche record che possa interessare. Sulla macchina a membrana si procede con sperimentazioni continue onde trarre tutto il potenziale che si reputa possibile. Nel record del 22 ottobre dunque la velocità è salita e sul miglio, a Tat in Pannonia, i cronometri attestano una velocità media sui due passaggi di andata e ritorno di oltre 161 orari. Nella fotografia, tratta da una pubblicità del tempo, si vedono Arthur Geiss, sulla 250 in primo piano e Walfried Winkler sulla 175. Se si appunta l’attenzione ci si accorge che alla 175 dell’anno precedente è stata montata una forcella a steli profilati che favorisce una migliore aerodinamica. E a questo scopo i due piloti indossano dei caschi con una coda affusolata ben differenti da quelli usuali indossati nelle competizioni. La 175 vola sul chilometro lanciato a 144 orari e la pubblicità ne dà notizia ignara del fatto che già il primo di ottobre dello stesso anno sulla Persicetana nei pressi di Bologna una MM 175 dal motore tirato a più non posso e sempre in pericolo di rotture registrava 161orari di media sui due passaggi del chilometro lanciato. L’omologazione del record italiano impiegava, come naturale, qualche settimana prima di essere tabulata dalla federazione motociclistica internazionale e ciò spiega il perché la stampa tedesca registri un record che in realtà non è tale.
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