Comitato direttivo
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Lettera di SIgfrido Bartolini
Quando nel 1994 abitavamo in una bella casa medievale di una tranquilla stradina del centro storico di Viterbo, mio marito, che stava scrivendo un libro sulle feste e tradizioni popolari italiane alla maniera degli antichi lunari contadini, con proverbi, leggende, poesie e filastrocche, ricevette un giorno una singolare lettera dall’amico Sigfrido Bartolini nella quale gli elencava alcuni detti pistoiesi riguardanti i mesi.
La missiva, scritta a mano in elegante carta color avorio, era indirizzata “allo Strolago di Viterbo, dottor Alfredo Cattabiani e iniziava con un piglio polemico, come era il suo stile: “Caro Alfredo, così si parlava e strolagava sul tempo nella tranquilla Pistoia prima che i vari meteo televisivi scombinassero le previsioni”. Seguivano dunque diversi proverbi meteorologici, alcuni legati alle festività religiose, come uno siciliano dovuto alla moglie Pina, e finiva con un augurio per il libro: “Buon lavoro (per tutti i mesi dell’anno), tuo Sigfrido”.
Il libro, uno dei più fortunati di mio marito, intitolato “Lunario. Dodici mesi di miti, feste, leggende e tradizioni popolari d’Italia”, fu pubblicato dall’ Arnoldo Mondadori nell’ottobre del 1994 con i disegni di Sigfrido Bartolini che, anni dopo, nel 2001, avrebbe illustrato con magnifiche acqueforti anche lo “Zoario. Storie di gatti, aironi, cicale e altri animali misteriosi”.
Quanto a quella lettera, che potrei definire “di altri tempi”, arrivata a Viterbo da Pistoia, troneggia incorniciata nel mio studio e, insieme con il “Lunario” del mio compianto marito, mi rammenta ogni mese il tempo che farà.
A proposito di “Febbraio, febbraietto, mese corto e maledetto” Cattabiani spiega che in effetti una volta per i contadini era un mese difficile, di miseria; le provviste erano agli sgoccioli, le bestie poche e malridotte per mancanza di fieno e di erba e il freddo mordeva ancora: sicché si diceva anche “Febbraio, corto e amaro” oppure “Febbraio, corto e malandrino”.
Ma in questo mese le giornate si sono già allungate di circa un’ora e il sole si è alzato nel cielo riducendo le ombre, perciò si ricorda che in “Febbraio il sole in ogni ombraio”. A loro volta i pugliesi dicono, riferendosi alla festa di San Biagio del 3 febbario: “Sande Velase, da ogni pertuse ‘u sole trase”, cioè “San Biaggio, entra il sole da ogni spiraglio”.
I calabresi rammentano invece che “Frivaru, la frevi ‘nta la terra”, febbraio, la febbre nella terra, perché in questo periodo comincia a risvegliarsi la vita nei campi. Fenomeno che un proverbio romagnolo sottolinea dicendo: “Favrer, la tera in calder”, febbraio la terra in calore.
“È come se si accendesse un fuoco ctonio, quel fuoco che bene simboleggiavano le candele accese una volta alla festa della Candelora alludendo al risvegliarsi della vita nelle erbe e nelle piante”, scrive Cattabiani nel “Lunario”. D’altronde per gli antichi Romani febbraio, dal latino “Februarius” che significava letteralmente “mese delle purificazioni”, era dedicato a cerimonie purificatorie per propiziare la fertilità nei campi: non a caso, per esorcizzare antichi miti pagani legati alla dea Iunio Februata, Giunone Purificatrice, la Chiesa ribattezzò la festività della “Candelora”, nome popolare della Presentazione al tempio del Signore, celebrata il 2 del mese, festa della Purificazione della Beata Maria.
