Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Letizia Ramolino
Fra gli anni '50 e '60 del secolo scorso una moda hollywoodiana fu quella dei film storici. In genere si prendeva un personaggio di grande fama e, con qualche forzatura romanzesca, se ne narravano le vicende, soprattutto quelle amorose. Fra i più frequentati, per ovvi motivi, Napoleone Bonaparte. Bellissime dive ebbero a interpretare le sue numerose donne: Greta Garbo fu così una romantica Maria Walewska, mentre una fresca Jean Simon impersonò Désirée: la sua prima fidanzata; la bellissima e sensuale Gina Lollobrigida, invece, in Venere imperiale fu la sorella Paolina; ma nessun film è mai stai dedicato alla donna che forse, più di ogni altra anche di Giuseppina Beauharnais e Maria Luigia di Austria, ebbe influenza su l'imperatore: Letizia Ramolino, la madre, Madame Mére.
Letizia era nata ad Ajaccio nel 1850, talmente bella da diventare proverbiale e da essere soprannominata la meravigliosa. A soli quattordici anni, età che del resto all'epoca era considerata assolutamente appropriata, sposò Carlo Buonaparte, di lontane origini toscane. Di buona famiglia, ma privo di mezzi, Carlo era, anche lui, bellissimo e affascinante, assai intelligente, tuttavia spericolato e dedito a imprese arrischiate. Ciò ebbe un effetto duraturo sulla giovanissima moglie, che, con otto figli a cui provvedere tre femmine e cinque maschi, fu da tutti accusata di essere avara. Infatti, anche nei momenti di maggior gloria, fu solita affermare: Chi sa se io non sarò poi obbligata a dar del pane a tutti questi re? Cosa che puntualmente si avverò.
La sua vita di giovane sposa iniziò in un periodo assai turbolento, quando la Corsica era agitata dalle lotte per l'indipendenza. Carlo era un partigiano di Pasquale Paoli, il patriota dell’indipendenza còrsa. Quando Paoli fu sconfitto, tutta la famiglia, fra cui la stessa Letizia con già il primo figlio Giuseppe e incinta di Napoleone, fu costretta a darsi alla macchia con una fuga precipitosa e pericolosa.
Il futuro generale nacque il 15 di agosto per la festa di Santa Maria Assunta, costringendo la madre ad allontanarsi precipitosamente dalla chiesa, dove si era recata per assistere alle funzioni, per l'intervenire delle doglie del parto.
La vita agitata della famiglia non si concluse, però, con il ritorno di Paoli, infatti nel frattempo Carlo si era avvicinato ai francesi ed era stato inviato nel 1778 presso la corte di Luigi XVI, tornando così entusiasta della Francia e della monarchia da abbandonare le sue idee rivoluzionare e da cambiare il suo cognome troppo italiano in Bonaparte, molto più francese. Morì a Montpelier nel 1785 per un tumore allo stomaco e fu sepolto ad Ajaccio.
La vita della famiglia si fece allora assai difficile e le ristrettezze economiche, che da sempre erano state l'incubo di Letizia, assai più gravi. I due figli maggiori in collegio fin dal 1779 e Lei, con tutti gli altri, si trasferì sul continente prima a Tolone e poi in una piccola casa di Marsiglia. Infine Parigi, ma le difficoltà economiche, con tanti figli piccoli, non diminuirono che quando Napoleone, del resto giovanissimo, entrò nell'esercito e soprattutto dopo la campagna d'Italia.
Secondo voci maligne, prima della morte di Carlo, Letizia aveva avuto una relazione con Marbeuf, governatore dell' Isola, che si era preso cura di raccomandare i due suoi figli maggiori per la scuola militare di Brienne. In anni molto successivi si vociferò addirittura che questi fosse il padre di Napoleone, come soleva sussurrare al suo seguito Giuseppina Beauharnais, sempre in conflitto armato con la suocera.
Napoleone non poteva essere naturalmente figlio di Marbeuf perché questo era giunto in Corsica solo tre mesi prima della sua nascita ed è poi assai dubbio che i due siano stati amanti non fosse altro che per il carattere estremamente rigoroso di Letizia. D'altra parte fra Lei è Giuseppina ci furono sempre forti incomprensioni: le due donne non erano fatte per intendersi. Letizia, certamente donna moderna, attiva, coraggiosa e intraprendente, ma severa, tirchia, poco incline alla frivolezza, intelligente, ma non brillante; Giuseppina, invece, capricciosa, incostante, affascinante e con le mani bucate.
