Cassandra inascoltata

Il pericolo del califfato. Bush lo aveva previsto nel 2006

Il Presidente USA più odiato nella storia dell’occidente, aveva pienamente ragione, Obama torto marcio e ora sta cercando di porvi rimedio, sarà ancora in tempo?

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Il pericolo del califfato. Bush lo aveva previsto nel 2006

George Bush, colui che predisse il pericolo di un califfato

5 settembre del 2006, una data che per molti significa ben poco, ma non per George Bush perché proprio in quel giorno tenne a Washington un discorso accoratissimo sulla «politica estera americana e le minacce del terrorismo», una dissertazione straordinariamente divinatoria e moderna.

L’allora Presidente degli USA segnalò il grande il rischio della nascita di «un’utopia politica violenta in tutto il Medio Oriente», che i terroristi «chiamano califfato, dove tutto sarebbe governato secondo la loro ideologia odiosa».

Poi, con freddezza Bush riportò alla mente dei presenti e al mondo intiero le parole di Osama bin Laden quando precisò che l’attacco dell’11 settembre alle Twin Towers «E’ stato un grande passo verso l’unità dei musulmani e la costruzione del giusto califfato».

Il presidente degli USA più odiato e beffeggiato in Occidente, oggi, con l’avvento dell’Isis, è diventato l’esempio da seguire, colui che aveva detto e non era mai stato ascoltato, l’uomo che indicò con estrema chiarezza l’arte bellica di conquista degli islamisti: il Presidente degli americani che riportò alla luce la frase di Al Zawahiri, vice di bin Laden in quel periodo, «tutto il mondo è un campo aperto per noi», e disse a voce alta che «Al Qaeda intende imporre il suo dominio in ogni terra dove possedeva una casa per l’Islam: dalla Spagna all’Iraq».

Un discorso sul califfato espresso otto anni prima dello sviluppo abnorme dell’Isis e delle strategie di conquista dei jihadisti in tutto il Medio Oriente.

Bush espose la natura e i bersagli del terrorismo: «Rifare l’intero mondo musulmano a propria immagine. Nel perseguimento dei loro obiettivi questi estremisti dicono che non può esserci alcun compromesso o dialogo con quelli che chiamano infedeli, una categoria che comprende l’America, le nazioni libere del mondo, gli ebrei e tutti i musulmani che rifiutano la loro visione estrema dell’Islam».

Ma fu, in primis, sull’Iraq che accentrò il suo interesse: «I terroristi hanno chiarito che il fronte più importante nella loro lotta contro l’America è l’Iraq, la nazione che bin Laden ha eletto a guida del califfato. E’ Lì che si gioca la terza guerra mondiale perché per Al Qaeda, l’Iraq non è una distrazione dalla guerra contro l’America; ma è il principale campo di battaglia dove si deciderà l’esito di questa lotta».

Bush documentò di aver perfettamente capito che la strategia jihadista si sarebbe orientata su quattro punti: cacciare gli americani dall’Iraq; impiantare un califfato; allargare «la jihad» ai Paesi laici limitrofi; infiammare lo scontro con Israele.

Ma nel 2011 John Brennan, non ancora leader della Cia ma consigliere di Obama per l’ antiterrorismo, affermò in conferenza stampa che «quella del califfato è un’idea assurda, senza senso e che gli Usa non predisporranno mai le politiche di antiterrorismo contro un delirio irresponsabile che non accadrà mai».

Da qui al ritiro delle forze militari USA da tutte le zone mediorientali il passo fu brevissimo, da allora Obama si affidò alla «strategia dei droni», efficacissima per agguantare il premio Nobel per la pace.

Le disastrose tattiche internazionali impiegate contro la Primavera araba sino alla fallimentare strategia libica, gli errori nel territorio siriano, la totale incompetenza nella questione Egitto, hanno fatto si che l’integralismo islamico abbia potuto rialzare smoderatamente la cresta trasformandosi in emergenza internazionale e hanno permesso al «califfato» dell’Isis di diventare un pericolo mondiale.

Bush, il Presidente USA più odiato nella storia dell’occidente, aveva pienamente ragione, Obama torto marcio e ora sta cercando di porvi rimedio, sarà ancora in tempo?

Nel frattempo la sinistra americana, vincitrice delle elezioni, garantendo il ritiro dall’Iraq, adesso per rivincerle deve far di tutto per rientrare in Iraq.

Come vogliamo chiamarla la legge Obama del contrappasso?  

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da silvana il 23/09/2014 15:17:52

    Bush sarà stato il Presidente Usa più odiato, ma in fatto di oculatezza e preparazione era un vero califfo, nulla a che vedere con Obama che si mostra impacciato e senza una via d'uscita. di errori madornali ne ha fatti, abbandonando l'Irak per appoggiare le primavere arabe dei musulmani, puntando sull'Ucraina per indebolire la Russia di Putin. Ora non sa come rimediare, è in affanno in cerca di alleati, ma se intende annientare l'Isis, dovrà mettere da parte la Turchia e il Qatar e scendere a patti con i suoi principali nemici da Putin con la base russa in Siria, ad Assad. Si umilierà Obama dando in pasto al mondo occidentale la sua debolezza?

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