Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
ual è – se c’è - l’idea di Stato di Matteo Renzi e della sua baby squadra ? Molto gracile a quel che ci è dato sapere. Il Senato “leggero”, le aree metropolitane con gli amministratori eletti da un voto di secondo livello, il CNEL da “rottamare” non offrono – in premessa - un’ immagine rassicurante.
Segno evidentemente dei tempi, della caratura dei personaggi e della mancanza di visione strategica.
Mentre infatti, pur con tutte le sue contraddizioni, l’attuale Costituzione è il frutto di un lungo lavorio e della partecipazione di personaggi della levatura di Einaudi, De Gasperi, Togliatti, La Pira, Dossetti, Calamandrei, oggi il massimo che ci è concesso sono le dichiarazioni delle Ministro Boschi e Madia. Insomma una bella differenza, che non può non pesare sull’insieme della proposta riformatrice, com’è facile vedere nella sbandierata “modernizzazione” della Pa.
Prendiamo l’abolizione delle sezioni distaccate dei Tribunali Amministrativi Regionali, il ridimensionamento delle Camere di Commercio, la cosiddetta “razionalizzazione” delle prefetture. Tutto regolare, secondo la stringente logica del risparmio? Al contrario. Dietro la delega al Governo per la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, giustificata da esigenze di risparmio e “razionalizzazione”, emerge un attacco sistematico ad un serie di organismi pubblici, che hanno rappresentato e continuano a rappresentare un presidio necessario dello Stato sui territori ed un conseguente servizio verso i cittadini e le attività produttive. Il risultato è che questo tipo di operazioni lungi da rappresentare un effettivo alleggerimento per il bilancio pubblico ed una reale risposta alle domande di efficienza da parte dei cittadini, rischiano di provocare delle lacerazioni gravissime sulla realtà socio-economica del Paese.
Per i Tribunali Amministrativi Regionali è prevedibile un allungamento dei tempi dei processi, caos organizzativo, lontananza delle sedi unificate dal territorio. Un po’ come è avvenuto a causa della soppressione, da parte del Governo Monti, di numerose sedi distaccate dei tribunali ordinari. Arrivare ad abolire le Camere di Commercio, al di là degli ovvi contraccolpi occupazionali (i lavoratori interessati sono circa 2.500), vuole dire privarsi di uno strumento indispensabile per assicurare la trasparenza del mercato e la conoscenza immediata di tutte le attività economiche sul territorio e quindi un presidio di legalità, in ambito produttivo, finalizzato a promuovere e sostenere le imprese nell’interesse delle economie locali.
Analogo discorso per le Prefetture, che rappresentano un presidio dello Stato sui territori, proprio nel momento in cui più alta è la richiesta di legalità e sempre crescenti le incombenze date, in questi ultimi anni, proprio ai prefetti, in occasione di diverse emergenze nazionali: leggi di depenalizzazione, immigrazione, antiracket, protezione civile, ambiente, anticorruzione, contrasto alle tossicodipendenze, antimafia, lotta alla criminalità organizzata, ecc.
Niente accade per caso. Renzi dimostra di essere il figlio dell’epoca del “meno Stato più mercato”, dello Stato leggero e quindi svuotato di funzioni, di organismi capaci di radicarne la presenza sul territorio, al punto che, in questa corsa al disarmo istituzionale, c’è chi arriva ad ipotizzare territori spogliati “finalmente” dalla presenza della macchina statale, dove potranno essere “accorpati” in super contenitori la Questura ed il Comando provinciale dei Carabinieri, la Motorizzazione civile ed il comando dei Vigili del fuoco, l’Agenzia delle Entrate e la Direzione provinciale del Tesoro, l’INPS ed il Provveditorato agli Studi. Con quali capacità di risposta e di specializzazione non è difficile immaginarlo. Ma questo, in fondo, conta poco per chi ha in testa di “ridurre all’osso” (il termine usato è “semplificare”) la funzione pubblica, lasciando così libero il campo ai poteri “forti” o malavitosi che dai territori possono espandere la loro presenza tentacolare.
Uno Stato depotenziato può portare anche a questo, se la riforma della Pubblica Amministrazione non è sostenuta dalla consapevolezza dei modelli su cui intervenire e dalla chiarezza degli obiettivi da raggiungere. I puri e semplici auspici sul “modello di Stato diverso da quello di oggi” – fatti da Renzi – provocano solo danni, se poi, quando si interviene, l’unico obiettivo sembra essere l’abbattimento dei costi. Con il risultato che a pagarne le conseguenze saranno sempre, alla fine, i cittadini e le imprese
Inserito da MARIO BOZZI SENTIERI il 01/10/2014 14:53:40
Caro Ghorio, a Renzi & C. contesto soprattutto la disorganicità degli interventi, senza dimenticare che certe istituzioni un ruolo oggettivamente lo hanno e che abolirle o accorparle non può che creare un costo sociale ben più alto degli auspicati risparmi (come hanno denunciato molti tecnici di settore). D’accordo sul tema delle Regioni , autentiche fonti di sperpero, e sull’inutilità del Senato. E qui torno al discorso iniziale: le riforme istituzionali necessitano di un disegno ampio ed organico. Il resto purtroppo è improvvisazione o propaganda.
Inserito da ghorio il 01/10/2014 12:48:00
Non sono d'accordo con Bozzi Sentieri, anche se non simpatizzo per Renzi. Infatti non riesco a capire perché nell'area di centrodestra si facciano le difese d'ufficio degli apparati provinciali(l'abolizione delle province- vera, però, è stata, da sempre una battaglia del centrodestra) Le prefetture, le questure, etc, comandi provinciali non hanno alcuna importanza. Il presidio dello Stato si trova nei vari comuni( il sindaco è ufficiale di governo), a partire dalle caserme dei carabinieri o latri uffici dislocari. Quanto alle camere di commercio, vale la stessa considerazione. A suo tempo si era parlato della loro abolizione,(vedi battaglie di Raffaele Costa) e poi qualcuno ha riscoperto nuovi compiti, di cui la gran parte della gente ignora i motivi. Certo sul Senato bisognerebbe abolirlo completamente riducendo nel contempo i parlamentari o magari fare come gli Usa 100 senatori eletti e solo 300 parlamentari. La stessa invenzione delle città metropolitane non ha senso. Se poi voliamo ridimensionare le regioni, grande sperpero di danaro pubblico, disegniamo una nuova divisione delle Stato ma non certo con le province, che tra l'altro per le ultime nate non c'era nemmeno la copertura finanziaria.In Italia c'è un difetto di fondo: non si guardano i sistemi collaudati, si viole fare i sistemi all'italiana, ovvero tanta confusione e tanti inghippi.
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