Ma forse il torto maggiore di Giuseppina fu quello di essere stata, nonostante i suoi difetti e le sue infedeltà o forse soprattutto per quelli, molto e profondamente amata da Napoleone e Letizia, per quanto moderna, soffriva probabilmente per quel sentimento che è tipico di molte madri del sud: il figlio preferito deve sposarsi, possibilmente con una donna di loro gradimento, e a patto che fra la moglie e la madre la più amata resti, sempre e comunque, la seconda. E Giuseppina d'altronde non fece certo nulla per rendersi amica della suocera, la sua vita precedente al matrimonio non certo specchio di virtù casalinghe, le sue frequenti infedeltà durante le campagne di Napoleone e, cosa non meno grave agli occhi della oculatissima Madame Mére, le sue mani bucate non contribuivano certo a rendergliela amica.
Nel famoso quadro di David in cui, con particolari minutissimi si descrive l'incoronazione di Napoleone e Giuseppina, viene rappresentata anche Letizia, ma è un clamoroso falso storico, Letizia non partecipò all' evento, anzi osteggiò vivamente l'incoronazione della Beuharnais, atteggiamento del resto condiviso dal resto della famiglia.
Non stupisce quindi che la nuora abbia avvalorato le voci, probabilmente false, di una sua relazione extraconiugale. Degli anni di gloria resta ben poco da dire; il figlio prima Primo Console, poi Imperatore, gli altri figli maschi sui troni delle maggiori nazioni europee, le figlie sposate con i più bei nomi dell'aristocrazia internazionale, ce ne era abbastanza per dare alla testa di chiunque non l'avesse ben piantata sulle spalle e Letizia era fra questi.
Visse ritirata e si premurò di mettere da parte un notevolissimo patrimonio, cosa che le interessava assai più che vivere nel lusso e ricoprirsi di gioielli, prevedendo, una fra i pochi, che quella ventata di gloria non sarebbe durata per sempre. Poco le interessavano gli onori, poco le frequentazioni di salotti che l'avrebbero accolta a braccia aperte; nel suo ruolo di Madame Mére si sentì, molto saggiamente, sempre provvisoria. Si rifiutava di parlare francese, che del resto probabilmente non sapeva nemmeno scrivere correttamente e si espresse sempre in italiano e, se molto poco sappiamo della sua cultura, che del resto visto anche la giovanissima età in cui si era sposata e le affannose vicende della sua vita giovanile, non dovette essere delle più approfondite, le sue lettere mostrano una sicura padronanza della grammatica italiana, capacità di sintesi e grande chiarezza. Segni questi del suo carattere privo di romanticismi e di orpelli, della sua schiettezza, che mai nascose, e anche della sua modernità.
E dopo le agitate vicende della gioventù ebbe modo di mostrare il suo notevole carattere durante la vecchiaia, quando divenne a suo stesso dire: la madre di tutti i dolori. Cacciata dalla Francia, come tutti i suoi, se ne andò, forse senza eccessivo dispiacere da un Paese che non aveva mai considerato del tutto come il suo. E venne a Roma a vivere con quello dei suoi familiari, che naturalmente gli era meno caro dei figli, ma che assai più di quelli le dava tranquillità e un minimo di serenità: il fratellastro cardinale Flesh con il quale si stabilì in Roma a Palazzo Falconieri in via Giulia e poi, con un certo seguito e con diverse dame di compagnia che le furono accanto per molti anni, a Palazzo Rinuccini tra via del Corso e Piazza Venezia.
Usciva poco, poco frequentava, passeggiava nei parchi cittadini e si occupava della sua dispersa e turbolenta famiglia, soprattutto di Napoleone che raggiunse prima nell'esilio dell' Elba e poi avrebbe voluto seguire anche a Sant' Elena se le fosse stato consentito. Per lui impetrò condizioni di prigionia più umane, per lui chiese la possibilità di corrispondere con il figlio Re di Roma, a lui inviò con l' aiuto del fratello cardinale un medico e un cappuccino confessore, lui fu la ragione della sua esistenza insieme all'altro grande desiderio: quello di abbracciare per l' ultima volta il nipote, appunto il figlio di Maria Teresa d'Austria, il Re di Roma.
Quando questi morì così scrisse alla nuora Maria Luigia D'Austria, che gliene dava notizia nonostante i loro rapporti si fossero ormai interrotti da anni: Madama, nonostante la cecità politica che mi ha sempre privato di notizie del caro ragazzo di cui avete voluto annunciarmi la perdita, io non ho mai cessato di amarlo di cuore....
Tutto le fu negato, ma pur trascorrendo gli ultimi anni, che non furono pochi perché morì assai anziana ,inviando suppliche a tutti coloro che tenevano nelle mani la sorte di Napoleone, non perse mai la sua dignità né quell'asprezza di indole che ne avevano caratterizzato la vita. Nel 1834 le fu comunicato che avrebbe potuto tornare in Francia, lei sola, però, senza nessuno dei suoi figli. Neanche allora si smentì, questa la sua risposta: Che cosa potrei trovare in Francia, se non l' avvelenata ingiustizia dei potenti che non possono perdonare alla mia famiglia la gloria che si è conquistata? ...Mai mi separerò dalla sorte dei miei figli.
Morirà due anni dopo.
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