In un Lunario toscano del 1805 si legge infatti: “La mattina si fa la benedizione delle candele che si distribuiscono ai fedeli; la qual funzione fu istituita dalla Chiesa per togliere un antico costume ai fedeli che in questo giorno in onore della falsa dea Februa con fiaccole accese andavano scorrendo la città, mutando quella superstizione in religione e pietà cristiana”.
Quei ceri purificatori ricompaiono il giorno dopo nelle cerimonie in onore di San Biagio, vescovo di Sebaste nel IV secolo, quando in molte chiese il sacerdote tocca la gola dei fedeli, per difenderla da malanni, con l’imposizione di due candele incrociate. Grazie a una vecchia leggenda il santo è diventato popolarmente il protettore contro le malattie che riguardano la gola: si narra che durante una persecuzione contro i cristiani e mentre il santo veniva condotto a Sebaste per essere processato e poi condannato a morte, una donna gli portò il figlioletto che, a causa di una lisca conficcata in gola, stava soffocando. Ebbene, dopo la sua benedizione, la spina andò via come per miracolo.
Di nuovo si vedranno candele, ma questa volta gigantesche e che purificheranno l’intera città di Catania, il 5 febbraio quando si celebra una delle feste più belle e suggestive d’Italia: Sant’Agata, patrona dell’elegante città siciliana, dove il fercolo della santa, una macchina munita da due robuste funi che trasporta il suo busto in argento, viene trainata da centinaia di giovani con la tipica veste bianca e il berrettino nero, mentre altri fedeli portano enormi ceri accessi. E tutti, percorrendo le vie del centro storico, gridano in dialetto: “Citatini, viva sant’Aita”, “Cittadini, viva sant'Agata”. Sullo sfondo l’Etna vigila sulla città che in quei tre giorni è protetta dalla “tregua santa”. Uno spettacolo indimenticabile.
Torniamo però ai proverbi di febbraio, un mese dove può accadere di tutto anche perché, se così non fosse, marzo andrebbe ancora peggio, come ci rammentano i contadini toscani: “Se febbraio non isferra, marzo mal pensa”, cioè se il mese di febbraio non “aggredisce” col maltempo, sarà il mese successivo a farlo. Il verbo “isferrare” deriverebbe letteralmente da “ferrare”, usato metaforicamente come nel proverbio “Febbraio, ferra l’acquaio”, cioè congela, fa diventare dura come il ferro, l’acqua nelle tubature. Un altro proverbio più esplicito sostiene che “Se febbraio non febbreggia, marzo matteggia”, ed è infatti risaputo che “marzo è pazzo”.
A febbraio può anche piovere ininterrottamente, ma, se non è torrenziale, i contadini preferiscono la pioggia al ghiaccio perché “Febbraio umido buon’annata”. E si dice anche “Pioggia di febbraio, empie il granaio”, perché l’acqua aiuta il grano e altre piante ad uscire in tempo, come ricorda un’altro proverbio: “Se di febbraio corrono i viottoli, empi di vino e olio tutti i ciottoli”, dove “corrono i viottoli” si riferisce alla pioggia che scorre per i sentieri.
Poi, via via che le giornate scorrono, i segni della prossima primavera cominciano a farsi sentire: attenzione però, può anche capitare una nevicata verso la fine del mese, soprattutto se non ha nevicato prima, sicché un proverbio rammenta al 24 febbraio, quando una volta si festeggiava l’apostolo, che “per San Mattia la neve è per la via”.
In ogni modo, in certe zone tiepide, come la Sicilia, a metà mese fiorisce addirittura il mandorlo e anche alcuni arbusti: “Per san Valentino fiorisce lo spino”, rammenta un proverbio riferito al santo patrono degli innamorati celebrato il 14 febbraio, il quale favorirebbe anche l’accoppiarsi degli uccellini. Un proverbio veneto afferma infatti che “Per San Valentin la lodola fa il nidin”. Ma al popolare santo sono dedicati molte altri proverbi e leggende delle quali si parlerà a suo tempo.
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